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Manifesto-università usa e getta

università usa e getta Via libera alla riforma Moratti: ai ricercatori contratti co.co.co Il "concorsone" La precarizzazione dei docenti diventa istituzionale. Torna anche l'accentramento dei con...

17/01/2004
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il manifesto

università usa e getta
Via libera alla riforma Moratti: ai ricercatori contratti co.co.co
Il "concorsone" La precarizzazione dei docenti diventa istituzionale. Torna anche l'accentramento dei concorsi. La protesta dei rettori
LUCA TANCREDI BARONE
ROMA
"Lavorare all'università ormai sarà l'anticoncezionale più efficace". Flaminia Saccà, responsabile per i Ds di università e ricerca, sintetizza con amara ironia il sentimento di scoramento che serpeggia oggi fra i giovani ricercatori dopo che il Consiglio dei ministri ha definitivamente approvato il disegno di legge delega sul "riordino dello stato giuridico e del reclutamento dei professori universitari". La legge dà al governo 12 mesi per varare le norme, che segnano per molti aspetti un ritorno al passato e per altri innovazioni giudicate negativamente da molti degli addetti ai lavori.

Il governo che fa del "federalismo" la propria bandiera vara infatti una riforma che più centralista non si può: dopo sei anni di gestione autonoma dei concorsi da parte delle università, tornano i concorsoni nazionali, dove persino i requisiti scientifici verranno stabiliti centralmente. La cadenza sarà - dice la legge, ma l'esperienza insegna che in passato non è mai stata rispettata - alternata: ogni due anni un concorso alternativamente per associati e ordinari, mantenendo un margine di flessibilità del 20% di posti in più rispetto alle esigenze indicate dalle università. Addio dunque alle idoneità: e infatti gli idonei di oggi, che le università non hanno potuto chiamare a causa del blocco delle assunzioni, confidano nel meccanismo delle deroghe ministeriali e nelle briciole che il capo dipartimento programmazione, coordinamento e affari economici del Miur Antonio D'Addona, ha promesso qualche settimana fa per farli entrare prima che sia troppo tardi.

Forse è questa la causa della reazione, ma quasi sottovoce, dei rettori, disperati per i tagli ai finanziamenti, in attesa che arrivino i soldi previsti dal perverso meccanismo delle deroghe: il governo consente di derogare al blocco delle assunzioni finanziando il corrispettivo economico teorico del personale da assumere. Ma visto che il personale è spesso già dipendente, con qualifica inferiore (e quindi già stipendiato), di fatto una parte di soldi avanza sempre e può essere utilizzati altrimenti. Diabolico, ma utile. Anche ieri Pietro Tosi, presidente della Conferenza dei rettori, infatti si è affrettato a dire che certo, "il provvedimento è privo di copertura finanziaria" e che continuare a legiferare così sull'università sarebbe "disastroso", che "manca un piano di investimenti", che le singole università devono essere "libere di scegliere con coscienza e responsabilità e sulla base delle proprie esigenze, consapevoli di doversi sottoporre a una valutazione".

Il punto più criticato della legge delega rimane comunque la precarizzazione estrema: addio ai ricercatori, per svolgere attività di ricerca e didattica integrativa le università stipuleranno contratti co.co.co. per 5 anni rinnovabili una volta. La consolazione dopo dieci anni di precariato a fronte di una improbabile assunzione sarà che l'attività svolta costituirà "titolo preferenziale nei concorsi per il pubblico impiego". Ma non basta: anche se saranno assunti, dovranno affrontare 3+3 anni di precariato al termine dei quali se nel frattempo non saranno entrati in ruolo definitivo dovranno lasciare l'università. "Fanno 16 anni di precariato istituzionale", dice Giulio Peruzzi, docente di storia della fisica a Padova e membro dell'Osservatorio per la ricerca. "Ottimo per chi potrà sfruttare a basso costo una manovalanza di giovani che rimarranno senza prospettive. Invece sarebbe necessario stabilire parametri condivisi di valutazione sulla produzione scientifica che responsabilizzino nelle scelte".

Non basta ancora. La delega prevede anche la possibilità di istituire cattedre ad hoc temporanee attraverso convenzioni con imprese. Inoltre abroga la distinzione fra tempo pieno e tempo definito, prevedendo che l'attività dei docenti sia compatibile con attività esterne all'università. Il numero di ore che dovranno svolgere di didattica sono 120, delle 350 ore di attività scientifiche. Un carico didattico inferiore a Francia, Germania e Spagna", puntualizza il ministero.

"L'obiettivo del ministro", tuona invece Franca Bimbi, della Margherita, "è di diminuire i docenti realmente impegnati nell'università penalizzando sia i giovani che quelli che si impegnano al tempo pieno. Il risultato sarà di far fuggire i nostri cervelli su Marte". "Stiamo precipitando verso la crisi strutturale", continua ancora la diessina Saccà. "Abbiamo un'emergenza giovani in questo paese che chiedono valutazione e investimenti".

"Un colpo mortale all'università pubblica", rincara la dose il senatore Ds Luciano Modica. "Il copione si ripeTe", commenta invece Cristiano Violani, del Consiglio universitario nazionale. "Gli organismi rappresentativi sono stati ancora una volta tagliati fuori dal confronto. Il fatto è che si può discutere su qualsiasi sistema di reclutamento, ma qui mancano i fondi per finanziare i comportamenti virtuosi che premino la qualità delle università. E dietro le quinte rimane il problema del governo del sistema universitario, che questo governo vuole accentrare nella mani del ministero".


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