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Manifesto-La cattedra di pietra

ARTICOLO La cattedra di pietra ALBERTO PISCI* Ad una lettura sommaria del testo di legge appena approvato verrebbe da esclamare: Era ora! Era ora che lo stato assolvesse il compito che si era ass...

16/07/2003
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il manifesto

ARTICOLO
La cattedra di pietra
ALBERTO PISCI*
Ad una lettura sommaria del testo di legge appena approvato verrebbe da esclamare: Era ora! Era ora che lo stato assolvesse il compito che si era assunto 17 anni fa impegnandosi a fornire gli insegnanti di religione di uno statuto giuridico appropriato, mettendo così mano all'ultima forma di precariato pubblico istituzionalizzato. Era ora che venisse liquidato lo statuto precedente che risaliva al 1930. Era ora che lo stato si facesse carico di quei lavoratori che, posti anche a suo servizio (oltre che della Chiesa), potevano perdere il posto perché non più graditi a un'autorità esterna (casi sporadici, ma di notevole clamore: l'ultimo, pochi mesi fa, di una ragazza madre di Firenze). Era ora che anche per questa categoria di insegnanti si prevedesse l'accesso per concorso pubblico e non per gradimento ad una doppia autorità, pubblica ed ecclesiastica. In realtà, analizzando il testo con attenzione, emergono contraddizioni giuridiche e costituzionali, oltreché politiche: esito inevitabile di quel modo di inserire l'insegnamento della religione nel quadro istituzionale che Carlo Bo ebbe a definire arruffone e pasticcione e che ha determinato, dopo alcuni interventi della Consulta, la presenza nella scuola pubblica di una disciplina obbligatoriamente offerta ma facoltativa, con l'inserimento di una materia alternativa ma svuotata di contenuti e di fatto inesistente, con un insegnante di religione dipendente dallo stato ma anche dal vescovo e che agli scrutini vota ma non può essere determinante... Il Golem così prodotto è figlio di un mondo che, tardiamo ancora a capirlo, non esiste più: da un lato un cattolicesimo geloso e arroccato nelle proprie prerogative e tradizioni culturali, intimamente convinto che extra ecclesiam nulla salus. Dall'altro un vetero laicismo di stampo ottocentesco, continuamente alimentato di solo anticattolicesimo, disinteressato, soprattutto nel suo versante marxista, al religioso come dinamica culturale. A volte si tenta di rivitalizzare questi due malati terminali con operazioni caricaturali (ma dagli effetti simili), ignorando che il tessuto sociale richiede soggetti e strumenti informativi affidabili, proiettati in chiave interculturale, liberi da steccati e aperti alla libera ricerca... E' la stessa direzione nella quale si è mossa l'Europa in questi ultimi quindici anni attraverso i suoi documenti di politica scolastica.

Il testo di legge approvato non offre un minimo apporto al trattamento culturale ed epistemologico della religione nella scuola e non favorisce affatto il dibattito e la critica sul fabbisogno dei cittadini in questo settore. Si tratta, a mio avviso, di un testo dal profilo piuttosto basso, sebbene capace di rispondere alle necessità di questa categoria di lavoratori e volto a sanare un quadro istituzionale, legato al Concordato, ormai superato. Il testo mantiene invariato infatti il disposto pattizio che attribuisce all'autorità ecclesiastica il diritto di idoneità e di revoca dell'incarico al docente di religione. La stessa ricollocazione professionale successiva alla revoca dell'idoneità da parte del vescovo non appare esente dal vizio di incostituzionalità: se l'insegnamento della religione rappresenta un canale di ingresso al pubblico impiego, questo appare di fatto negato a colui che cattolico non è.

Che non fosse facile tutelare i diritti di questa categoria di lavoratori nel presente contesto giuridico già lo si sapeva; d'altra parte la tutela dei diritti all'interno della stessa Chiesa (tra cui il diritto alla buona fama del can. 220 del codice di diritto canonico) non ha ancora trovato una disciplina che possa considerarsi soddisfacente, come ha fatto notare il professor Giorgio Feliciani dell'Università Cattolica di Milano. Lo scenario italiano ed europeo chiede che sia data priorità ai contenuti e alla formazione dei docenti in virtù della presenza di un pluralismo religioso sempre più accentuato. Le stesse comunità confessionali, se desiderano davvero coltivare la conoscenza e non conservare diritti acquisiti, devono preoccuparsi di consolidare scientificamente l'insegnamento religioso attraverso il rapporto interconfessionale, e soprattutto attraverso l'interazione con le università.

*ricercatore di diritto ecclesiastico, università di Parigi sud; insegnante di religione al liceo Einstein, Torino


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