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Il Nuovo-"La scuola non è un'azienda"

Urbani: "La scuola non è un'azienda" Il Ministro dei Beni Culturali: "La scuola non si può ridurre ad un'azienda. Bisogna responsabilizzare docenti, presidi, non docenti, studenti e famiglie". ...

10/05/2002
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Il Nuovo

Urbani: "La scuola non è un'azienda"

Il Ministro dei Beni Culturali: "La scuola non si può ridurre ad un'azienda. Bisogna responsabilizzare docenti, presidi, non docenti, studenti e famiglie". I sindacati: "E' una chiara autocritica".
di Alberico Giostra
ROMA - 'Qualche anno fa ci siamo raccontati una bugia: che i presidi si potessero improvvisamente trasformare in manager, magari dopo un corso di qualche mese. E' stata una presunzione luciferina'. È il Ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani a parlare. E la dichiarazione non desterebbe sorprese se non venisse da un esponente doc di Forza Italia, il partito che in campagna elettorale ha fatto delle berlusconiane tre I, Internet, Inglese e appunto Impresa il suo slogan più efficace quando pensava alla scuola ideale.

Ma Urbani è stato ancora più esplicito: 'La scuola non si può ridurre ad un'azienda. Per fare in modo che le istituzioni scolastiche siano gestite in modo efficiente, bisogna fare un'altra cosa: introdurre meccanismi di responsabilizzazione per tutti i soggetti coinvolti nella scuola: docenti, presidi, non docenti, studenti e famiglie. Più questi soggetti saranno autonomi, nel senso che saranno capaci di seguire da soli le regole, più sarà facile il compito dei presidi'.

La reazione dei sindacati: 'E' una chiara autocritica -dice Enrico Panini leader della Cgil scuola- e le parole di Urbani dovrebbero avere un effetto immediato sul disegno di legge di riforma degli Organi Collegiali che tutto dice fuorché le cose che pensa Urbani. Noi - conclude Panini- abbiamo in mente un preside che garantisca i diritti costituzionali come la libertà d'insegnamento e quella di apprendimento che in questo momento sono oggetto di una aggressione'.

Leggermente diversa la posizione del leader della Uil scuola Massimo Di Menna: 'siamo d'accordo che la scuola non è un'azienda ma il passaggio dei presidi alla carriera dirigenziale grazie a dei corsi di riqualificazione un progresso l'ha segnato e indietro non si deve tornare. Purtroppo non basta -precisa Di Menna- perché ai presidi si sono attribuite responsabilità senza competenze e questo ha aumentato i conflitti nelle scuole. Come si fa a far quadrare i conti? Ma non sono i presidi a fare i conti- conclude Di Menna- ma l'insieme di norme e regolamenti che la scuola dell'autonomia si è data'.

Ma che succede invece nel partito di maggioranza relativa? E che succede nel Governo? Un anno a Palazzo Chigi sta già producendo un revisionismo ideologico così marcato, un abbandono nemmeno tanto sottotraccia del corredo genetico del partito azienda, fino alla riscoperta di tranquillizzanti visioni comunitarie e neodemocristiane? E parole come quelle di Urbani non darebbero fondamento a quelle voci che circolano a Viale Trastevere circa un possibile rimpasto ministeriale che porterebbe alla guida del dicastero dell'Istruzione proprio un moderato cattolico come Beniamino Brocca, così lontano dai rigori aziendalistici della Lady di Ferro? La sottosegretario all'Istruzione Valentina Aprea concorda del tutto con il suo collega di governo Giuliano Urbani. 'Nessuno ha mai detto che la scuola è un'azienda. Anche il Ministro Moratti ha parlato di una scuola comunità e le parole di Urbani non sono affatto un'autocritica. Noi crediamo soprattutto in un nuovo patto tra le scuole e le famiglie - ha precisato la Aprea - e vogliamo soprattutto recuperare la professionalità più autentica dei docenti anche attraverso l'introduzione di un sistema nazionale di valutazione'.

Ma sono i presidi a sottolineare il rischio di un eccesso di revisionismo. 'Finchè si parla di responsabilità diffuse che non debbono ricadere solo sulle spalle dei presidi- dice Giorgio Rembado leader dei Presidi italiani- siamo d'accordo, così come siamo d'accordo che con l'autonomia degli istituti scolastici non si snaturi il fine ultimo delle scuole, che è educativo. Ma sarebbe un grave errore pensare di tornare alla scuola precedente all'autonomia. Ormai le scuole sono di fatto delle aziende-continua Rembado- e il preside non è più il preside-filosofo dei vecchi Licei Classici che hanno in mente i nostri politici. Il moderno Preside è un dirigente che deve gestire un'organizzazione complessa utilizzando competenze nel campo della gestione delle risorse umane e finanziarie, competenze che i vecchi presidi non hanno mai avuto'. E lancia un monito che è tutto politico: 'Io vedo un cambiamento in Forza Italia e so che c'è il pericolo di un ritorno indietro ad una cultura antiautonomistica. I modelli che molti docenti hanno ancora in testa sono i programmi calati dall'alto, le circolari, le ordinanze ministeriali, insomma una organizzazione piramidale che allontanava fino a disperderlo il momento valutativo del lavoro dei docenti grazie anche ad una sostanziale collusione centrale tra Ministero e Sindacati. Una prova di questa mentalità è la fuga del tutto emotiva e irrazionale dagli Istituti Professionali'.

Un giudizio positivo sull'autonomia scolastica è infine venuto dal Ragioniere Generale dello Stato Andrea Monorchio: 'L'operazione di decentramento della spesa nel caso della scuola e' molto importante perché una gestione locale, in cui il preside e' anche il responsabile dell'andamento della gestione stessa, introduce meccanismi virtuosi'. 'Questo meccanismo - ha aggiunto Monorchio - avvicina un po' la scuola al modello degli enti locali. E' una cosa molto importante'.


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