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Il Manifesto-Sciopero

Sciopero VALENTINO PARLATO La situazione (l'incubo della guerra attesa) non dà spazio alla retorica, ma proprio per questo la giornata di oggi, nel nostro paese, è di straordinaria importanza per...

21/02/2003
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il manifesto

Sciopero
VALENTINO PARLATO
La situazione (l'incubo della guerra attesa) non dà spazio alla retorica, ma proprio per questo la giornata di oggi, nel nostro paese, è di straordinaria importanza per quel che sarà e per quel che dirà. Non a caso la grande stampa e le Tv hanno messo il silenziatore. Oggi la Cgil, da sola, ha dato l'indicazione di uno sciopero di quattro ore dei sei milioni e mezzo di lavoratori dell'industria. La Fiom, anche lei da sola, ha raddoppiato: otto ore di sciopero per tutti i metalmeccanici, che sono il nucleo forte dei lavoratori dell'industria.

Questa giornata di sciopero - lo ha ripetuto Guglielmo Epifani sul nostro giornale di ieri - è contro il declino economico e per i diritti dei cittadini lavoratori. I due obiettivi si tengono, come ai tempi del piano del lavoro di Di Vittorio e degli scioperi alla rovescia, dei quali si è persa la memoria: le crisi, o più eufemisticamente i declini, sono, storicamente, un passaggio critico che può vedere la crescita o la demolizione dei diritti.

Siamo a un confronto drammatico, forte, che si pone in una fase di grande trasformazione dell'industria e del lavoro. Una trasformazione che, come in vario modo altre volte nel passato, ha indotto il colto e l'inclita a decretare la fine del lavoro: per la stampa e le Tv di ieri, salvo poche e meritevoli eccezioni, questo sciopero non è esistito, le previsioni del tempo hanno avuto più spazio. Questo è il dato della cultura dominante: il lavoro non c'è più e può essere anche inquinante. Lo sciopero di oggi della sola Cgil e della sola Fiom è anche un importante momento di una battaglia culturale, di illuminazione del reale, non dico contro il pensiero unico, ma piuttosto contro il pensiero accondiscendente ai poteri forti, a chi comanda e non più dirige: l'accanita e pervicace ricerca della guerra è sintomo di questa crisi di egemonia. Il "declino" è anche il sintomo evidente dell'incapacità di promettere premi e promozioni ai subalterni.

Questo di oggi - e per questo è importante e anche rischioso - è - si può dire - uno sciopero di civiltà contro la demolizione dei diritti dei cittadini lavoratori che le varie deleghe al governo Berlusconi stanno attuando. E' anche uno sciopero contro la guerra, in profonda continuità con le grandi manifestazioni del 15 febbraio: la guerra oggi sarebbe causa di accentuato declino economico (non sono più tempi di keynesismo bellico) e di limitazione dei diritti.

La giornata di oggi è difficile: scioperare quando il declino mette a rischio il posto di lavoro e consente alla Confindustria (basta vedere il proclama presuntuosissimo di Antonio D'Amato sul Sole 24 Ore di ieri) di rivendicare la massima flessibilità delle schiene dei lavoratori, è un atto di coraggio civile, che va molto oltre la corporativa difesa dei propri interessi. Ma questa giornata può essere, è, un inizio: è la scesa in campo dei lavoratori dell'industria, quelli che fanno, producono le cose senza delle quali non avremmo di che vivere. Questo secolo, nonostante i lampi di guerra, forse sta cominciando bene.


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