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L'Unità-La scuola della Moratti: l'uso improprio delle parole di don Milani

La scuola della Moratti: l'uso improprio delle parole di don Milani di Giuliano Ligabue* "Più scuola e fatta meglio solo a chi ha i soldi per pagarsela". Invito a sfogliare i quotidiani e risc...

06/01/2002
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l'Unità

La scuola della Moratti: l'uso improprio delle parole di don Milani
di Giuliano Ligabue*

"Più scuola e fatta meglio solo a chi ha i soldi per pagarsela". Invito a sfogliare i quotidiani e riscontrare se '#8211; questo '#8211; era uno slogan presente alla manifestazione del 14 dicembre o tra i tanti che risuonavano, il 20 dicembre, intorno agli Stati Generali. È comunque un atto d'accusa alle scelte della ministra Moratti che circolava e circola, eccome, anche se in termini non esattamente identici ('scuola di classe, ai poveri le tasse', ecc.). Eppure quelle parole risalgono a 35 anni fa e sono state pronunciate, in un'intervista all'Europeo, da Guido - 16 anni -, uno degli otto ragazzi di Barbiana autori della "Lettera a una professoressa', due mesi dopo l'uscita del libro. In questa frase vi era la sintesi dell'accusa al sistema scolastico italiano: quella di "approfondire la selezione sbagliata".
La citazione e il rinvio non muovono da una qualche nostalgia patetica e fuori moda. È stata provocata dal Rapporto del Gruppo Ristretto, presieduto da Giuseppe Bertagna, su cui si intenderebbe costruire la scuola italiana del futuro. Qualsiasi lettore non sprovveduto, sbalordisce nel trovare citato don Milani in quelle pagine. A parte l'indebita attribuzione - quelle parole non sono sue, ma sempre degli otto di Barbiana (cf.'Lettera', pag.55) -, perché evocare quel prete e maestro quasi a chiave di volta di una costruzione in cui istruzione e formazione sono finalizzate alla differenziazione e alla selezione? Bertagna e dintorni sembrano non sapere che il gioco delle tre carte non confonde più nessuno. Perchè le cose le hanno già dette, e con molta chiarezza: che il sistema scolastico non è più in grado di garantire "i meccanismi di riproduzione e selezione delle future classi dirigenti"; che, per questo, già dalla scuola dell'obbligo occorre impostare una "strategia di selezione" il cui criterio generale è di "organizzare le discipline secondo gradi di crescente complessità"; che la scuola dell'obbligo, allora, potrà '#8211; anzi, dovrà - ogni due anni "non inserire" nel livello superiore (= bocciare) chi non ha superato le dovute verifiche; che solo alla fine della Scuola Media si potrà dire quali studenti potranno continuare nella "scuola formale" e quali no; che, comunque il successivo "accesso agli studi liceali" "deve essere proposto dal consiglio di classe dell'ultimo anno della scuola media".
[CAP3]La grossolanità, e forse la spregiudicatezza, dell'operazione sta nell'usare (è la parola) don Milani per convincere il pubblico illuminato '#8211; ma un po' distratto - dell'esatto contrario di ciò che don Milani e i suoi ragazzi non volevano e volevano: non volevano la selezione. Sapevano benissimo che sono tante le cause che producono disuguaglianza, ma proprio per questo puntavano sulla scuola: "È più onesto dire che tutti i ragazzi nascono eguali e se in seguito non lo sono più è colpa nostra e dobbiamo rimediare" ('Lettera', pag.61). Quindi a Barbiana non si facevano davvero "parti uguali", ma si selezionava. Solo che la selezione era quella giusta: si sceglievano i disuguali - i più ignoranti, i più deboli, i più difficili - e si dava loro più istruzione, più tempo, più scuola. Senza chiedere nulla in cambio. Cosa abbia in comune, tutto questo, con "la differenziazione individualizzata" (Documento, pag.25) di Bertagna, non è dato capire. Monta, allora, una gran voglia di lanciare una sfida provocatoria: se è vero (è sempre scritto a pag.25) che ancora oggi l'81,7% dei "disuguali" della scuola dell'obbligo rischia la bocciatura e che il 97,3% non ha probabilità di laurearsi, perché non ci si incontra e non si studia insieme il modo di approfondire la selezione giusta? Che davvero don Lorenzo Milani non sia poi così ammuffito e abbia ancora qualcosa da insegnare: a chi - come noi - lo rimpiange e a chi - come Bertagna - lo chiama in soccorso?
A maggio prossimo, sono 35 anni che gli otto ragazzi hanno "sparato" il "libricino"; a giugno, sono 35 anni che don Lorenzo se n'è andato. Perché non incontrarci tutti a Barbiana e pensarci su? Da donne e uomini che "sanno" di scuola ma che non vogliono dimenticare le parole di Francuccio: "Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo, crescendo, ci aggiunge qualche cosa e così l'umanità va avanti" (intervista all'Europeo, 27 luglio 1967).

*preside del liceo scientifico "Avogadro" di Roma


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