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Manifesto-L'università sarà di élite

L'università sarà di élite In arrivo le proposte della commissione de Maio per un'istruzione modello Moratti Nuove regole. Resta in piedi l'impianto 3+2 voluto dal centrosinistra, ma sono previst...

24/02/2003
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il manifesto

L'università sarà di élite
In arrivo le proposte della commissione de Maio per un'istruzione modello Moratti
Nuove regole. Resta in piedi l'impianto 3+2 voluto dal centrosinistra, ma sono previsti pochi soldi e non per tutti. E gli studenti chiedono maggiore attenzione per il diritto allo studio
LUCA TANCREDI BARONE
Si prospettano nuove tensioni dal mondo universitario italiano. Dopo aver incassato il sì quasi definitivo dal parlamento sulla contestata riforma della scuola, intrapresa con decisione la strada della riforma del sistema pubblico della ricerca - il commissariamento del Cnr per ora è sospeso, ma i decreti di riforma attendono il parere (non vincolante) della competente commissione bicamerale -, il ministro più contestato del momento sta per imbarcarsi in una nuova battaglia. È di pochi giorni fa la notizia che la commissione istituita da Letizia Moratti poco dopo il suo insediamento per studiare la riforma dell'università le avrebbe consegnato una relazione contenente una serie di proposte per modificare il cosiddetto "3+2", varato durante la scorsa legislatura. La commissione, presieduta da Adriano de Maio, commissario Cnr in pectore, attuale rettore della Luiss, è costituita da 13 persone (tutti rigorosamente uomini), fra cui i diversi rettori. Inizialmente Moratti era intenzionata ad azzerare la riforma dell'università del centrosinistra, fra l'entusiasmo dei molti scontenti, ma dovette velocemente ricredersi, dato che tutti gli atenei italiani avevano già modificato la struttura dei propri corsi ed erano pronti a partire per l'anno accademico 2001-2002 con le nuove lauree triennali: cancellare la riforma avrebbe significato bloccare le università. Intanto il Cun, Consiglio universitario nazionale, organo di rappresentanza del mondo accademico (ormai scaduto da due anni e prorogato in attesa che il ministro riformi pure quello, aumentandone il controllo governativo), ha cercato di limitare alcuni degli eccessi (troppi corsi, scarso coordinamento fra le lauree triennali e il biennio specialistico successivo, eccetera), ma mantenendo il principio dell'autonomia di scelta delle università. Ora la commissione propone modifiche, ma tenendo comunque saldo l'impianto generale del "3+2", che oramai anche a detta del ministro è divenuto irreversibile, sia perché cambiare la carte in tavola ora significherebbe gettare di nuovo nel caos università e studenti e sia per rispettare gli accordi di coordinamento sottoscritti dall'Italia e da una ventina di paesi europei nel 1999, che prevedevano appunto un percorso universitario basato su due cicli consecutivi oltre che l'aumento del numero dei laureati, particolarmente basso nel nostro paese. Secondo quanto ha raccontato il ministro qualche giorno fa al Cun, la commissione dei 13, che si è espressa anche su stato giuridico e reclutamento dei docenti nonché sul finanziamento alle università, propone un percorso cosiddetto a "y". L'istituzione cioè di un doppio canale per le triennali, uno indirizzato a quelli che intendono proseguire nel biennio specialistico e uno più "professionalizzante" per chi si ferma dopo 3 anni. Non solo: a causa sia del numero eccessivo di lauree triennali istituite dagli atenei, sia della scarsezza dei finanziamenti, le università si troveranno costrette a bloccare con una sorta di numero chiuso (modalità ancora da chiarire) l'accesso alle lauree specialistiche a un numero "sufficientemente ridotto di studenti", dice la relazione, reintroducendo di fatto quella che l'Udu (Unione degli universitari) chiama "l'università d'elite". "Una cosa gravissima", dice Ilaria Lani (Udu), "vogliono riproporre un modello di università classista. Per garantire il diritto allo studio ed il `diritto al successo', come lo chiamano loro, occorre invece potenziare le risorse già esistenti, migliorare la qualità della didattica, garantire la mobilità". De Maio parrebbe d'accordo su questo punto: in una recente intervista aveva dichiarato che "il punto cardine della nuova riforma sarà il sostegno al diritto allo studio", l'unico in grado di garantire che gli studenti possano davvero scegliere dove andare a studiare. Peccato che il governo abbia tagliato circa 25 milioni di euro di fondi per il diritto allo studio e che anche quelli del passato garantivano solo a una piccola percentuale di studenti la possibilità di usufruirne. "Anziché trovare il modo per giustificare il risparmio limitando gli accessi - continua Lani - è necessario attivare al più presto tutte le lauree specialistiche promesse permettendo agli studenti di completare il percorso di studi scelto. Questo perenne stato transitorio è deleterio". La proposta de Maio prevede anche di diminuire dal 66% al 50% i crediti per ogni laurea individuati a livello nazionale. Infine, la commissione parla di "un approfondito e severo sistema di valutazione e di sanzione che verifichi la qualità dell'università attraverso i risultati ottenuti e non soltanto attraverso la convalida a priori di programmi didattici e di progetti". Ma come sempre, ci vogliono soldi per far funzionare davvero la riforma. Che il ministro non ha. Non solo: se si deciderà riformare le classi di lauree (per limitarne il numero), i tempi di applicazione si prospettano lunghissimi.


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