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Il Centro-La scuola sta morendo

La scuola sta morendo Vent'anni fa, il rapporto Gardner, dal titolo "A nation at risk" (Una nazione a rischio) lanciava l'allarme sul degrado della scuola americana: "Le fondamenta del nostro sis...

28/05/2003
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Il Centro

La scuola sta morendo

Vent'anni fa, il rapporto Gardner, dal titolo "A nation at risk" (Una nazione a rischio) lanciava l'allarme sul degrado della scuola americana: "Le fondamenta del nostro sistema educativo vengono progressivamente erose da una crescente mediocrità, che minaccia il nostro stesso futuro come popolo e come nazione". Non pare che, da allora, la situazione sia andata migliorando. L'allarme è rimasto sostanzialmente inascoltato. La classe politica statunitense, che guida la nazione-leader mondiale, non sembra interessata ai temi culturali. Si parla tanto di democrazia da esportare, ma non si tiene conto della necessità e dell'importanza di ridurre il tasso di analfabetismo o di analfabetismo di ritorno nelle nazioni in via di sviluppo e in quelle tecnologicamente avanzate.
C'è un interrogativo che pone Huntington, nel suo celebre e discusso saggio di geopolitica, "Lo scontro delle civilità": "La modernizzazione ha generalmente accresciuto il livello materiale della civiltà in tutto il mondo. Ma ha accresciuto anche la sua dimensione morale e culturale?". Huntington risponde: "In tutto il mondo, la civiltà sembra sotto molti aspetti cedere alla barbarie, dare vita ad un fenomeno senza precedenti, l'avvento di un Medioevo barbarico su tutta l'umanità".
La recente guerra in Iraq appare come l'inizio di questo nuovo Medioevo:la forza prevale sulla ragione, la brutalità sulla cultura. D'Altronde lo stesso livello culturale dell'attuale presidente degli Usa, George W. Bush, non è commisurabile con l'altezza del suo ruolo. Sono stati scritti libri sulle sue carenze culturali. E non è certamente il ricorso alla forza bruta, nè l'abbondanza delle armi di distruzione di massa che possono supplire la carenza di cultura. Già nella saggezza orientale del terzo secolo avanti Cristo, contenuta nel Tao Tê-Ching, si diceva: "le armi sono strumenti di disgrazia e non strumenti dell'uomo nobile".
La formazione culturale si colloca tra i primi posti nella classifica dei valori. Perchè "comprendere" significa in qualche modo appropriarsi delle cose. Non per nulla nel racconto biblico contenuto nella Genesi Dio mostra all'uomo le cose create "per vedere come le avrebbe chiamate". Perchè dare il nome era il segno della superiorità di Adamo sul creato. E l'uomo si realizza solo se pone in atto tutte le sue capacità intellettive.
Proprio per questo nasce la scuola. In greco "scholé" da cui "scholàzein" signifiriposarsi, avere tempo di occuparsi di qualcosa per divertimento, ricreazione mentale. Nella condizione di assoluto riposo, nella contemplazione della realtà circostante si sviluppa la capacità di meravigliarsi ("thaumazein") di fronte alla bellezza (o allo scempio) della natura. Così naque e rinasce la filosofia, madre e figlia primogenita della scuola.
Con la riforma Moratti, che Silvio Berlusconi con la sua connaturale arte da pubblicitario ha spacciato come riforma storica, collocandola al livello della riforma-Gentile, la scuola italiana, già terribilmente in crisi, si avvia sempre più verso la decadenza. Una scuola che si basa su una concezione aziendalistica e riduce il sapere a formule banali (le famose e famigerate tre i: impresa, informatica, inglese) non ha lungo respiro. Per di più l'aria che circola in questi tempi nella scuola italiana è palesemente asfittica. Presidi e insegnanti si sentono disamorati e impotenti di fronte a gravi problemi della gestione scolastica, della formazione di classi che diventano sempre più numerose, d'un orario di lezione che aumenta in continuazione.
E non solo. si aggiunga anche un taglio ideologico di stampo "produttivistico". Che la scuola sia considerata come strumento ideologico a servizio del potere non è una novità. Da quando è diventata istituzione statale, la scuola è venuta sempre più confermandosi alle linee politiche dei governi in carica. Molti osservatori sostengono che la scuola sia il principale apparato ideologico dello Stato. Se poi un governo, come quello berlusconiano, riesce a stabilire buoni rapporti con la Chiesa, finanziandone le scuole, il totalitarismo ideologico è assicurato.
Resta il fatto che la scuola, se vuole essere tale, non può strutturarsi come un'azienda e l'insegnante non è un "dipendente" ma un "cervello pensante", non valutabile col metro dell'orario di lavoro. L'insegnante è un amante del sapere, un esperto della ricerca un "curioso" incorregibile, perchè pensare è non lasciarsi ingannare. E' questo stile di vita che l'insegnante, più o meno consapevolmente, trasmette agli alunni.
Perchè la scuola la fanno i docenti. Senza dimenticare quel che diceva Seneca: "docentes dum docent discunt". Una scuola libera e aperta ha il compito di smascherare ogni forma di inganno. Questa, la scuola di cui abbiamo bisogno.


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