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Liberazione-Buste paga in caduta libera. Scuola, contratto in salita.

Istat: l'inflazione corre più dei salari. Con buona pace dell'Ires Buste paga in caduta libera. Scuola, contratto in salita. Roberto Farneti Agostino Megale dovrebbe in primo luogo verg...

06/04/2003
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Liberazione

Istat: l'inflazione corre più dei salari. Con buona pace dell'Ires
Buste paga in caduta libera. Scuola, contratto in salita.
Roberto Farneti
Agostino Megale dovrebbe in primo luogo vergognarsi come studioso e poi, per coerenza, dimettersi dalla Cgil. Il presidente dell'Ires ha usato di recente i soldi del più grande sindacato italiano per condurre ricerche statistiche che, a suo dire, dimostrerebbero: la tenuta sostanziale, negli ultimi anni, del potere d'acquisto delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, il ruolo positivo svolto su questo versante dalla politica dei redditi e, "dulcis in fundo", l'assurdità delle richieste salariali avanzate dalla Fiom (135 euro uguali per tutti). Eppure, per sapere come stanno veramente le cose, basterebbe intervistare le famiglie italiane. Da qualche anno infatti le buste paga di operai e impiegati non reggono più il confronto con il caro vita.
I dati diffusi ieri dall'Istat sono eloquenti: nei primi due mesi dell'anno, le retribuzioni contrattuali sono cresciute del 2,3% rispetto allo stesso periodo del 2002. Meno, quindi del tasso d'inflazione ufficiale, compreso tra il 2,6% e il 2,7%. Se si considera che l'inflazione percepita dai consumatori è di gran lunga superiore, l'ottimismo di Megale appare davvero fuori luogo. Si dirà: due mesi sono pochi e le cose, da qui alla fine dell'anno, potrebbero cambiare. Anche perché, ricorda l'Istat, sono in attesa di rinnovo "31 accordi collettivi nazionali, relativi a 7,7 milioni di lavoratori dipendenti". Ma la strada è in salita. Ieri il consiglio dei Ministri ha sbloccato le risorse per il contratto della scuola: 325 milioni di euro per i docenti, 75 milioni per gli Ata, contro i 381, 25 e 85 promessi ai sindacati. Offerta bocciata da Cobas e Cgil.

In effetti il problema non nasce oggi, ma viene da lontano. Ci pensa il Corriere Lavoro, l'ottimo inserto del Corriere della Sera, a dire quello che il presidente dell'Ires Cgil non ha il coraggio di dire. E cioè che, rispetto a tre anni fa, "gli italiani ora guadagnano meno". In alcuni casi, molto meno: dal 2000 al 2002, secondo un'indagine condotta in collaborazione con la società di consulenza "Od'M", le retribuzioni di operai e impiegati avrebbero perso rispettivamente il 4, 9% e il 7, 1%. E questo arretramento generalizzato del potere d'acquisto dei salari ha finito col penalizzare anche quadri (-3,4%) e dirigenti (-3,2%).

"I dati del Corriere - commenta Giampaolo Patta, della segreteria nazionale Cgil - sono particolarmente significativi perché la ricerca si basa sulle retribuzioni di fatto, vale a dire quanto il lavoratore percepisce effettivamente in busta paga. Da questi dati si capisce che la produttività non è stata recuperata né dalla retribuzione individuale né da quella aziendale, contrariamente a quanto sostiene l'Ires Cgil". Il mancato rinnovo dei contratti ha contribuito in maniera forte a questi dati negativi. "Il pubblico impiego, in particolare - sottolinea Patta -, è in ritardo di 15 mesi. E' necessario perciò che l'Aran convochi immediatamente i sindacati, perché ogni mese che passa aumenta il divario tra retribuzioni e prezzi".

Per Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom, i dati dell'Istat "confermano in primo luogo l'indispensabilità del contratto nazionale, contrariamente a quanto pensa il sottosegretario Sacconi, senza il quale il salario lordo non recupera nemmeno l'inflazione ufficiale". Ma "ancora più significativi", afferma Cremaschi, sono i dati del Corsera, "perché danno una idea più chiara della tendenza al negativo delle retribuzioni e ci danno ragione rispetto a una Federmeccanica che, invece, sostiene che i metalmeccanici hanno avuto un incremento dei salari reali. Così come è sempre più chiaro - conclude il segretario della Fiom - che le richieste di aumento presentate da Fim e la Uilm, che peraltro si preparano a ridimensionare ulteriormente, non tutelano nemmeno i salari di fronte all'inflazione".


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