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La scuola Premiare il merito Il voto agli insegnanti non è un tabù

Solo introducendo criteri di valutazione si potranno valorizzare i docenti più bravi e incentivare la loro presenza nelle zone a forte disagio sociale

14/02/2021
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la Repubblica

Tito Boeri e Roberto Perotti

Mario Draghi ha giustamente sottolineato l’importanza del capitale umano. In questo primo articolo sul Piano Nazionale di Rilancio e Resilienza esaminiamo quindi il capitolo dedicato alla scuola. Nella forma attuale è un elenco di spese aggiuntive per edilizia scolastica, asili nido, cablaggio, retribuzioni degli insegnanti, e chi più ne ha più ne metta, senza pensare concretamente a come ridurre la dispersione scolastica e i gap formativi (ulteriormente aumentati con la chiusura delle scuole), a come far sì che i 34 miliardi stanziati vengano spesi bene, a cosa accadrà quando le risorse del Recovery Fund saranno esaurite nel 2027 e infine a quali sono i costi effettivi degli obiettivi che ci si è posti.

Con la pandemia le scuole italiane sono rimaste chiuse più a lungo che in tutti gli altri paesi. Nell’immediato la priorità quindi è accertare i ritardi formativi causati dalle chiusure e individuare gli studenti più bisognosi di aiuto. A questo scopo sarebbero necessari test standardizzati (quasi a costo zero), che servirebbero anche per valorizzare il lavoro degli insegnanti: sono una misura della loro importanza nell’accumulazione di capitale umano. Ma il PNRR non ne fa cenno. Parla sì, e copiosamente, di politiche di contrasto agli abbandoni, ma non spiega come; e le risorse stanziate per il contrasto della dispersione scolastica (molto più alta in Italia che nella media Ue) sono la metà di quelle destinate al cablaggio delle scuole.

Ma il tema della valutazione è molto più generale. Come tutti i genitori e gli alunni sanno bene, avere un bravo insegnante cambia la vita. Nei paesi nordici, dove il sistema educativo funziona meglio, i salari di ingresso non solo molto alti, ma la progressione salariale di chi insegna bene è importante. C’è un riconoscimento sociale del ruolo dell’insegnante proprio perché quelli bravi vengono premiati. Anche in Italia tutti a parole vogliono un po’di meritrocrazia, per premiare i tanti insegnanti bravi e anche per incentivare la presenza nelle zone a forte disagio sociale. Ma l’unico modo per fare tutto questo è introdurre la valutazione. D’altra parte, non si può lasciare la valutazione degli insegnanti all’arbitrio dei genitori e tantomeno degli studenti. Per questo è importante valutare le scuole (piuttosto che i singoli docenti), anche per individuare le aree di intervento.

Per valutare le scuole è necessario ancora una volta valutare le performance degli studenti, stando attenti ovviamente a isolare il ruolo dell’ambiente: una cattiva performance degli studenti potrebbe essere dovuta alla situazione ambientale anche se gli insegnanti sono bravissimi. Ma questo problema può essere affrontato, e anche se non è una scienza esatta, una valutazione buona ma necessariamente imperfetta è meglio di nessuna valutazione. Da noi invece prevale una fondamentale incomprensione e opposizione a priori, sia dei docenti che dei genitori che degli studenti, verso i test PISA e soprattutto le prove Invalsi, anche se vengono usati solo per raccogliere informazioni.

Senza affrontare questi nod i (che, ripetiamo, hanno un costo infimo rispetto alle risorse del PNRR) si rischia di buttare via tanti soldi inutilmente. Eppure il PNRR non menziona mai il nodo della valutazione o della raccolta di informazioni. La parola "Invalsi" compare una sola volta, per informarci che una sua inchiesta ha accertato l’utilità della formazione degli insegnanti. Spicca invece l’insistenza sui corsi di formazione e aggiornamento, ovviamente soprattutto sul digitale. Ma sappiamo tutti come funzionano questi corsi: è praticamente impossibile non riuscire a conseguire il target dei crediti.

Oltre all’avanzamento anche il reclutamento degli insegnanti va riformato, ma nel PNRR se ne parla in un solo paragrafo, e in termini molto generici. Bisognerebbe invece introdurre concorsi a ciclo continuo, istituendo commissioni d’esame permanenti ben retribuite, per eliminare il dramma degli aspiranti insegnanti che aspettano anni per conoscere il proprio destino e delle famiglie che assistono a una continua girandola di docenti. Molti numeri sembrano buttati lì un po’ a caso. Forse l’esempio più chiaro è il piano asili. Il PNRR propone di aumentare del 40% l’offerta di posti per passare dal 25 al 35 per cento di copertura dei bambini fino a due anni. Secondo l’Osservatorio dei Conti Pubblici diretto da Carlo Cottarelli questo richiederebbe un investimento di 2,5 miliardi e una spesa di funzionamento annuale di 1,25 miliardi, per un totale nel quinquennio ben superiore allo stanziamento di 3,6 miliardi del PNRR.

Ma c’è un problema ulteriore: chi pagherà il piano asili una volta che le risorse del Recovery Fund saranno finite e il debito pubblico sarà quasi certamente salito ulteriormente? Questo è un problema che in realtà riguarda tutto il PNRR. Un altro esempio tra i tanti: il piano stanzia 1,6 miliardi per sette "campioni nazionali" di "enabling techniques" che coprono dall’intelligenza artificiale all’idrogeno: se di livello internazionale, questi centri costeranno a regime decine o centinaia di milioni l’uno. Nell’entusiasmo per il Recovery Fund sembra ci si sia dimenticati di porre questa domanda.


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