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La proposta criminale di Garagnani

La logica, se di logica si può parlare senza coprirsi di ridicolo, è quella dello Stato autoritario o, se preferite, di una repubblica delle banane

17/05/2011
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il manifesto

Giuseppe Aragno

La logica, se di logica si può parlare senza coprirsi di ridicolo, è quella dello Stato autoritario o, se preferite, di una repubblica delle banane. Gli estremi spesso si toccano e Fabio Garagnani, con la sua criminale proposta, conferma la regola: «Professori politicizzati sospesi per 3 mesi». Ognuno la prenda come vuole. Chi spera in un miracolo che non verrà, chi si trincera dietro il «delirio» di una minoranza di estremisti che forza le regole del gioco, per affidarsi ai lamenti generosi e impotenti del Capo dello Stato, si accomodi. Meglio sarebbe però dirsi le cose per quelle che sono e regolarsi di conseguenza.
La proposta di Garagnani è una sfida aperta a ogni idea democratica della politica, così come la concepirono non i bolscevichi di Zinoviev, ma i borghesi di Montesquieu. In quanto tale, è una sfida persa in partenza, che un politico vero non si sarebbe azzardato a lanciare. Un politico sa bene che l'uso e la scelta delle parole sono di per sé uno strumento ineludibile di formazione e una questione profondamente politica. Per spiegare ai suoi studenti cosa sia una moderna dittatura, un buon professore non farà certo il nome di Berlusconi; parlerà a lungo e in maniera ineccepibile di storia e diritto romano. Zola col suo j'accuse sarà più che sufficiente perché una classe intenda cosa sia il razzismo. Garagnani dovrebbe saperlo: lo Spilberg non poté impedire che Pellico costasse all'Austria più di una guerra perduta; i famosi, mussoliniani vent'anni in cui il cervello di Gramsci non avrebbe dovuto pensare, videro nascere le pagine di quei "quaderni" che ancora oggi inchiodano il fascismo alla colonna infame dei suoi crimini, fanno argine contro ogni tentativo autoritario e spiegano a chi voglia capirlo cosa sia stato nel nostro paese quel comunismo di cui Berlusconi ciarla e straparla.
Il pensiero non s'ingabbia. C'è, nella libertà d'insegnamento, la forza pacifica e incoercibile che invano gli ateniesi provarono a spegnere con la cicuta imposta alla suprema dignità di Socrate. Ci sono Foscolo, che umiliò col rifiuto l'arroganza asburgica, pronta a comprarne l'animo libero, e morì nella miseria londinese lasciando incancellabile il suo testamento: «Io professo letteratura». Non basterebbe all'illusa prepotenza di Garagnani eliminare Dante dalla scuola. Messo a tacere quel suo invito alla rivolta del pensiero - «nati non fummo a viver come bruti» - si troverebbe dinanzi l'ironico e tagliente Catullo: Nil nimium studeo, Caesar, tibi velle placere, / nec scire utrum sis albus an ater homo. Non m'interessa nulla di poterti piacere, Cesare, né di sapere se tu sia un uomo bianco o nero. Il sapere è libero e la libertà è politica. Se il partito di Garagnani è autoritario e illiberale, torni a scuola e ricominci a studiare.


 


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