FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3766173
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » kataweb-Programmi scolastici: tra federalismo e campanilismo

kataweb-Programmi scolastici: tra federalismo e campanilismo

Programmi scolastici: tra federalismo e campanilismo di Mario Rusconi Uno dei termini più diffusi dai media, negli ultimi tempi, è la parola "federalismo", che viene condita con le salse più v...

09/04/2002
Decrease text size Increase text size
Kataweb

Programmi scolastici: tra federalismo e campanilismo
di Mario Rusconi

Uno dei termini più diffusi dai media, negli ultimi tempi, è la parola "federalismo", che viene condita con le salse più varie. A volte si usa la variante "devoluzione", a seconda dei gusti linguistici di chi parla.
Al di là dell'esattezza storica dell'uso del termine "federalismo" per indicare il decentramento amministrativo in pieno svolgimento nel nostro Paese sin dalla scorsa legislatura, c'è da chiedersi come e fino a che punto si attuerà la "devoluzione" alle Regioni del potere normativo in materia scolastica. La questione, di particolare importanza per comprendere gli sviluppi futuri del processo di riforma della scuola, solleva immediatamente alcuni interrogativi, ai quali si dovrà rispondere al più presto, pena un ulteriore, disincantato scetticismo del mondo della scuola nei riguardi delle istituzioni (parlamentari, governative, ministeriali) per i tanti annunci non seguiti da fatti concreti.
Negli scorsi anni, nell'appassionata discussione sull'autonomia, si era diffusa la convinzione (sia pure non tradotta in atti normativi) che un 20 per cento del curricolo di ogni studente venisse non più imposto dall'alto (come,invece, per il restante 80 per cento) ma fosse a disposizione delle scuole (e dunque, in primis, dei Collegi dei docenti) che avrebbero dovuto interpretare e coordinare sinergicamente le richieste delle famiglie, i bisogni del contesto socioculturale, le risorse istituzionali.
Dagli indirizzi emersi, invece, in questi ultimi mesi, quel 20 per cento di curricolo flessibile si ridurrebbe al 10 (in controtendenza con i sistemi europei più avanzati) e verrebbe affidato alle Regioni.
Da qui l'entusiasmo di molti rappresentanti istituzionali dell'ente locale (di tutte le parti politiche) che hanno già preannunciato, con insospettato fervore pedagogico, le loro idee su questo complesso e delicato argomento.
A chi opera professionalmente nella scuola da molti anni, sorgono immediati interrogativi e qualche dubbio. Sarà in grado ogni Regione di sfuggire al pericolo di localismo culturale (se non di campanilismo paraculturale)? Non vi è il rischio di passare dal vecchio centralismo ad uno nuovo - localmente decentrato - che, rispetto al precedente, potrebbe persino rivelarsi più deleterio, non garantendo neanche quel po' di uniformità da quest'ultimo perseguita?
Altre due, non meno inquietanti, domande. La libertà progettuale di cui le scuole hanno sin qui goduto (anche se - bisogna ammetterlo - spesso si sono verificati voluti fraintendimenti o diseducative distorsioni) non potrebbe risultare in qualche modo condizionata dalla nuova potestà regionale, più incisiva e diretta, sul curricolo? Inoltre: sono attualmente ravvisabili in tutte le Regioni italiane competenze esperte in ambito formativo?
Una considerazione, infine, (poco politica, molto professionale) sulla opportunità di affidare alle scuole una quota del curricolo di ogni studente. Questa innovazione, infatti, se attuata, condizionerebbe in positivo l'organizzazione interna di ogni scuola, in quanto la necessità di progettare (il 10 o il 20 per cento non farebbe grande differenza in questo senso) una parte del percorso formativo, imporrebbe a tutte le scuole di organizzare la ricerca didattica su basi completamente nuove. Si imporrebbe un nuovo calendario di lavoro dei docenti per i confronti e gli impegni professionali interni ed esterni alla scuola (non più le risibili, attuali 40 ore + 40 ore annuali previste dal contratto per fare...tutto ciò che non sia lezione). Si dovrebbe struttrare dunque un'organizzazione professionale della ricerca educativa, fondata sull'uso di banche dati e la consultazione costante di bibliografia. Per dirla in breve, bisognerebbe dar seguito alla autonomia di ricerca e di sperimentazione, richiamata dalle norme e quasi mai attuata nelle scuole.
Solo i prossimi anni ci diranno se la scuola italiana ha imboccato un percorso innovativo di tipo europeo (come auspicato recentemente dall'incontro dei ministri dell'istruzione a Barcellona) o se, ancora una volta ha prevalso la logica del groviglio conflittuale inacapace di garantire obiettivi formativi di qualità.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL