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La Stampa-L'accusa: temi faziosi. Le repliche: "Fino a due anni fa si citava Gramsci"

CARDINI: "IL POLO FA, CON MENO ABILITÀ, QUELLO CHE HA SEMPRE FATTO LA SINISTRA" Gli storici: adesso è la destra che cerca l'egemonia culturale L'accusa: temi faziosi. Le repliche: "Fino...

19/06/2003
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La Stampa

CARDINI: "IL POLO FA, CON MENO ABILITÀ, QUELLO CHE HA SEMPRE FATTO LA SINISTRA"

Gli storici: adesso è la destra
che cerca l'egemonia culturale

L'accusa: temi faziosi. Le repliche: "Fino a due anni fa si citava Gramsci"

SCUSATE, alla prova del nove il centrodestra fa esattamente quello che rimproverava alla sinistra, e allora addio indipendenza e tanti saluti "terzismo"?
Dice Franco Cardini, medievalista, studioso dell'esoterismo e, quel che qui ha un peso, storico definito "di destra": "Il Polo, semplicemente, fa con meno abilità quel che la sinistra ha sempre fatto. Quello che scandalizza è che la destra, oggi, viene meno a una regola non scritta, l'egemonia della sinistra sulla cultura". Dice Luciano Cafagna, non un intellettuale estremista, che a lui non è piaciuta quella citazione di Berlusconi, la giudica una "caduta di stile". Poi, per paradosso, "se proprio il Polo voleva compensare l'epoca in cui i temi 'di sinistra' si aprivano con regolare virgolettato gramsciano, avrei apprezzato di più una frase di Mussolini". Battuta, naturalmente, ma indica il centro del problema: quel sospetto desiderio di "pareggiare i conti" con gli avversari. È una constatazione, una sensazione, al limite uno stato d'animo che si insinua qui e là in diversi commenti: il centrodestra ha voluto pareggiare i conti con il passato. Quei commenti possono arrivare, nell'ordine che preferite, da intellettuali di destra, storici d'estrazione marxista, studiosi così rigorosamente "terzisti" da essersi meritati, da malevoli competitori, l'accusa di cerchiobottismo. Quei commenti possono, anche, dire diverse cose ma concordare su un punto "gramsciano" alla rovescia: è il centrodestra, adesso, a inseguire l'"egemonia" culturale. I peccati (storici) si ripetono, le colpe si invertono.
Dice Giuseppe Parlato, storico e allievo di Renzo De Felice a Roma, che i documenti forniti dal ministero "non sembrano particolarmente squilibrati". Due tre esempi? Si cita il segretario del partito socialista cileno, Carlos Altamirano; si ricorda la Convenzione delle Nazioni Unite del 1948; si propone in allegato un classico non certo di destra come Tzvetan Todorov. L'osservazione da fare, semmai, è diversa: "Appena due anni fa, con governi ulivisti, la sinistra apriva gli esami suggerendo citazioni dalle Lettere dal carcere: c'è da stupirsi se la destra si comporta, specularmente, nello stesso modo?". Anzi, rincara la dose Parlato, "la destra è stata più equilibrata". Quelli citavano ed egemonizzavano smaccatamente, questi lo fanno quasi con pudore. Oltretutto, sostiene il direttore della Fondazione Ugo Spirito, l'espressione di Stephane Courtois riportata dal Libro nero del comunismo "è una frase intelligente": che sia stata citata spesso in campagna elettorale da Berlusconi non è motivo sufficiente per metterla all'indice.
Scusate, alla prova del nove il centrodestra fa esattamente quello che rimproverava alla sinistra, e allora addio indipendenza e tanti saluti "terzismo"? Dice Lucio Villari che l'errore più grave è proprio questo: la destra ha proposto temi politicizzati per un bilanciamento (postumo) con le "presunte" egemonie marxiste del passato: "Quando si fa un uso così negativo della storia di un secolo si finisce per dover fare la contabilità dei morti. Questo stesso principio si può applicare all'Ottocento, al Settecento, al Seicento. Ogni secolo ha avuto i suoi massacri. Questa contabilità la possono fare i ricercatori storici. Ma non si può chiedere di farla a un ragazzo". Contabilità dei morti, totalitarismo rosso contro quello nero, uno e uno e palla al centro. Ma si fa storia così? Un dubbio che nelle parole di Nicola Tranfaglia diventa certezza: "Le tracce sono il rodaggio della macchina del consenso polista". E se la "macchina del consenso" (di centrodestra) facesse il paio con "l'intellettuale organico" gramsci-pasoliniano (di sinistra)?
Ritorna il pareggiamento di conti. Dice Marcello Veneziani che le tracce "non sono affatto male": lui le giudica "corrette" come corretto è "equiparare, sia pure nelle differenze, i due totalitarismi". Se c'è una critica da fare, aggiunge, è un'altra: "La sinistra in passato monopolizzava la scuola citando nei temi Gramsci all'inizio e Pasolini alla fine: non si può rispondere mettendo in epigrafe un discorso del premier". Del premier no, dei gran conservatori Augusto Del Noce ed Ernst Jünger, magari... Insomma, chi la fa l'aspetti. Di più: Veneziani auspica che in futuro il patrimonio intellettuale à droite sia meglio valorizzato. "Giusto sarebbe stato attingere all'eredità della rivoluzione conservatore o del pensiero cattolico-liberale-nazionale". Di nuovo: uno a uno.
Dice il "terzista" Giovanni Sabbatucci che lo "convince poco la categoria usata, il totalitarismo", anche se in linea di principio non è fuori luogo l'intenzione di collocarsi in una posizione di equidistanza nella rappresentazione storiografica. Però quella del tema storico-politico "è una formulazione sbagliata: per inseguire un certo equilibrio, una certa correttezza, si mettono insieme una serie di fatti diversi l'uno dall'altro".
La storia è fatta di sfumature, va dicendo da un pezzo il professore, e "avvicinare troppi eventi non aiuta a sviluppare quel senso delle distinzioni che un discorso analitico deve sempre tenere presente". L'èra del tema di maturità "terzista" non è ancora arrivata, ma vai a sapere tra qualche anno.


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