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«Il bonus di Renzi ai docenti azzera i sindacati»

Sandra Ragionieri Scotti, ex preside di uno degli istituti superiori più grandi della Toscana, autrice de «La scuola di Renzi è davvero buona?»: «Il “bonus dei 200 milioni di euro che i dirigenti scolastici useranno per premiare il merito potrà essere usato per cancellare la contrattazione sindacale». «A questa riforma manca un progetto culturale che valorizzi l’insegnamento e formi lo studente in quanto persona»

23/05/2015
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il manifesto

Per diciotto anni alla guida di uno tra i più grandi isti­tuti supe­riori della Toscana, il Rus­sell New­ton di Scan­dicci, nel pam­phlet «La scuola di Renzi è dav­vero buona?» (Dis­sensi edi­zioni) San­dra Ragio­nieri Scotti sostiene che i pro­blemi del Ddl appro­vato alla Camera non deri­vano tanto dai super-poteri attri­buiti al «pre­side mana­ger», quanto dalla man­canza di un pro­getto cul­tu­rale che valo­rizzi l’insegnamento e formi lo stu­dente in quanto persona.

«I poteri del diri­gente sco­la­stico andreb­bero pre­ci­sati al di là delle enfa­tiz­za­zioni di una parte o della dema­go­gia dell’altra– afferma l’ex diri­gente sco­la­stico, oggi scrit­trice – Le fun­zioni attri­buite oggi dal Ddl non dif­fe­ri­scono in modo così forte da quelle pre­vi­ste dalla nor­ma­tiva del 2001, salvo la pre­ro­ga­tiva di indi­vi­duare una parte dei docenti, quelli che entre­ranno in ruolo e saranno iscritti negli albi ter­ri­to­riali, che andranno ad aggiun­gersi all’organico asse­gnato all’Istituto dagli Uffici sco­la­stici regionali».

Una dif­fe­renza non da poco.
Rispetto alla valo­riz­za­zione del merito del per­so­nale, anche il con­tratto nazio­nale già pre­vede la valo­riz­za­zione del per­so­nale. Il pre­side fa la pro­po­sta alla Rsu sulla ripar­ti­zione dei fondi per incen­ti­vare il per­so­nale. Ciò che c’è di nuovo è la pos­si­bi­lità di indi­vi­duare tra i docenti quei pochi ai quali spet­terà il cosid­detto «bonus dell’eccellenza» da 200 milioni di euro, senza che si pre­veda una con­sul­ta­zione delle rap­pre­sen­tanze sindacali.

Quanto per­ce­pirà ogni isti­tuto?
Poco più di 20 mila euro lordi, cioè 14–15 mila euro netti. Con que­sti numeri si incen­tiva poco o nulla. Per darle una pro­por­zione, nel mio ultimo anno di lavoro ho distri­buito 180 mila euro lordi per il per­so­nale inse­gnante e per quello ammi­ni­stra­tivo. Anche sugli aspetti eco­no­mici, oltre alla man­canza più grave, l’adeguamento degli sti­pendi a quello dei paesi euro­pei, alla base del Ddl vedo un’incoerenza. Ini­zial­mente era pre­vi­sto che la car­riera del docente fosse legata al merito. Un ele­mento poi caduto forse in quanto impo­po­lare. È rima­sto invece que­sto bonus che però lascerà il tempo che trova.

Il bonus can­cel­lerà la con­trat­ta­zione sin­da­cale?
Quando ho letto il dispo­si­tivo sono sal­tata sulla sedia: il ruolo del sin­da­cato sosti­tuito dal parere del Comi­tato di valu­ta­zione… Que­sta norma apre la strada ad un azze­ra­mento della con­trat­ta­zione che non con­di­vido. Trovo abba­stanza dif­fi­cile che geni­tori, stu­denti e due docenti eletti dal con­si­glio di isti­tuto pos­sano entrare nel merito della valu­ta­zione delle com­pe­tenze dei docenti.

È un modo per can­cel­lare il fondo che incre­menta il salario-base?
Sarebbe molto grave. Fino ad oggi il merito dei docenti è stato valo­riz­zato attin­gendo al Fondo di incen­ti­va­zione del per­so­nale. Dopo i tagli alla scuola del governo Ber­lu­sconi dal 2008 è pas­sato dal miliardo di euro del 2010 ai 500 milioni del 2014. Così facendo è venuta meno la pos­si­bi­lità di rico­no­scere al per­so­nale un sala­rio aggiun­tivo, una delle con­di­zioni che ha reso pos­si­bile in que­sti 15 anni, alle scuole che hanno voluto e saputo farlo, di rea­liz­zare l’autonomia sco­la­stica. Va ricor­dato che in que­sto fondo sono com­prese le somme per rea­liz­zare i corsi di recu­pero neces­sari per aggre­dire il feno­meno della disper­sione sco­la­stica. Nella scuola che ho diretto abbiamo inve­stito oltre 100 mila euro all’anno per que­sti corsi. Per i tagli le scuole si sono tro­vate nell’impossibilità di offrire agli stu­denti que­sti inter­venti didat­tici, se non in misura vera­mente mini­male. La verità è che stiamo assi­stendo ad un disin­ve­sti­mento forte da parte dello Stato nella scuola pubblica.

Que­sto fondo è stato rifi­nan­ziato.
Per un miliardo per il 2015, ma è una par­tita di giro rea­liz­zata tra­mite tagli con­si­stenti di somme desti­nate alla scuola e all’università.

La pos­si­bi­lità che un pre­side assuma i docenti crea il rischio di clien­te­li­smi?
Così come si dovrebbe ripen­sare alle moda­lità di sele­zione dei docenti, veri­fi­cando l’attitudine all’insegnamento, anche i diri­genti dovreb­bero essere scelti fra coloro che pos­seg­gono sicure doti per­so­nali e pro­fes­sio­nali per gui­dare orga­niz­za­zioni com­plesse. Un diri­gente sco­la­stico deve poi avere un alto senso civico e forte pre­di­spo­si­zione all’equità. Certo, non si può esclu­dere che anche in que­sta cate­go­ria ci pos­sano essere per­sone dalla mora­lità «non specchiata».

Non è un modo per vin­co­lare i docenti al destino del pre­side?
Non credo, la qua­lità di una scuola dipende da un bravo diri­gente, ma soprat­tutto dalla pre­senza di bravi inse­gnanti che lavo­rano con pas­sione e com­pe­tenza e in armo­nia con lui. Il pro­blema è che il Ddl non dà valore né dignità all’insegnamento.

Per quale motivo?
Per­ché non esi­ste un dise­gno cul­tu­rale com­piuto che affronti i pro­blemi della scuola . Si dovrebbe inve­stire molto sulla cre­scita pro­fes­sio­nale dei docenti cor­re­lata all’acquisizione di metodi di inse­gna­mento effi­caci. Si dovrebbe ini­ziare a lavo­rare per creare una cul­tura della respon­sa­bi­lità del risul­tato nella pro­fes­sio­na­lità dei docenti affin­ché siano loro per primi a scom­met­tere sul pro­prio lavoro e a pun­tare al miglio­ra­mento dei risul­tati. Il Ddl sor­vola su que­sti pro­blemi. Il sistema sco­la­stico è ancora troppo con­cen­trato sul «che cosa» inse­gnare e non sul «per­ché» si inse­gna. Il risul­tato è una scuola dove gli inse­gna­menti sono spesso par­cel­liz­zati ed è disat­tesa la pri­ma­ria fun­zione for­ma­tiva dello studente.


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