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Il Mattino-L'evasione scolastica

L'EVASIONE SCOLASTICA A tre anni dalla prima edizione, andata esaurita, del libro "Di mestiere faccio il maestro" di Marco Rossi-Doria, l'ancora del mediterraneo manda ora in libreria la seconda edi...

03/11/2002
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Il Mattino

L'EVASIONE SCOLASTICA
A tre anni dalla prima edizione, andata esaurita, del libro "Di mestiere faccio il maestro" di Marco Rossi-Doria, l'ancora del mediterraneo manda ora in libreria la seconda edizione aggiornata, con una prefazione di Tullio De Mauro. Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo uno stralcio dalla nuova postfazione dell'autore.
Marco Rossi-Doria
Entriamoin un palazzo di governo. Siamo in due. Rappresentiamo l'esperienza viva del progetto Chance presso le istituzioni che hanno ricevuto denaro pubblico per curare la formazione di migliaia di ragazzi simili a quelli con cui noi lavoriamo da anni. La responsabile politica dell'istruzione e della formazione di queste nostre zone ha un'idea ferma di scuola e un'idea altrettanto ferma di ragazzo e di ragazza. Crede davvero che un'entità formatrice si dispone a offrire formazione e perciò stesso la formazione avrà luogo perché manca solo l'offerta. Insiste nel nominare la quantità di denaro ricevuto dall'Europa che rappresenterebbe, appunto, l'offerta. Le spieghiamo che non è così. Siamo stanchi ma usiamo toni tranquilli e rispettosi. Sappiamo quanto sia debole la politica dinanzi al mondo di cui ci occupiamo: povera di cuorisità, di metodo e di proposta. Ci disponiamo quasi pedagogicamente davanti all'interlocutore istituzionale, perché prendiamo anche questo carico seriamente pur di favorire e facilitare l'azione con e per i ragazzi. Siamo consapevolmente ingenui in questo.
Ma insistiamo così. Perché non abbiamo altra strada: se non c'è politica per le cose da fare, le cose da fare debbono potersi rappresentare comunque presso la politica. Le diciamo che siamo capaci di offrirle dei progetti articolati ma sappiamo che ciò che conta davvero è guidarne l'attuazione sul terreno. Glielo diciamo con pacata e ferma convinzione. Le ripetiamo che non è solo la nostra esperienza diretta a dirlo, che lo dicono l'Onu, la Ue, ogni grande agenzia sopranazionale di sviluppo che si occupa di formazione. Ho la netta sensazione che per lei le nostre parole significano altro che quel che vogliono dire per noi: progetto, probabilmente, per noi vuol dire promuovere le possibilità di un certo numero di ragazzi e ragazze e fare una manutenzione attenta delle azioni educative e formative che portiamo avanti per ricavarne anche modelli valutabili e trasferibili da confrontare con altre persone che fanno il nostro stesso lavoro, mentre per lei, forse, suonano come incarico professionale, consulenze da pagare - e a chi -, certezza o meno del controllo politico su queste azioni. Sorride, quasi pietosa verso di noi. Penso tra me che sia più imbarazzata per la nostra patente ingenuità, di cui non sa percepire il significato metodologico e l'autentica ispirazione democratica, che mossa da una stizza per il rimbrotto che si può leggere dietro le nostre perorazioni le quali, a loro volta, sono fatte di contenuti e metodi che, probabilmente, le risuonano in testa come condimenti e non come sostanze, parola da usare nella retorica, non ossa o carne del lavoro vivo a cui prestare attento ascolto nel merito. La comunicazione è comunque zoppa, priva di fluidità, mancante di un linguaggio effettivamente comune.
Sono in bilico tra disperazione, dedizione nel cercare comunque uno spiraglio comunicativo e stizza. Le raccontiamo di altri luoghi in cui i responsabili politici d'istruzione e formazione hanno lavorato a lungo per creare offerta formativa per adolescenti esclusi. Le facciamo esempi nostrani e stranieri, le indichiamo i punti critici. Suggeriamo di riflettere insieme. Sente, ma non ascolta. Poi le raccontiamo dei ragazzi e delle loro storie, le diciamo che le risorse adulte competenti vanno preparate e attivate e che non basta annunciare la formazione perché questa sia efficace ed efficiente, perché i ragazzi vanno incontrati su un piano che è quello educativo e ciò è difficile in generale e, ancor più, oggi. (...) Ho dentro un sentimento e stento ad attribuirgli una parola. Alla fine ci riesco. La parola è onore. C'è uma mancanza di onore - mi dico - in questapolitica incapace di fronte ai compiti educativ, testarda nella perenne, stupida difesa di sé, tanto che si fa nemica di chi, a parole, vorrebbe favorire e distante da ogni vera innovazione.


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