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Manifesto-In piazza a tempo pieno

In piazza a tempo pieno Moratti prova a "scippare" il tempo pieno. Rispondono venti città d'Italia per fermare la riforma. La proposta: manifestazione nazionale entro ottobre. Prima che sia troppo ...

27/09/2003
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il manifesto

In piazza a tempo pieno
Moratti prova a "scippare" il tempo pieno. Rispondono venti città d'Italia per fermare la riforma. La proposta: manifestazione nazionale entro ottobre. Prima che sia troppo tardi
CI.GU.
ROMA
UUn bel colpo d'occhio. Insegnanti con i bambini, genitori che hanno aiutato a fare gli striscioni, creatività a tutta birra con saltimbanchi e interventi teatrali. Non solo in mattinata a Roma, dove gli insegnanti scioperavano e una folla composita ha "assediato" il ministero dell'istruzione. Ieri l'universo scuola (pubblica) è esploso in venti piazze d'Italia, da Trieste a Caltanissetta, da Bologna a Cagliari. Nel pomeriggio - perlopiù - dalle classi delle scuole, soprattutto quelle che non si vedono mai, e cioè le scuole elementari che hanno partorito in questi anni i progetti più avanzati d'Europa e che ora il ministro Moratti vorrebbe sgretolare per ricostruirle a sua immagine e somiglianza, hanno marciato, o fatto sit-in o distribuito volantini i genitori e i loro figli, i maestri e i loro alunni. La giornata per la difesa del tempo pieno è stata un successone nazionale. Pensare che l'idea è partita da un gruppo di insegnanti e genitori di Bologna dopo un convegno in maggio sul tempo pieno. Da lì è iniziata la raccolta di indirizzi internet, e poi di firme per dire: non attaccate questa importante esprienza. Le firme sono diventate migliaia, e l'attacco peggiore è arrivato sul serio: il primo decreto per l'applicazione della riforma Moratti (legge 53) contiene l'abbassamento del tempo scuola da 40 ore settimanali, in quelle che praticano il tempo pieno, a 27 più tre "opzionali". Cosa voglia dire quell'opzionale non l'ha capito nessuno con certezza, forse il futuro del tempo pieno potrebbe essere così: quattro ore con gli insegnanti la mattina, poi due ore di "scuola" affidata ad operatori esterni, e poi il rientro degli insegnanti per altre due ore. "La fine del tempo pieno - denuncia Gianluca Gabrielli, insegnante a Bologna in una scuola elementare e tra i promotori del "Coordinamento per la difesa del tempo pieno" - Per fortuna il nostro grido d'allarme ha trovato attenzione e preoccupazione tra i genitori che stanno protestando con decisione". Ieri pomeriggio, a piazza Nettuno, c'era talmente tanta gente che il sit-in si è trasformato in un corteo fino alla sede dell'ex provveditorato, ora Csa. "La difesa del tempo pieno, alla fine, è diventata un simbolo della protesta contro la riforma Moratti, perché è una scuola di comunità, fatta di tempi distesi, di attenzione per le esigenze dei bambini". Bastava fermare un qualsiasi bambino, ieri a Roma, davanti al ministero dell'istruzione per capire che le parole di Gabrielli raccontano una verità: "Il pomeriggio a scuola studiamo e poi suoniamo il flauto, ascoltiamo la musica e facciamo i giochi con le maestre", raccontano Lavinia e Emma che frequentano una scuola elementare del primo circolo. Il tempo pieno, oltretutto, è un servizio indispensabile per le famiglie dove, sempre più spesso, entrambi i gentiori lavorano. "Io ho tre figli, e senza il tempo pieno non saprei proprio come fare - racconta una mamma che può direttamente rivolgersi alla Moratti come "datrice di lavoro", visto che è un'impiegata del ministero dell'istruzione - il ministro lo sa benissimo che abbiamo due rientri pomeridiani fino alle 17,30. Quest'anno che alla scuola di mio figlio è già stato tolto il tempo pieno perché poteva essere assicurato solo per alcune classi, e che faccio? Chiedo permessi, ma se non li recupero arrivano meno soldi alla fine del mese". E, continua, allora mandare i figli a scuola diventa un problema: "Per la ragazzina che si è iscritta alle medie abbiamo già speso 350 euro per i libri, e quella che frequenta le elementari si deve addirittura portare la carta igienica da casa, perché nelle scuole non la forniscono...".

Voci dal "paese reale" che fatica a mandare i figli in una scuola pubblica sempre più martoriata. Per questo il volantino di convocazione alla "festa protesta" di ieri a Roma indetta dal "Comitato promotore per la difesa della scuola pubblica", a cui aderiscono dalla Margherita a Rifondazione, dai Cobas alla Cgil diceva "no" agli anticipi scolastici, all'abolizione del tempo pieno, alla nomina dell'insegnante tutor, alla riduzione di un anno dell'obbligo scolastico e alla scelta precoce tra i corsi di studio. Piero Bernocchi dei Cobas ha proposto una manifestazione nazionale "entro ottobre, prima dell'approvazione definitiva del primo decreto Moratti". La proposta ha raccolto entusiasmo: "Bisogna mobilitare tutte le forze politiche di opposizione, mantenendo il radicamento tra i cittadini che abbiamo visto oggi - ha detto Titti De Simone del Prc - L'opposizione a questa riforma è maggioranza nel paese".


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