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La valutazione delle università fa un passo indietro: «Riaperti i termini»

la vittoria della protesta contro la valutazione della qualità della ricerca all’insegna dell’hashtag #StopallaVQR: l’Anvur proroga la scadenza per presentare i lavori

01/04/2016
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

È una piccola vittoria, ma significativa: dopo mesi di tam tam delle associazioni e dei sindacati, la protesta contro la valutazione della qualità della ricerca ha ottenuto un primo importante risultato. L’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione, ha annunciato la riapertura di una «finestra straordinaria» per il conferimento dei prodotti destinati alla VQR. Ovvero, visto che il boicottaggio evidentemente è riuscito, l’Anvur è costretta a prolungare i termini per permettere di presentare i lavori di ricerca che concorrono a valutare gli atenei. La decisione arriva dopo la richiesta di alcuni rettori, che si sono resi conto che i lavori finora presentati non erano rappresentativi di tutti gli atenei. In pratica, l’Anvur avrebbe fatto fatica ad assegnare la quota premiale, quella legata al merito che quest’anno dovrebbe essere del 20%, ad alcune università, senza avere degli elementi su cui giudicarle. E quindi ha deciso di riaprire la finestra per la presentazione.«Un duro colpo alla credibilità della VQR stessa», dice Jacopo Dioniso, presidente dell’Unione degli universitari. «Questa, però, non può essere considerata una vittoria definitiva- nota Dioniso- Da questo punto bisogna partire per agire sui fattori alla base del boicottaggio della VQR 2011-2014: il sottofinanziamento del sistema universitario non è più sostenibile e non può essere combattuto distribuendo i tagli con meccanismi di presunta premialità».

Come è nata la valutazione...

La Valutazione della qualità della ricerca in Italia è stata introdotta in Italia proprio con la promessa che si sarebbe avviato finalmente un percorso virtuoso in questa direzione. Approvata con il decreto del fare nell’estate del 2013, la legge prevedeva la possibilità di dare più fondi alle università che avrebbero rispettato alcuni parametri di efficienza, sulla base di un organismo indipendente, l’Anvur, aumentando la quota premiale di anno in anno (era il 12% nel 2013, per passare al 16% nel 2014, 18% nel 2015 e 20% nel 2016, fino ad arrivare a regine, al 30% nel 2012). Tuttavia, notano ADI, ANDU, CISL-Università, CNU,CONFSAL-CISAPUNI-SNALS, CoNPAss, Federazione UGL Università, FLC CGIL, LINK, RETE29Aprile, SNALS-Docenti, UDU, UIL RUA nel documento approvato nell’autunno scorso, «sono inaccettabili, e sotto gli occhi di tutti, gli effetti distorsivi prodotti dalle modalità con le quali è stata realizzata e dall’uso che è stato fatto dei suoi risultati».

...e come è degenerata

Il primo punto che è sempre stato contestato è la «marginalizzazione» della missione didattica: in pratica, la valutazione si è basata quasi esclusivamente sulle pubblicazioni e sui lavori di ricerca dei professori, piuttosto che sui modi e ai risultati dell’insegnamento. E i criteri per valutare questi lavori a loro volta sono finiti spesso nel mirino della stampa e degli esperti, che li hanno giudicati quanto meno stravaganti. Alla fine, secondo i sostenitori della protesta, il merito è stato utilizzato per «giustificare una brutale riduzione del finanziamento del sistema universitario, che era già ai minimi fra i Paesi più avanzati», con taglio del diritto allo studio e blocco del turnover, che rischiano di condurre alla «desertificazione universitaria» in alcune aree del Paese. Da qui le ragioni della protesta, che è stata abbracciata da sindacati e associazioni, che hanno invitato i professori a boicottare l’Anvur e i suoi metodi di valutazione. E alla fine ha ottenuto una prima, inaspettata vittoria.


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