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Le scuole cattoliche all’offensiva anti-Imu

Fisco: Riforme e polemiche. E Bertone sottolinea il ruolo della Chiesa per il welfare italiano

26/02/2012
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La Stampa

FRANCESCO GRIGNETTI

 

Il giorno dopo la gran decisione del governo Monti di far pagare l’Imu anche alla Chiesa con un emendamento ad hoc al decreto-liberlizzazioni, è già controffensiva su tutti i fronti: politico, mediatico, giuridico. In Campidoglio c’è il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, che presiede un convegno sul «welfare cattolico» che sembra fatto apposta. Sono presenti tutte le congregazioni religiose, ovvero i terminali da cui dipendono scuole, cliniche, alberghi, case di riposo, ostelli. Si sciorinano dati: sono 14.246 i servizi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali direttamente o indirettamente collegati con la Chiesa, i quali «contribuiscono alla costruzione del welfare». Sono oltre 420 mila tra laici e religiosi, i dipendenti e i volontari impiegati. Ricorda quindi a buon diritto, Bertone, quanto il welfare cattolico lavori «per la promozione e il riconoscimento della dignità di ogni uomo». E pur senza citare la questione delle tasse, il cardinale rivendica un ruolo storico per l’Italia: «Una presenza capillare di opere benefiche e caritative ha contribuito in modo significativo alla maturazione nella società di una nuova sensibilità rispetto all’adozione di politiche assistenziali».

Il sottinteso del discorso del cardinal Bertone è evidente: se la sente il governo di fare a meno di questo apparato cattolico che comunque esiste e supporta il welfare pubblico? Soltanto in risparmi sulle scuole si calcola che lo Stato risparmi 5 miliardi di euro. Giunge a questo proposito un sonoro messaggio dal Quirinale che non manca di sottolineare quanto il mondo cattolico abbia concorso «allo sviluppo economico-sociale del Paese ed alla maturazione di valori, quali quelli della mutualità, della solidarietà e della convivenza pacifica, che trovano oggi consacrazione nella nostra Carta costituzionale».

In Parlamento, intanto, si fa sentire l’area cattolica. Da Maurizio Gasparri («Sarebbe errato penalizzare chi si occupa di poveri o di educazione») a Pier Ferdinando Casini («Decisione ineccepibile. Diverso è il caso egli enti assistenziali e delle scuole») a Gianni Alemanno («Non può e non deve essere un attacco agli istituti religiosi, perché senza di loro saremmo molto più deboli e più poveri»), a Paola Binetti («Tassiamo senza chiederci se è possibile fare di tutta un’erba un fascio, senza chiederci quanto effettivo è il risparmio che la scuola paritaria consente di far fare allo Stato»), al democratico Giorgio Merlo («C’è solo da augurarsi che non riparta la solita, noiosa litania anticlericale»). E intanto il senatore Salvatore Piscitelli (Coesione Nazionale) propone di cancellare l’emendamento o almeno posporlo al 2016.

Fissato il principio, la battaglia ora si sposta sull’interpretazione delle norme. Entro due mesi l’Agenzia delle Entrate dovrà stabilire se, come e quanto le scuole private cattoliche debbano pagare l’Ici. Così le case di cura o di riposo. «L’emendamento è chiaro e risolutivo - commenta il senatore Stefano Ceccanti, Pd - nel determinare il regime fiscale esclusivamente sulla base delle modalità dell’attività e non sulla natura dell’ente». «Sulla delicata questione scolastica, andranno commisurati i contributi richiesti agli utenti con il costo effettivo del servizio per valutare se si tratti di attività commerciale o meno».

Caso per caso sarà da verificare se un’attività sia effettivamente no-profit. E però don Alberto Lorenzelli, presidente della Conferenza Italiana dei Superiori Maggiori, è in grande apprensione: «Così rischiamo la chiusura perché solitamente le nostre scuole si trovano in complessi molto grandi e il contributo sarebbe proporzionale alla loro misura. Mi auguro che l’Imu riguardi solo gli spazi in cui ci sono vere realtà commerciali».

 

Affondo radicale “Smantellare i privilegi antistorici”

ROSARIA TALARICO

ROMA


Mario Staderini, segretario radicale e veterano delle battaglie contro i privilegi del Vaticano, anche le scuole cattoliche potrebbero presto dover pagare l'ici, cosa ne pensa?

«La norma attualmente vigente prevede che tra gli enti no profit solo le scuole parificate e le cliniche convenzionate con le Regioni siano esenti. Molto dipenderà dal decreto attuativo, ma se si è voluta cambiare la legge mi aspetto che la platea dei beneficiari di restringa. A meno che si cambi per non cambiare poi nulla».

Ma chi si occupa di no profit non ha diritto a un regime agevolato?

«Alle lobby cattoliche, che non sono i referenti politici della Caritas, ma penso piuttosto a Cl ai proprietari di cliniche che si strappano le vesti, ricorderei che lo Stato da alcuni anni, grazie alla legge D'Alema, finanzia illegittimamente con centinaia di milioni di euro le scuole private».

Anche Radio radicale riceve un sontuoso finanziamento.

«Non scherziamo. Quello è il corrispettivo di un servizio e la radio non fa pubblicità. Nel caso delle scuole, ed è questo l'aspetto discriminante, chi va alle private paga una retta, spesso anche salata, che si aggiunge ai finanziamenti».

Nel mondo del no profit c’è allarme.

«Alla fine si tratta solo di un privilegio fiscale, non è che una scuola dovrà pagare milioni di euro. Non vengono lasciate in povertà».

Per quanto riguarda il resto dei benefici per la Chiesa?

«È scesa in campo l'opinione pubblica che ha espresso per la prima volta un concetto chiaro: ci sono una serie di privilegi legati al Concordato che non hanno più ragione di essere oggi. Quella dell'Ici è solo la punta di un iceberg. Ho scritto a Monti per chiedere una revisione del meccanismo dell'8 per mille. Si tratta di un miliardo di euro incassato dalla Cei, non è più sostenibile economicamente e il meccanismo limita la libertà di scelta».

 


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