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Manifesto-Sindacati sul piede di guerra

Sindacati sul piede di guerra All'incontro di oggi col governo su pensioni e finanziaria Cgil e Uil arrivano con un mandato a proclamare lo sciopero generale. La Cisl, invece, con le "iniziative ade...

23/09/2003
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il manifesto

Sindacati sul piede di guerra
All'incontro di oggi col governo su pensioni e finanziaria Cgil e Uil arrivano con un mandato a proclamare lo sciopero generale. La Cisl, invece, con le "iniziative adeguate". Ma i margini di trattativa non esistono
FRANCESCO PICCIONI
Sul piede di guerra. In forma ufficiale e con il linguaggio dei momenti di tensione politica vera. All'incontro di oggi con il governo, i tre segretari di Cgil, Cisl e Uil si presenteranno con in tasca il mandato delle rispettive organizzazioni. Ma non è uguale per tutti. Cgil e Uil, infatti, si siederanno al tavolo con in tasca la proposta di proclamazione dello sciopero generale "se venissero confermate le ipotesi finora circolate su fiananziaria e riforma delle pensioni". La Cisl, invece, rimanda tutto al dopo riunione, quando diventerà operativo un assai più sfumato mandato a "verificare con Cgil e Uil la promozione delle iniziative di mobilitazione e di lotta adeguate a sostenere le proposte del sindacato". La diversità delle decisioni rispecchia il fatto che i tre sindacati sono arrivati a questa scadenza ognuno per proprio conto, mentre tutti davano per solidissimo e scontato il legame operativo tra Cisl e Uil. Alle organizzazioni confederali, comunque, non è rimasta altra scelta; la "renitenza" allo sciopero della Cisl - anche per l'aprezza del confronto interno - sembra ormai una sorpavvivenza dell'astio anti-Cgil che ha caratterizzato gli ultimi due anni. Già l'iter di presentazione delle ipotesi di "riforme strutturali" - sparse qua e là tra deleghe, finanziaria e decreti omnibus, senza mai un confronto diretto - aveva di fatto escluso i sindacati da ogni confronto preliminare con l'esecutivo, decretando morta e sepolta la stagione della "concertazione". Ci si aggiunga che le "quattro priorità" (difesa delle pensioni, prezzi e tariffe, assistenza e sanità, politiche di sviluppo) - indicate congiuntamente dalle tre organizzazioni in un documento di qualche giorno fa - non hanno trovato neppure un accenno di interlocuzione nelle diverse ipotesi buttate là da ministri in conflitto tra loro. Arrivare all'incontro di oggi con una "disponibilità a trattare" sul caos di esternazioni tremontiane o maroniane avrebbe significato la rinuancia pura e semplice a esistere.

Non è comunque detto che stasera ci sarà la proclamazione ufficiale dello sciopero generale su pensioni e finanziaria. Le decisioni prese ieri, certo, avvicinano di molto questo risultato. Ma per Cisl e Uil, dichiarare lo sciopero è "oggettivamente" un'autocritica rispetto al credito concesso a questo governo al tempo della firma del "patto per l'Italia". Tra i tre sindacati, insomma, la determinazione con cui si va al confronto è abbastanza diversa. La Cgil, infatti, trova del tutto "naturale" e coerente il passaggio a una mobilitazione generale. Cisl e Uil, al contrario, avrebbero potuto essere tenute agganciate al carro del "dialogo" separato col governo semplicemente tenendo fede agli impegni presi in materia di fondi pensione e di rinvio della "riforma" pensionistica, oltre che su temi tutto sommato minori. E invece si sono trovati di fronte alla conferma dell'innalzamento dell'anzianità minima a 40 anni a partire dal 1 gennaio 2008; al mancato recupero del fiscal drag - denunciato ieri da Beniamino Lapadula, responsabile economico della Cgil - che si traduce in "un'imposta occulta pari a 5,8 miliardi di euro" prelevati direttamente in buste paga dei lavoratori dipendenti; ai condoni e ai ticket sulle ricette. Troppo grosso il boccone da mandar giù. Specie quando, come tutti, anche nei sindacati "moderati" ci si interroga ormai apertamente sulla "tenuta" di questa maggioranza di governo da qui alle europee. E i sindacati restano ancora dei termometri abbastanza sensibili degli umori che girano nella "base popolare", dove registrano una palese crescita dello scontento nei confronti del governo e dei partiti che lo sostengono.

Il primo a pronunciare pubblicamente ieri la parola proibita è stato addirittura Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, nel corso del suo intervento in direzione: "Se fossero confermate le attuali notizie, vi chiediamo mandato a proclamare uno sciopero, anche generale, da concordare nei modi e nei tempi opportuni insieme a Cgil e Cisl". Mandato concesso, naturalmente, al termine della riunione. L'attenzione si spostava così sulla Cisl, che si sapeva impegnata in un confronto molto serrato (ne riferiamo qui di fianco), caratterizzato dalla posizione molto dura presa già domenica da Raffaele Bonanni, della segreteria nazionale. A tarda serata arrivava lo stringato comunicato con cui Pezzotta, comunque, si "differenziava".

La Cgil, dopo che la mattutina riunione di segreteria aveva sottolineato la "forte preoccupazione" per la manovra economica e la riforma previdenziale, accoglieva con ovvia soddisfazione la decisione degli altri sindacati di andare al confronto col governo impugnando se non altro la "minaccia" dello sciopero generale. Come ha ricordato Gian Paolo Patta, della segretria nazionale, "E' il momento della decisione: non se proclamare o no lo sciopero generale, ma quando proclamerlo e chi lo prclamerà". Stasera, forse, Pezzotta permettendo.


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