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Manifesto-Miti ed errori dell'e-learning

Miti ed errori dell'e-learning I consiglieri della ministra Moratti sono convinti che la "laurea on line" sia la soluzione per ridurre i costi dell'istruzione universitaria e il gap formativo col re...

18/05/2003
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il manifesto

Miti ed errori dell'e-learning
I consiglieri della ministra Moratti sono convinti che la "laurea on line" sia la soluzione per ridurre i costi dell'istruzione universitaria e il gap formativo col resto d'Europa. Ma sembrano dimenticare i fondamenti di ogni trasmissione della "conoscenza" (che non coincide mai con la semplice diffusione di "informazione")
FRANCO CARLINI
La ministra Letizia Brichetto Moratti ha fatto un decreto con il quale si dettano i criteri per l'insegnamento universitario online, via Internet. Il decreto fissa "i criteri e le procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle università statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici". In pratica quella che finora era stata una sperimentazione, condotta da alcune università, viene inserita in un quadro coerente; soprattutto vengono fissati dei criteri di qualità, per far sì che l'università a distanza non sia di serie B. In questi stessi giorni tuttavia un affollatissimo incontro organizzato dalla Fondazione Ibm e dalla Università di Milano Bicocca, ha messo in pubblico i limiti e le frontiere del cosiddetto e-learning, contribuendo anche a smantellare alcuni miti che si stavano pericolosamente sviluppando.

Il primo di tutti, di cui sembrano vittime anche i funzionari del Ministero, è quello secondo cui l'insegnamento a distanza consentirebbe significativi risparmi. Secondo il Sole24ore, il Miur (ministero dell'università) valuta che un corso di laurea tutto telematico costi soltanto un quarto di uno normale: clamoroso. Le cose purtroppo non stanno così, come viene documentato dalla ricerca della Bicocca, coordinata dal professor Raoul Nacamulli e pubblicata da Etas con il titolo "La formazione, il cemento e la rete".

Il perché è presto spiegato: per essere una cosa seria l'insegnamento a distanza (chiamiamolo così, anche se il termine è impreciso e mette in luce solo uno degli elementi) chiede un grande lavoro di progettazione e realizzazione delle infrastrutture tecnologiche e soprattutto dei materiali didattici. Se ogni docente sperimentato è certo capace di andare in aula e tenere la sua "conferenza" agli studenti, la costruzione di una lezione online, magari in forma di ipertesti, multimedia, animazioni e simili raffinatezze chiede molta progettualità di tipo non lineare (non si tratta di stendere una dispensa) e competenze supplementari. Facilmente i singoli blocchi di lezioni dovranno essere costruiti insieme a un regista multimediale e con un grafico animatore programmatore. Serve molto tempo, molta intelligenza e molto lavoro umano.

Le stime di chi scrive sono che una lezione multimediale da convogliare via Internet chiede un tempo 10 volte superiore rispetto alla stesura di un testo fatto di sole parole. In altre parole i costi sono dieci volte più alti.

L'obiezione dei sostenitori dell'insegnamento a distanza suona così: d'accordo, è tutto vero, ma una volta costruiti i singoli moduli, questi possono essere usati e riusati più volte, assemblandoli in varia maniera come in un Lego (si parla in questo caso di Learning Object) e la loro "distribuzione" agli studenti avviene in maniera assai economica: niente più aule da gestire (pulire, mantenere), niente bidelli né spazi fisici; solo connessioni Internet e interazioni a distanza.

In altre parole succederebbe come con il software, dove costa moltissimo produrre la prima copia, ma pochissimo, al limite nulla, la sua distribuzione. Anche questo è solo parzialmente vero, tuttavia: se si vuole insegnare seriamente, non si tratta solo di distribuire delle dispense elettroniche, ma di supplire all'assenza di interazioni faccia a faccia, con una buona dose di relazioni online. E infatti anche il decreto del ministero parla di "attività formative basate sull'interattività con i docenti-tutor e con gli altri studenti"; significa dunque che per ogni dieci studenti ci deve essere un tutor (un tempo li si chiamava assistenti, ma in inglese suona più moderno) che ne segua l'apprendimento, che risponda alle lettere elettroniche di chiarimento e via interagendo. Perciò una classe di 100 studenti chiede un docente e dieci assistenti, e di nuovo i costi tornano a salire.

Questo non significa che allora non si debba fare o che non sia utile usare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione per migliorare in qualità l'insegnamento universitario e per "produrre" più laureati, colmando il penoso distacco tra l'Italia e gli altri paesi europei. Ma questo va fatto (a) senza illudersi di avere trovato la bacchetta magica, nell'occasione denominata Internet, e (b) miscelando nella maniera più saggia il vecchio e il nuovo.

Non per caso il titolo del libro-ricerca di Ibm-Bicocca parla di "cemento e rete", dove il cemento allude al mondo fisico e reale (old) e la rete è la rete (new). In questo come in altri settori (il commercio, i media) le tecnologie della comunicazione non sostituiscono mai completamente gli altri tipi di relazioni, né lo potrebbero.

Provocatoriamente ma non troppo il professor Nacamulli, aprendo l'incontro sull'e-learning, ha proposto di togliere quella lettera `e' con il trattino, e parlare semplicemente di apprendimento e formazione; perché in fondo il problema è sempre lo stesso, quello di usare tutti gli utensili di produzione e trasmissione e della conoscenza per farlo al meglio. Si pensi a un maestro/a di scuola elementare: guai se, dovendo realizzare un progetto didattico con i suoi alunni bambini/e, si sentisse obbligato (come sembrano suggerire certe enfasi tecnologiche della ministra Moratti) a usare comunque computer e rete; al contrario volta per volta sceglierà il linguaggio migliore per affrontare quel certo tema; magari realizzeranno un gigantesco affresco murale, oppure una vecchissima recita scolastica, o un giornalino di classe, o un sito web, se sarà utile per imparare un'altra modalità di comunicazione, ma ogni volta secondo esigenze e suggestioni.


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