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“Ma molti miei coetanei stanno peggio di me”

L’insegnante mai di ruolo

02/12/2011
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La Stampa

NICCOLÒ ZANCAN

Lei come si vede a ottant’anni? «Come una che se la caverà dando ripetizioni. Non riesco nemmeno a immaginare, un giorno, di andare in pensione». E adesso, come si definirebbe? «Ho 36 anni, sono un’insegnante precaria. Ma amo il mio lavoro e so che molti miei coetanei se la passano peggio...».

La chiave di tutto è questo senso di colpa. Una specie di laccio che ti costringe a tenere basso lo sguardo. Va così male che appena intravedi la luce, quasi ti senti in dovere di scusarti. Eppure che curriculum, quello dell’insegnante precaria Chiara Pastore. Maturità classica con 60 sessantesimi. Laurea in Lettere Classiche con 110 e lode. Diploma da archivista. Tre abilitazioni all’insegnamento. Tre master per incrementare il punteggio in graduatoria. Non si può dire che non abbia fatto tutto, ma proprio tutto, il necessario.

La professoressa Pastore insegna Latino e Greco. È al settimo contratto a termine. La licenziano il 30 giugno, la riassumono il primo settembre. Quest’anno però nella sua scuola - il glorioso liceo classico D’Azeglio di Norberto Bobbio, Leone Ginzburg e Cesare Pavese - avevano bisogno solo di otto ore a settimana. Il che significa una busta paga da 660 euro al mese. Per la verità, Chiara Pastore insegna anche all’Università di Torino. Un corso di 72 ore che le viene pagato 1200 euro all’anno. Ce ne sarebbe abbastanza per sognare la fuga in Messico o da qualsiasi altra parte...

Ma la professore Pastore, resiste. «Certe volte penso che non ce la farò mai a diventare un’insegnante di ruolo. Mi do ancora cinque anni...Poi basta. Intanto faccio altri due lavori per arrivare a guadagnare 1200 euro al mese». È una vita senza interlocutori. Nessuno ti chiama. Nessuno ti dice se sei bravo o pessimo. Aspetti. Controlli la graduatoria. La sua, nello specifico, è la A052. Nella provincia di Torino Chiara Pastore è al numero 13 su 180 aspiranti professori di Latino e Greco. Una classifica cangiante. Ogni tanto aprono le liste. Arrivano altri aspiranti. Lei è già oscillata dal numero 8 al 35. Sempre in attesa di poter entrare nel mondo di quelli che hanno diritto a un futuro.

«Appena sto ferma, mi prende l’ansia. Spesso lavoro anche sabato e domenica. Devo mettere da parte i soldi per l’estate, quando non prendo lo stipendio». Problemi contingenti: «Mi manca serenità, vedere di più gli amici, dedicare più tempo alla scuola, viaggiare come una volta». Viaggi di studio, si potrebbe dire: «Quasi sempre in Grecia. Adoro la bruttissima Atene. E poi Delfi...». Questo per dire che insegnare Greco per Chiara Pastore non è un lavoro come un altro: «Pericle faceva dei discorsi di una modernità assoluta. Era vera Democrazia, la ricchezza al servizio della Polis». Qui, oggi, si direbbe che le cose non vanno altrettanto bene: «Parlano sempre di merito, spesso a sproposito».

Da poco si è comprata un piccolo appartamento vicino all’Università. «Ma è ovvio che ho potuto farlo solo grazie alla mia famiglia. Mio padre ha lavorato tutta la vita all’Alenia per mandare a scuola i suoi quattro figli. So perfettamente di avere questa solidità alle spalle: una grande fortuna». Intanto anche la precarietà è diventata famigliare: «I miei la danno per scontata. Per loro la mia pensione è davvero qualcosa di inimmaginabile. Anche per me: un concetto astratto, non di questa vita».
 


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