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Manifesto-Il regalo di Letizia alle private

Il regalo di Letizia alle private 30 milioni di euro per i prossimi tre anni scolastici. Sono i soldi con cui il ministero dell'Istruzione e quello dell'Economia rimborseranno le rette delle scuole ...

03/09/2003
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il manifesto

Il regalo di Letizia alle private
30 milioni di euro per i prossimi tre anni scolastici. Sono i soldi con cui il ministero dell'Istruzione e quello dell'Economia rimborseranno le rette delle scuole private a tutte le famiglie che ne faranno richiesta
SARA MENAFRA
Non importa cosa dice la Costituzione. Il ministro dell'Istruzione ieri ha deciso che prima di tutto fosse importante tenere fede alla promessa fatta sei giorni fa ai giovani ciellini. Ed insieme al ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha firmato il decreto interministeriale con cui si rimborsano le rette alle famiglie che iscrivono i propri figli alle scuole private. Il primo vero finanziamento indiretto agli istituti parificati, preso direttamente dalle casse dello stato. Il meccanismo di funzionamento di questo bonus è semplicissimo: entro il 15 settembre tutte le scuole private - o "parificate" come si chiamano dai tempi del ministro Berlinguer - comunicano al ministero dell'istruzione i dati anagrafici degli alunni iscritti. Contemporaneamente consegnano a tutte le famiglie il modulo per il "parziale rimborso" da compilare e riconsegnare alla scuola. Questa a sua volta deve inviare le domande ricevute al ministero dell'Istruzione entro il 30 ottobre. Quindi il Miur pagherà il bonus direttamente alle famiglie, grazie a una pratica convenzione già stipulata con la Poste Italiane Spa.

Per accedere al bonus non ci sono limiti di reddito. Tutte le famiglie, abbienti e non, possono fare richiesta e sperare di ottenere dallo stato il rimborso parziale della retta pagata. Particolare questo, grazie al quale il provvedimento scavalca persino la regione Lombardia, che da qualche anno assegna un bonus simile a quello che arriverà dal governo, ma stabilendo che possano accedervi solo quelle che non superano il reddito massimo di 46mila euro.

L'unica cosa che il testo firmato da Letizia Moratti e Giulio Tremonti non dice è a quanto ammonterà l'assegno in arrivo. Il tetto massimo di spesa prevista, già inserita nella scorsa finanziaria, è di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005. E le famiglie che potrebbero fare richiesta sono circa 300 mila. La maggior parte dei 991.620 studenti che l'anno scorso si sono iscritti a scuole private, frequentano materne ed elementari, entrambe escluse dal provvedimento. Infatti, il regio decreto 156 del 1928, aggiornato ma ancora oggi in vigore, stabilisce che "per l'iscrizione nelle scuole elementari paritarie parificate non possono essere richieste rette scolastiche". Poco male, dato che le scuole elementari e materne sono quelle che da anni ricevono finanziamenti diretti dallo stato.

Che quella dei rimborsi fosse l'unica vera priorità del ministro Moratti, lo dimostra anche la forma burocratica scelta per il provvedimento. Mentre la riforma della scuola è ancora tutta per aria e le immissioni in ruolo dei docenti ancora non arrivano, il ministro si era preoccupato a giugno scorso di inserire in decreto legge "misto" - il 147, uno di quelli in cui ogni articolo riguarda un argomento diverso - anche un articolo, il 13, che consentisse di dare il via ai buoni scuola con un decreto "di natura non regolamentare" come quello firmato ieri. Grazie a questa scelta i buoni scuola passeranno per un binario accelerato e arriveranno nelle tasche delle famiglie che scelgono le scuole private entro la prossima primavera. Tempi contingentati dunque, per quella che Luca Volonté dell'Udc non ha esitato a definire la "la prima volta in cui l'Italia passa dal principio di libertà di scelta ad una prima reale attuazione".

C'è di più. Dato che il decreto interministeriale è una sorta di circolare interna, sul suo contenuto non può pronunciarsi la Corte costituzionale. La legittimità costituzionale, infatti, si valuta solo sulle leggi. Le circolari, invece, non possono essere censurate davanti a un giudice perché "incostituzionali". In linea puramente teorica, quindi, sono solo i ministeri interessati a poter decidere che la circolare firmata ieri non deve essere più applicata. Tanto per capirci, buona parte delle regole peggiori applicate con la legge Bossi Fini sono state stabilite con questo stesso escamotage.


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