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L'Unità-Grandi manifestazioni l'ordine è non farlo sapere

Grandi manifestazioni l'ordine è non farlo sapere di Nicola Tranfaglia Tre cose mi hanno colpito nella manifestazione che un migliaio di professori, ricercatori, studenti e lavoratori dell'Univer...

16/02/2002
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l'Unità

Grandi manifestazioni l'ordine è non farlo sapere
di Nicola Tranfaglia

Tre cose mi hanno colpito nella manifestazione che un migliaio di professori, ricercatori, studenti e lavoratori dell'Università di Torino hanno fatto dinanzi al palazzo di Giustizia chiedendo una giustizia uguale per tutti e una libertà di informazione che oggi non esiste e desidero riferirle ai lettori dell'Unità.
La prima è la convinzione appassionata che animava persone di età, provenienze ed esperienze culturali differenti ieri mattina. I tempi sono maturi non per disegnare quelle apocalissi che ci vengono continuamente rimproverate.

Ma per segnalare all'opinione pubblica, bombardata ad ogni ora da ambigui messaggi rassicuranti, che lo stato democratico è in pericolo. Soltanto chi pensa che la democrazia contemporanea si esaurisca in elezioni periodiche e non nella permanenza di istituzioni essenziali come l'ordinamento giudiziario e la libertà di espressione e di pensiero (art. 21 della Costituzione) può essere indifferente, o addirittura contraria a segnali come la nostra manifestazione. Come quel collega, da sempre vicino ai poteri esistenti, che ha detto di non essersi mosso perché non vede ancora i tribunali speciali o quello che "non è di destra ma non si sente di appartenere all'intellighenzia di sinistra" o ancora quello che, se avesse qualcosa di dire (ma evidentemente oggi non ne ha) scriverebbe un "articolo". Insomma, gli ideali membri di quella "società degli apoti", cioè che non la bevono, di cui parlava ottant'anni fa Piero Gobetti.

La seconda cosa che mi ha colpito è stata l'intervista del sottosegretario alla Giustizia Vietti alla "Stampa" che ha definito l'iniziativa "infondata e inopportuna": infondata perché la Casa delle libertà cosiddetta non vuole in nessun modo mettere a rischio l'autonomia dei giudici. Evidentemente non vede la tv, non legge i giornali del suo partito, né conosce la bozza della legge delega sulla giustizia. Inopportuna, non so perché. Per un sottosegretario si tratta di un'ignoranza grave. Verrebbe da chiedergli che cosa sta facendo al governo.

La terza e ultima cosa sono stati i cittadini non universitari che hanno partecipato alla manifestazione. Molti mi hanno chiesto di informarli delle prossime iniziative, di informarli di quello che si fa in Italia, di essere tenuti al corrente di quello che succede, di quello che sta preparando il governo di centro-destra.
Mi viene un dubbio a sentirli: ma non siamo nella società dell'informazione? Non riceviamo, anche senza muoverci, migliaia di notizie ogni giorno? O forse i grandi mezzi televisivi ci comunicano cose di scarso interesse e ci dicono poco di quello che ci importa? E noi come utenti, dobbiamo accettare questo passivamente o far qualcosa per ottenere una migliore informazione? Ecco, questo mi sembra un tema da porre al centro delle nostre riflessioni e magari della nostra azione, nei prossimi tempi.


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