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La Stampa-Docenti senza incarico, rischio cassintegrazione

GLI INSEGNANTI POSSONO FARE UN CORSO E CAMBIARE MATERIA OPPURE TRASFERIRSI. DOPO DUE ANNI DI SOSTA ALL'80% DELLO STIPENDIO, C'E' IL LICENZIAMENTO Docenti senza incarico, rischio cassintegrazione I...

24/09/2002
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La Stampa

GLI INSEGNANTI POSSONO FARE UN CORSO E CAMBIARE MATERIA OPPURE TRASFERIRSI. DOPO DUE ANNI DI SOSTA ALL'80% DELLO STIPENDIO, C'E' IL LICENZIAMENTO
Docenti senza incarico, rischio cassintegrazione
Il governo: chi non ha la cattedra deve obbligatoriamente ricollocarsi

24 settembre 2002

di Raffaello Masci

ROMA. Il rischio della cassa integrazione si allunga su alcune decine di migliaia di insegnanti: non si tratta di una pratica automatica né di una calamità inevitabile, ma di una possibilità non marginale. Lo prevede il decreto varato dal consiglio dei ministri venerdì scorso sui "docenti soprannumerari", quelli cioè che pur essendo regolarmente inseriti nei ranghi della scuola, non hanno più classe, per effetto della diminuzione demografica degli allievi o perché la loro materia (detta "classe di insegnamento") è diventata "facoltativa". Questi docenti - recita il decreto 20 settembre 2002 - devono obbligatoriamente sottoporsi ad un corso di riqualificazione professionale per accedere "ad altra classe di insegnamento".

La cosa sembra semplice: un professore di italiano che perda la cattedra transita nella classe di insegnamento "latino e greco", e passa la paura. Il problema è più serio invece per gli insegnanti delle elementari, o per quelli delle bistrattate "educazioni" (educazione fisica, educazione tecnica, educazione musicale, eccetera) oppure dei laboratori: riciclare è difficilissimo. Finora lo si è fatto dirottando questi docenti verso le attività "di sostegno", ma per quest'ultimo comparto si stanno tagliando i fondi facendo scomparire una importante via di recupero per molti soprannumerari. Se non si trova altra collocazione nella scuola - specifica il medesimo decreto - "si applica nei confronti del personale interessato, l'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, numero 165".

Siamo andati a leggerlo e - tradotto dal burocratese arcaico - dice all'incirca così: chi è in esubero in una amministrazione può passare ad un'altra secondo un criterio di mobilità nazionale. Per cui - per esempio - chi non trova più collocazione alla Pubblica istruzione potrebbe trovarla alla Difesa, o alle Finanze, ovviamente non necessariamente nella sua città o nella sua regione, dato che un docente è un funzionario e quindi può accedere solo a certi ruoli ben qualificati. Per chi dovesse rifiutare una simile collocazione scatterebbe "una indennità integrativa speciale per la durata massima di 24 mesi" (articolo 33, comma 7).

Conclusione: i docenti soprannumerari che non trovino posto a scuola e non vogliano lavorare in altro settore, andranno in cassa integrazione (anche se questo istituto formalmente non si chiama così) per due anni con l'80% dello stipendio, e poi a casa. La norma che è stata introdotta dal centrosinistra, si pensava fosse un provvedimento "lunare" destinato a non essere mai applicato, ma seguendo la dinamica numerica della scuola, appare ora quasi minaccioso. Il problema della scuola - si sa - è un problema di soldi: da trovare e da risparmiare.

Se la Riforma venisse approvata entro l'anno, per esempio, bisognerebbe approntare (per legge entro 90 giorni) il relativo piano di risorse. La Finanziaria che si appresta ad essere ufficializzata deve quindi prevedere una voce di spesa per coprire le esigenze della riforma. Per intanto si sta studiando un sistema di "razionalizzazione della spesa" che si traduce in consistenti rientri (per non dire tagli), che hanno già suscitato polemiche e ipotesi di sciopero (lo Snals ha già proclamato lo stato di agitazione). Si pensa, per esempio, a un intervento sui 18.500 docenti che non insegnano (comandati, soprannumerari, sindacalisti eccetera): se solo si recuperasse il 40% di questi, si avrebbe un risparmio sui supplenti di 300 milioni di euro.

Le 2000 istituzioni scolastiche con rapporto alunni/docenti al di sotto del 9,5 potrebbero essere accorpate ad altre, risparmiando i costi dei dirigenti e dei direttori amministrativi: si possono stimare altri 170 milioni di euro all'anno. Vi potrebbe essere anche il contenimento dei posti di sostegno "in deroga" (cioè quelli che superano il rapporto numerico fissato dalla legge) ritenuti dal ministero fuori controllo: sarebbero 15 mila pari ad un risparmio di 400 milioni circa di euro. Ci sono infine i tagli di organico annunciati l'anno scorso: i 27 mila posti previsti dalla Finanziaria 2002 per un costo annuo di 800 milioni di euro. I risparmi di sistema frutterebbero così 1,6-1,7 miliardi di euro.

Tra le altre misure possibili, si pensa anche all'innalzamento di un punto della media di alunni per classe (attualmente di 20,5 e che passerebbe a 21,5). Fermo il numero degli studenti (7.650.000) questo meccanismo porterebbe ad una riduzione di circa 17.500 classi, la cui soppressione determinerebbe degli effetti a catena: un minor fabbisogno di insegnanti, di personale ausiliario e amministrativo, e di aule. Per quanto riguarda il minor fabbisogno di personale docente si può stimare nell'ordine di 40-42 mila unità (compresi gli specialisti di sostegno e i docenti di religione) e forse tra questi potrebbero esserci i "soprannumerari" candidati alla cassa integrazione.


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