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La Stampa - Il buonsenso del professore non basta

Il buonsenso del professore non basta Non molto tempo fa durante un incontro a scuola, un giovane scrittore di successo concluse affermando che in nessun modo avrebbe mai fatto il professo...

29/01/2002
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La Stampa

Il buonsenso del professore non basta

Non molto tempo fa durante un incontro a scuola, un giovane scrittore di successo concluse affermando che in nessun modo avrebbe mai fatto il professore, perché lo riteneva un lavoro di una responsabilità esagerata: il solo soffermarsi a pensare, anche per un attimo, che gli potessero venire affidati dei ragazzi affinché crescessero da un punto di vista culturale ed educativo, lo faceva rabbrividire. E' gratificante tanta considerazione dimostrata verso la categoria, inorgoglisce anche un po', ci si sente compiaciuti ed intimamente soddisfatti. Ma purtroppo, ed è sotto gli occhi di tutti, non sono in molti a pensarla così, anche perché della scuola, in genere, ci si ricorda solo quando la frequentano i propri figli e solo per lo stretto periodo della loro condizione di studenti. O quando improvvisamente balza alla ribalta della cronaca. Soprattutto quando è nera. La spaventosa notizia che qualche giorno fa una ragazza si è gettata durante la lezione dall'ultimo piano di una superiore cittadina tentando un disperato suicidio, non lascia solo annichiliti ed increduli, ma pone inquietanti e drammatici interrogativi su quali siano le dinamiche presenti sempre più frequentemente nella scuola. Quando ci andavamo noi era un posto dove si sgobbava, spiacevole all'inverosimile perché fioccavano i due o in cui ci si divertiva e si faceva un casino d'inferno. Ora a scuola si passa sempre più tempo, è il teatro dove va in scena la gran parte della vita dei ragazzi. Nel bene e nel male. Gli adolescenti sono come delle bombe: certe patologie si manifestano proprio in questi anni. E' una situazione veramente tosta per gli insegnanti riuscire a seguire e ad interpretare i segnali che arrivano dai ragazzi, tradurre i loro comportamenti, a volte i loro silenzi, in inquietanti segni del disagio. Tutto è affidato al buon senso del docente, all'intuito personale. Non ci sono (quasi mai) corsi di aggiornamento per capire meglio i ragazzi di oggi. Che sono enormemente diversi da noi alla loro età. Ma anche dai loro coetanei solo di qualche anno più grandi. La scuola deve aiutare anche a parlare, deve sforzarsi di sentire: far superare assolutamente quella pigrizia nei rapporti che si manifesta sempre più spesso in un sms, massimo di 400 caratteri. Svanisce il ruolo dell'insegnante ripetitore di cultura, stupido ed inutile pappagallo, mentre c'è sempre più bisogno di educatori in grado di osservare, ma che abbiano al fianco famiglie consapevoli del loro ruolo.


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