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Manifesto: Enti di ricerca e università: strategia a spiccioli

Ieri lo sciopero generale dei ricercatori e delle Accademie e Conservatori. Un mondo di precariato. E la funzione pubblica promette attenzione

30/10/2007
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il manifesto

ci. gu.
Roma
Hanno manifestato a Roma davanti a Montecitorio e davanti alla sede del Dipartimento della Funzione Pubblica di palazzo Vidoni. Da una parte il personale delle Accademie e dei Conservatori italiani. Dall'altra i ricercatori e il personale amministrativo degli enti di ricerca e delle università. Tutti uniti, però, da una stessa preoccupazione: la Finanziaria in discussione. Che non li soddisfa sotto molti, troppi, punti di vista. Loro che, a onor del vero, vengono continuamente citati come forza «strategica» del paese. Loro che, per larga parte, quando va bene sono precari con contratti a tempo determinato. Quando va male sono ancora co.co.co o assunti con assegni di ricerca. Quando va malissimo lavorano dentro enti e istituti che non si sa se rimarranno ancora in vita, per quanto tempo, e per fare che. Lo sciopero generale di ieri, collegato a quello della scuola che è «andato in onda» sabato, rivendicava alcuni punti precisi, come spiega il segretario della Flc Cgil, Enrico Panini: «Con lo sciopero rivendichiamo le risorse da mettere in Finanziaria necessarie per i rinnovi contrattuali 2008-2009. In particolare denunciamo l'assenza, ad oggi, degli atti di indirizzo per l'avvio delle trattative per il biennio 2006-2007 dell'Università, degli Enti Pubblici di Ricerca e dell'Alta Formazione artistica e musicale,che non ha ancora consentito l'apertura delle trattative. Infine chiediamo con forza che venga risolto il problema del precariato che ha ormai assunto dimensioni inaccettabili». I delegati dei sindacati confederali sono stati ricevuti dai funzionari del ministero, anche se il ministro era assente. I sindacati «stigmatizzano», ma comunque «prendono atto» degli impegni assunti dal ministero. Che possono così essere riassunti: intanto l'apertura di una serie di «tavoli tecnici» nei diversi comparti anche per l'attuazione dell'intesa sulla conoscenza firmata a giugno scorso. Poi l'assicurazione che il dipartimento della funzione Pubblica invierà una nota dettagliata al ministero dell'Economia per sollecitare il perfezionamento degli atti di indirizzo, sostenendo le rivendicazioni della piattaforma sindacale. E infine il dipartimento ha assicurato la rapida emanazione del decreto per la stabilizzazione del personale precario degli enti di ricerca. Provvedimenti che certo potranno alleviare anche se non risolvere il problema dell'impasse della ricerca in Italia. Tra le cui cause vanno anche annoverati i soliti e abituali giochi di potere. Lo dice senza peli sulla lingua Marcello Leoni, della Cisl nazionale e ricercatore del Cnr: «Non capiamo che necessità ci sia di rimettere mano al sistema ogni volta che cambia governo», sospira, mentre qualcuno accanto a lui inalbera il cartello «Liberté, egalité, stabilité». 900 i precari al Cnr, più i 1.100 dell'Infm. Ma in piazza ce n'è per tutti i gusti.: il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, dove i precari rappresentano quasi il 50% del personale e dove ci sono anche stati ricercatori assunti con contratti da impiegati agricoli. E i ragazzi (la media è di 35 anni) dell'Invalsi, altra lunga storia: 57 precari su 82, e tutti co.co.co. che lamentano soprattutto «la mancanza di un'idea chiara, in Italia, di cosa vogliamo fare con la valutazione del sistema scolastico». E c'è Leonardo, il tipico «prodotto» della formazione universitaria: laurea, dottorato e ora un assegno di ricerca all'università di Camerino. Prospettive? «Nessuna».


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