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Il Riformista-Università-I sindacati dei docenti non sono il fronte del no

LETTERA 2. SIAMO DA SEMPRE DISPONIBILI AL CONFRONTO DI SERGIO SERGI I sindacati dei docenti non sono il fronte del no Le nostre proposte giacciono da anni al ministero Caro direttore, ho...

09/04/2005
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Il Riformista

LETTERA 2. SIAMO DA SEMPRE DISPONIBILI AL CONFRONTO DI SERGIO SERGI
I sindacati dei docenti non sono il fronte del no Le nostre proposte giacciono da anni al ministero

Caro direttore, ho letto con estremo interesse l'appello per l'Università pubblicato il 30 marzo in prima pagina dal quotidiano da lei diretto e non posso fare a meno di intervenire. Attualmente coordino le iniziative delle associazioni e dei sindacati rappresentativi della docenza universitaria (Adu, Andu, Apu, Auri, Cisl-Università, Cnru, Cnu, Flc-Cgil, Snals-Università, Uilpa-Ur) che hanno portato a un momentaneo ritardo l'approvazione del disegno di legge-delega governativo. Intervengo perché appartenendo a quella "minoranza che pretende di parlare a nome dell'intera Università e si esprime regolarmente contro tutti i progetti, contro tutti i tentativi di cambiare le cose" mi corre l'obbligo di fare chiarezza sulle ragioni del dissenso e ancor più di controbattere sull'affermazione "non una volta ci è capitato insieme ai no di sentire... qualche proposta concreta, qualche suggerimento in positivo di portata generale e destinato a durare" o ancora a quella "di provvedimenti specifici a favore di questa o quella categoria".
Le associazioni e i sindacati di cui sopra hanno ormai da diversi anni, in seguito a un serrato dibattito dentro e fuori le università, messo a punto un progetto di riforma della docenza universitaria che si basa sui seguenti punti. Primo, la distinzione fra reclutamento iniziale e avanzamento nella carriera, disegnando una figura veramente unica di professore universitario caratterizzata durante tutto il percorso dalla inscindibilità della ricerca dalla didattica. Secondo, l'accesso alla carriera universitaria deve avvenire mediante una severa selezione nazionale, con concorsi su posti banditi dalla sede. Terzo, il tempo pieno deve essere la condizione nella quale svolgere, di norma, l'attività universitaria. Deve essere accentuata la distinzione tra quanti scelgono di dedicare il loro pieno impegno all'Università e quanti, svolgendo prevalentemente attività professionale, dedicano una parte residuale del loro tempo all'attività universitaria. Per queste utilissime figure professionali deve essere previsto un regime contrattuale con l'ateneo. Quarto, la definizione di una unica figura contrattuale di breve durata, per la fase di preparazione alla docenza, che assicuri a quanti vi accedono un equo trattamento economico e adeguate garanzie assistenziali e previdenziali, allo scopo di favorire l'inserimento dei giovani migliori e più motivati nella carriera universitaria.
Non abbiamo mai pensato di stendere un articolato sulla riforma dello stato giuridico, questo è compito dell'esecutivo e del Parlamento, ma abbiamo individuato i punti fondamentali su cui deve basarsi una riforma moderna e funzionale al sistema universitario e al paese. A proposito poi dell'"eterna domanda di più fondi", credo nella legittimità della richiesta di incrementare le risorse disponibili per il sistema delle università pubbliche determinando le condizioni perché la ricerca scientifica negli atenei, complemento indispensabile di un insegnamento di qualità, sia al servizio dello sviluppo del paese e non succube di regole di mercato.
Se siamo stati accusati di aver detto solo "no" e di non esserci mai espressi "in positivo", evidentemente o c'è un difetto di comunicazione - d'altra parte a noi sono preclusi i grandi mezzi di comunicazione - o forse non abbiamo mai avuto la fortuna di essere ascoltati. L'ipotesi di riforma dello stato giuridico, basata sui punti sopra evidenziati, è stata presentata con documenti, non a parole, ai vari ministri o sottosegretari che si sono susseguiti in questi ultimi anni e che hanno affrontato questo tema (Berlinguer, Zecchino, Guerzoni, Moratti) e da tutti abbiamo avuto scarsa audience. Come si può vedere, i ministri o sottosegretari appartengono a diversi schieramenti politici e quindi non ci meraviglia più di tanto se l'appello è firmato da professori che appartengono a un vasto arco politico, come giustamente fa notare Andrea Casalegno su il Sole 24ore del 31 marzo. Ciò che ci meraviglia è che molti di questi illustri professori sono o sono stati gli ispiratori dei vari progetti, e quindi possessori di una "verità", appartengono a quella lobby che ha determinato i destini dell'università italiana. Ora dicono di voler "cercare un impegno politico di tipo nuovo diverso dal passato" e penseranno "più tardi a scrivere programmi e documenti dettagliati, come si conviene".
Proponiamo ai firmatari dell'appello quanto da noi elaborato in questi anni. Può darsi che possa servire alla elaborazione di "programmi e documenti dettagliati" largamente condivisi e ci rendiamo disponibili ad un confronto serio ed aperto sul tema in oggetto.
Non mi sono soffermato per nulla sulle ragioni del "no" al disegno di legge delega Moratti in quanto sembrerebbe che almeno tali ragioni siano state comprese da chi contesta le nostre posizioni. Ma le nostre motivazioni per una forte opposizione al dl e alla politica sull'università sono solo l'altra faccia delle nostre proposte in positivo: note a chi le vuole conoscere e che ci hanno consentito di essere una sponda (e non vogliamo essere di più, ma è una funzione essenziale) per l'estremo disagio delle università italiane, contribuendo a concretizzarlo in giornate di ampia mobilitazione e in veri scioperi nazionali.

Università degli studi di Messina


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