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Liberazione-L'insegnante è di sinistra e non lo sa

Un'inchiesta del Dipartimento Scuola di Rifondazione comunista L'insegnante è di sinistra e non lo sa Eliana Como "Meno scuola pubblica per tutti". Con questo slogan, qualche tempo fa, i Ds ...

10/04/2003
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Liberazione

Un'inchiesta del Dipartimento Scuola di Rifondazione comunista
L'insegnante è di sinistra e non lo sa
Eliana Como

"Meno scuola pubblica per tutti". Con questo slogan, qualche tempo fa, i Ds hanno promosso una campagna pubblicitaria a Roma, che, parodiando la propaganda elettorale di Berlusconi, lo riprendeva di nuca mentre dava conto degli effetti del suo primo anno di governo. Perché i Ds abbiano scelto la scuola come tema di questa campagna, nonostante la responsabilità del precedente governo, si può immaginare: i sondaggi la danno come uno dei primi motivi di insoddisfazione nell'opinione pubblica italiana.
Il Dipartimento Scuola, Università e Ricerca di Rifondazione Comunista ha provato a dare un senso diverso all'utilizzo degli strumenti di inchiesta, promuovendo una indagine campionaria - una inchiesta, non un sondaggio - sugli insegnanti della scuola pubblica di sei province campione (Torino, Vicenza, Perugia, Viterbo, Roma e Cosenza), per indagarne, in piena fase contrattuale, opinioni e atteggiamenti rispetto al loro lavoro.

I dati sono stati raccolti con un questionario, somministrato a un campione rigoroso di 174 insegnanti della scuola pubblica, scelti con un criterio che rispetta la casualità statistica: non sono amici né conoscenti di chi ha curato l'indagine, non sappiamo se siano iscritti a un sindacato né tanto meno a un partito. Sono insegnanti veri, che non confonderemo con tutti gli insegnanti della scuola pubblica, ma sui quali ci permetteremo un ragionamento più ampio.

I 174 insegnanti del campione sono ripartiti tra scuola elementare (40%), scuola media (21%), liceo (21%) e istituti tecnici o professionali (20%). Sono per lo più donne (70%), con un'età media di 47 anni e, in genere, un livello alto di esperienza: più del 45% ha oltre 20 anni di insegnamento, il 40% da 10 a 20 e il 14% meno di 10 anni. Più dell'80% ha un contratto a tempo indeterminato, l'8% un incarico annuale e solo il 5% è ancora supplente. Sono i più giovani ad avere incarichi a tempo determinato, ma addirittura i primi 10 anni di insegnamento sono correlati con un rapporto ancora instabile di lavoro.

La maggior parte indica tra i motivi di maggiore soddisfazione il fatto che sia un lavoro creativo (più del 40%) e un lavoro utile (34%). Solo il 9% indica la crescita personale e la stabilità, il 6% la flessibilità dell'orario di lavoro e una percentuale trascurabile la retribuzione. Questa è - prevedibilmente - il primo motivo di insoddisfazione (più del 40%), seguito dallo scarso riconoscimento sociale del proprio lavoro (17%), dal numero troppo alto di studenti per classe (12%) e di seguito dall'eccesso di burocrazia, dal carico di lavoro, dalla riduzione del lavoro dell'insegnante a mero lavoro esecutivo e dalla mancanza di strutture adeguate.

Stipendi troppo bassi
La retribuzione è motivo di insoddisfazione soprattutto per chi ha meno anni di insegnamento e per chi, si presume, conta solo sulle proprie risorse economiche: chi non è sposato né convive oppure chi è separato o divorziato.

Agli insegnanti intervistati abbiamo chiesto quali siano le attività che attualmente impegnano loro più ore e a quali invece vorrebbero dedicare più tempo a fronte di un aumento di retribuzione. Le attività più impegnative sono la preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti e la programmazione; quelle a cui vorrebbe dedicare più tempo sono i corsi di aggiornamento, la preparazione personale, la progettazione e realizzazione dei progetti e il rapporto individuale con gli studenti.

Sul lavoro per progetti, l'opinione degli insegnanti intervistati è positiva: la maggioranza sottolinea il fatto che esso consente la collaborazione con gli altri insegnanti, mentre una quota molto inferiore dichiara che toglie tempo all'insegnamento frontale o autorizza a lavorare di meno. Quasi nessuno pensa che sia un modo per guadagnare di più.

Alla domanda su quali dovrebbero essere i criteri di retribuzione degli insegnanti, la quota maggiore degli intervistati risponde l'impegno orario (30%) e "nessuno, tutti dovrebbero essere pagati allo stesso modo" (30%). A seguire indicano la cura messa nel lavoro (18%), l'esperienza (10%) e la capacità di lavorare collegialmente (quasi il 7%). Appena il 6% condivide criteri meritocratici - quelli proposti dal "concorsaccio" - e ancora meno (poco più del 4%) la preparazione personale.

Chi indica il lavoro collegiale come criterio di retribuzione dedica e dedicherebbe ancora più tempo al lavoro per progetti, mentre chi condivide l'impostazione meritocratica indica come attività più impegnativa la partecipazione alle sedute degli organi collegiali e alle riunioni di commissione e molto meno il rapporto con gli studenti, di cui tra l'altro si dichiara più insoddisfatto. Tra questi è invece più alta la quota di coloro che dichiarano di avere un buon rapporto con il capo di istituto.

Tra i motivi di insoddisfazione lo scarso riconoscimento per il proprio lavoro è più frequente tra chi ritiene che gli insegnanti debbano essere pagati secondo criteri meritocratici, mentre lamenta più frequentemente il carico di lavoro chi vorrebbe essere pagato a seconda dell'impegno orario. Si può ipotizzare che su di essi gravi il peso di un eccesso di lavoro informale che vorrebbero vedere riconosciuto ufficialmente.

Un lavoro collegiale o individuale?

Una delle dimensioni cui abbiamo dedicato più tempo è stata l'opinione che gli insegnanti hanno di un approccio collegiale al loro lavoro e i modi in cui lo praticano, convinti come siamo che, dalla letteratura alla matematica questo sia imprescindibile per una didattica, interdisciplinare e per un insegnamento critico e non nozionistico.

Più della metà del campione dichiara di collaborare spesso con gli altri insegnanti, il 30% solo qualche volta e meno del 9% raramente. Colpisce il fatto che quasi il 60% dichiari che la collaborazione non è prevista istituzionalmente dalla scuola, ma è affidata a relazioni informali. Si noti che quando la collaborazione è prevista dall'istituto scolastico essa è molto più frequente.

Per capire meglio questa dimensione abbiamo messo in relazione il livello di soddisfazione rispetto al rapporto con i colleghi con l'opinione su come si vorrebbe fossero gli insegnanti della propria scuola, individuando quattro tipi di atteggiamento.

Il tipo A (attribuisce maggiore importanza alla competenza e ha buone relazioni con i colleghi, 6%) ha più frequentemente un incarico annuale, vorrebbe essere pagato a seconda dell'impegno orario, dedica più ore alla preparazione personale e a questa, insieme all'aggiornamento, dedicherebbe ancora più tempo. Ha in genere un giudizio negativo del lavoro per progetti e dichiara di collaborare poco con gli altri insegnanti.

Il tipo B (ha buoni rapporti con i colleghi e attribuisce maggiore importanza alla collegialità dell'insegnamento, 40%) è in genere più giovane, ha meno anni di insegnamento e soprattutto un miglior rapporto con gli studenti. Trova interessante il lavoro per progetti che - di conseguenza - è una delle attività cui dedica più tempo. Naturalmente dichiara di collaborare più frequentemente con gli altri insegnanti.

Il tipo C (ha un buon rapporto con i colleghi e attribuisce più importanza alla motivazione, 45%) lamenta più frequentemente la scarsa retribuzione, ritiene che tutti dovrebbero essere pagati allo stesso modo e dichiara di avere una collaborazione medio-alta con gli altri insegnanti.

Il tipo D (indipendentemente dalla dimensione cui attribuisce più importanza si dichiara insoddisfatto del rapporto con i colleghi, 10%) ha in genere più di 20 anni di insegnamento e lamenta che il proprio lavoro sia troppo esecutivo e che ci siano troppi studenti per classe. Le attività che lo impegnano di più sono quelle più individuali, come la correzione dei compiti, la preparazione personale e delle lezioni. Dichiara di collaborare raramente con gli altri insegnanti e in maniera del tutto informale. Tuttavia ritiene che il lavoro per progetti consenta di collaborare con gli altri insegnanti e che la scuola in cui insegna dovrebbe avere più lavoro collegiale. Non stupisce che le attività cui dedicherebbe più tempo siano proprio il lavoro per progetti e la relazione con gli studenti, rispetto ai quali - aihmé - lamenta un rapporto relativamente poco soddisfacente.

Concludiamo con due dati: più del 96% degli insegnanti intervistati non è d'accordo con la politica dell'attuale Ministero dell'Istruzione; l'85% ritiene che - non solo recentemente ma ormai da alcuni anni - sia in atto un graduale processo di dequalificazione della scuola pubblica. Chiunque voglia fare una politica di sinistra nella scuola pubblica ci rifletta.


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