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Manifesto: Mussi: «Assumeremo i giovani ricercatori»

L'università italiana decide il cambio della guardia

13/06/2006
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il manifesto

Iaia Vantaggiato
Roma
Cambio di guardia all'università. A deciderlo - lanciando un piano decennale straordinario di assunzioni per i giovani ricercatori che andranno a sostituire le vecchie leve - è stato, ieri, il ministro dell'università e della ricerca Fabio Mussi. Basta - ha dichiarato intervenendo ad un convegno organizzato dai Ds su «I primi passi del governo Prodi» - con quella condizione di «penoso provincialismo» cui il passato governo di centrodestra ha relegato la ricerca. Un comparto definito dal neoministro - e senza mezzi termini - «agonizzante». C'è bisogno di misure concrete capaci di recuperare nuove risorse attraverso capitali privati necessari a restituire all'Italia una immagine europea del tutto nuova e in tutto sganciata da quella posizione di «osservata speciale» nella quale sinora, l'Italia, si è venuta a trovare.
Certo si tratta di una promessa o di quella che altrimenti si definirebbe una dichiarazione d'intenti: i soldi sono pochi e Tommaso Padoa Schioppa non sembra ancora pronto a mollare i cordoni della borsa. Ma Fabio Mussi pare non aver fatto altro nella vita se non che occupare la poltrona del ministero dell'università: «Nei prossimi dieci anni uscirà dagli atenei il 47% dei docenti che vanno rimpiazzati dai più giovani anche se non voglio fare promesse per accontentare qualcuno».
Il punto è - ammette Mussi - che rispetto a «come, quali e quanti ricercatori saranno assunti, ciò dipenderà anche dalle risorse disponibili». Private per lo più ma non solo. Tre i fronti sui quali il ministro intende agire: capitalizzazione, investimenti e flussi di cassa. Un lessico ostico ed inusuale al quale però il nuovo ministero non intende rinunciare in questo affiancato dai ministri dello sviluppo economico e dell'innovazione tecnologica, Bersani e Nicolais: «E' allo studio - dichiarano all'unisono - un intervento sul mercato dei capitali e sul sistema fiscale, la cui quantificazione sarà definita in accordo con il ministero dell'economia».
E a poche ore dal primo incontro che la nazionale italiana si prepara ad affrontare col Ghana, Mussi non si tiene e - preannunciando un incontro con gli esponenti di Confindustria - dichiara: «Mi chiedo se la grande passione che gli imprenditori dimostrano per banche e squadre di calcio possa essere convertita in passione per lo sviluppo della ricerca nel nostro paese». Dunque l'ultima stoccata, quella «di sinistra», destinata agli enti di ricerca il cui rilancio - assicura Mussi - passa anche attraverso un azzeramento della burocrazia inutile e di una maggiore «democrazia dal basso» quale l'elezione diretta dei presidenti. Questi gli obiettivi. Quanto agli strumenti il ministro non ha dubbi: colpire gli accentramenti di potere anche evitando che una persona possa partecipare a più commissioni, fare un bilancio delle riforme già introdotte e intervenire per correggere le distorsioni (dal «3+2» ai crediti formativi), introdurre un'Agenzia indipendente per la valutazione del sistema universitario. Dunque una riforma della governance degli atenei e il perseguimento - con maggiore determinazione - degli obiettivi di Lisbona in materia di formazione continua.
«Bloccare la riforma significa uccidere il Consiglio nazionale delle ricerche» ha affermato per tutta risposta un gruppo composto da ricercatori, dirigenti, direttori di Istituto e di Dipartimento del Cnr, preoccupato che «alcune recenti polemiche possano portare a una interruzione del processo di riforma dell'Ente». E intanto, sempre per protestare contro la situazione di «emergenza» del Cnr, il sindacato Flc-Cgil ha promosso una manifestazione nazionale a Roma per il 10 luglio.


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