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I ricercatori restano sulle barricate: pochi fondi e assunzioni a singhiozzo

o Stato deve ricollocare 2 mila dipendenti ma sono in arrivo altre migliaia di eccedenze.

28/02/2016
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Il Messaggero

LA PROTESTA
ROMA La ricerca italiana alza la voce e si fa sentire anche in Europa. I docenti chiedono maggiori fondi e assunzioni e, continuando la protesta, boicottano la valutazione incassando l'appoggio degli studenti. Si infiamma la primavera universitaria. Tanto che sulla rivista Nature, lo scorso 4 febbraio, è stata pubblicata una lettera a firma di 69 esperti nella ricerca tra cui Giovanni Ciccotti, Duccio Fanelli, Vincenzo Fiorentini, Giorgio Parisi e Stefano Ruffo. Il messaggio è chiaro: i ricercatori fanno appello all'Unione europea affinché chieda maggiori fondi al governo italiano.
Per rimettere in moto un sistema fermo al palo. Sotto accusa i finanziamenti. Il fisico Parisi, promuovendo la petizione online «Salviamo la ricerca italiana» che ha già raccolto 50.700 firme, prende come esempio lo stanziamento dei 92 milioni di euro per i bandi Prin, i Progetti di rilevante interesse nazionale: «sono troppo pochi e arrivano troppo tardi, specialmente se paragonati al bilancio annuale dell’Agenzia della ricerca scientifica francese che si attesta su 1 miliardo l’anno».
TEMPI LUNGHI
In settimana intanto è partito il piano per le assunzioni straordinarie, autorizzate dai decreti del ministro all'istruzione Stefania Giannini, per 861 ricercatori di tipo B, che diventeranno ordinari dopo il primo triennio, e per altri 215 negli enti di ricerca vigilati dal Miur con uno stanziamento di fondi pari a 8 milioni di euro per il 2016 e di 9,5 milioni a decorrere dal 2017. «Un primo passo – ha commentato il ministro - in un Paese che non prevedeva un reclutamento simile da molti anni». Inoltre il Miur è intenzionato a varare un nuovo piano nazionale per la ricerca entro il mese di marzo. Più rigidi nel giudizio, invece, gli universitari: «Sono briciole - assicura Marco Merafina, astrofisico della Sapienza e presidente del Coordinamento nazionale dei ricercatori – in due anni il numero dei ricercatori è stato falciato, passando da 24mila a 16mila unità. Soprattutto per i pensionamenti e il blocco del turn over. Nello stesso periodo anche gli ordinari sono diminuiti da 18mila a 12mila professori. Purtroppo le assunzioni straordinarie sono interventi tampone che non salveranno il sistema universitario. Serve una programmazione annuale con bandi cadenzati come avviene in Francia da tempo, ad esempio».
CONTAGIO
Sul piede di guerra anche gli studenti. Secondo l'Unione degli Universitari il piano per i ricercatori impatterà mediamente solo per l’1,8% in più sugli organici delle università: «le percentuali - spiega il coordinatore nazionale Jacopo Dionisio - variano dall' 1,18% dell’Università di Messina al 3,14% dell’Orientale di Napoli. Gli 861 ricercatori sono ripartiti seguendo le stesse logiche e con gli stessi effetti: 409 andranno alle università del Nord, 206 alle università del Centro mentre solo 245 verranno assunti nelle università del Sud. Eppure, dal 2010 ad oggi, sono stati persi nelle università ben 7503 tra ricercatori, professori associati e ordinari». Un dato allarmante soprattutto se legato al calo degli immatricolati che, dal 2010/2011 al 2014/2015, sono diminuiti di oltre 25.500 unità. Intanto sta perdendo quota la valutazione della qualità della ricerca: si tratta della vqr, per il triennio 2011-2014, a cui in questi giorni viene meno la collaborazione di docenti e ricercatori. Il termine ultimo per presentare i lavori legati alla ricerca da parte dei singoli dipartimenti è stato prorogato dal 29 febbraio a metà marzo. Due settimane di tempo in più per raccogliere il maggior numero di adesioni, mai così poche come quest'anno. Ad oggi, infatti, il 20% tra docenti e ricercatori boicotterà la valutazione: uno su 5 non si farà giudicare.
Lorena Loiacono


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