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La reputazione degli atenei «Il 40% di quelli italiani nei mille migliori al mondo»

I dati presentati alla Luiss: più matricole anche in tempi di Covid

24/02/2021
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Corriere della sera

Claudia Voltattorni

Tra le prime mille università migliori del mondo, con il 40% dei suoi atenei. Meglio di Francia, Cina e Stati Uniti che nella classifica ne hanno meno del 10%. Un numero in crescita di iscritti a fronte di risorse investite sempre molto scarse. A guardare le classifiche internazionali, l’università italiana mostra più ombre che luci. A volte anche più in patria che fuori. Ma il «ranking» non è tutto. Lo dimostra la ricerca «L’Italia e la sua reputazione: l’università», realizzata da Italiadecide in collaborazione con Intesa Sanpaolo, presentata ieri alla Luiss Guido Carli di Roma e condotta dal comitato scientifico guidato da Domenico Asprone con Pietro Maffettone, Massimo Rubechi e Vincenzo Alfano. Lo studio sottolinea come «il sistema universitario italiano superi tutti» se viene considerato nel suo complesso e non analizzando solo i singoli atenei. «Avere oltre 40 università su 99 tra le prime mille del mondo — spiega Maffettone — indica che magari manchiamo di picchi assoluti come l’Harvard americana ma la qualità di tutto il nostro sistema universitario è molto alta: i ranking internazionali non sono particolarmente affidabili e vanno letti consapevolmente». Così, dice Paola Severino, vicepresidente della Luiss, «diventa necessario valutare la capacità dei ranking in base alle diverse caratteristiche». Ecco quindi il sistema britannico che punta sulla qualità di poche università che raggiungono un livello altissimo, a scapito di tutte le altre. Mentre «nel sistema italiano — continua — il valore è medio-alto, pur non avendo isole di eccellenza che possano portare le migliori nei primi posti delle classifiche». Per Gian Maria Gros-Pietro, presidente del Cda di Banca Intesa, «la reputazione è importante e il ranking è una parte della reputazione, ma il ranking riflette il pensiero dominante in un determinato momento, direi che riflette i vincenti di ieri, più che quelli di domani, però ci dice anche che c’è da migliorare».

La ricerca spiega che «i parametri utilizzati dai principali ranking internazionali finiscono per penalizzare la realtà italiana». E indicatori bassi rendono gli atenei italiani meno attrattivi (quindi competitivi) rispetto a quelli stranieri. Uno spreco, dice l’ex ministro dell’Università Gaetano Manfredi: «Serve una politica di internazionalizzazione per attrarre studenti e docenti stranieri: grazie alla nostra posizione, ad esempio, abbiamo nell’Africa un potenziale altissimo, è necessario creare canali di accesso per studenti, farci conoscere all’estero, puntare sull’attrattività del Made in Italy».

Ma spesso l’università italiana non gode di grande reputazione, prima di tutto in patria. Un fenomeno che l’ex presidente della Camera Luciano Violante definisce «processo di autodenigrazione, il nostro difetto di parlare male di noi stessi». Ma a vedere i dati delle nuove immatricolazioni c’è da rallegrarsi: nonostante il Covid, il numero degli iscritti nel 2020 è salito del 9% negli atenei pubblici e del 7,1% in quelli privati.

Il futuro, dice Violante, è la grande occasione: «Ci aspettano 4 grandi trasformazioni: digitale, energetica, ambientale e spaziale, e i ragazzi devono sapere che questo sarà il mondo in cui vivranno, ma non sarà facile dopo aver vissuto una fase di disprezzo delle competenze». L’università deve quindi diventare sempre più «il luogo delle competenze», dove, secondo Violante, «creare non solo classi dirigenti ma competenti». E quella italiana, riflette Severino, «deve coniugare il merito alla possibilità di accesso per tutti». Ma le risorse economiche a diposizione restano ancora poche, con l’Italia in coda alla lista Ue per investimenti in istruzione. Un dato: per i suoi quasi 24 mila studenti, l’università di Harvard nel 2019 ha speso 5,2 miliardi di dollari. Nel 2019, il fondo di finanziamento dell’università in Italia è stato di 7,5 miliardi di euro, per un milione e 730 mila studenti.


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