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I falsi miti e le comiche delle lezioni a distanza

Habemus Corpus. Diciamolo chiaro. Gli insegnanti che nel giro di pochi giorni hanno dovuto spostare le lezioni dalle classi al web meriterebbero non una medaglia, ma un robusto aumento di stipendio

07/04/2020
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il manifesto

Diciamolo chiaro. Gli insegnanti che nel giro di pochi giorni hanno dovuto spostare le lezioni dalle classi al web meriterebbero non una medaglia, che quella puoi solo appenderla al muro, ma un robusto aumento di stipendio, visto che sono pure fra i meno pagati d’Europa. Anche molti genitori stanno facendo la loro parte perché se hanno un lavoro da fare in remoto, due figli che devono connettersi alle stesse ore, un solo computer e tre stanze, ogni mattina si apre la trattativa su chi va in camera, in soggiorno, in cucina o in ingresso. Ma i veri pionieri sono i docenti che, dall’oggi al domani, si sono trovati a far lezione dal loro salotto, con relativi figli che devono connettersi per le relative lezioni o che ti chiamano per dirti che è finita la carta igienica, mentre tu sei con i tuoi studenti che non ti vedono più nel ruolo formale, ma nell’intimità di casa tua. Questa cosa è come un coltello con doppia e affilatissima lama perché, se da una parte la barriera che cade può creare coesione, dall’altra rischia di togliere al docente la necessaria distanza data dal ruolo.
Enrico Galiano, scrittore, friulano, ideatore della web serie di successo Cosedaprof e insegnante in una scuola di periferia, dopo aver invitato i suoi colleghi a raccontargli la cosa più assurda, strana o divertente accaduta con la didattica a distanza, detta anche DAD, ha condensato quelle esperienze in un video esilarante intitolato Le meraviglie della Didattica a Distanza.

OGNI POLITICO o esperto che si riempie la bocca con la bellezza delle video lezioni dovrebbe vederlo per capire che, come sostiene Galiano, «Non si può insegnare a distanza. Istruire, sì. Inoltrare informazioni, certo. Trasmettere nozioni, anche. Ma insegnare è un’altra cosa. Insegnare non è accendere un desktop o un cellulare, ma accendere idee, fare domande, svegliare dubbi, far passare la luce. Senza contare che un buon quarto dei nostri studenti non possiede computer e/o non possiede internet a casa e/o non possiede cellulari costruiti dopo il 2006».
Il video che ha girato lo dimostra bene. Sembrerà assurdo, ma una delle cose più estenuanti della DAD è l’appello che può prendere anche mezz’ora perché un ragazzo non si vede, l’altro si sposta, l’altro si è sconnesso, un altro ancora è in ritardo. Quando finalmente si inizia, immancabilmente salta su uno che dice: «Prof. posso andare in bagno?». Ma benedetto ragazzo non hai nemmeno dovuto uscire di casa, hai il wc a un metro, proprio adesso? Oppure c’è quello che all’improvviso si spoglia davanti all’insegnante che grida: «Ma che fai???»

E LUI: «Prof, scusi, pensavo di essere fuori campo. Mi stavo cambiando per la lezione». Oppure il docente chiede: «Ma dov’è andato Giuseppe?». Quando l’assente finalmente compare, dietro di lui si sente una spernacchiata di tromba. La docente chiede conto e il tapino risponde: «Scusi prof, ma siamo in quattro e mio fratello ha deciso di suonare proprio adesso». Non parliamo poi dei genitori che, nascosti dietro al computer, suggeriscono: «Guarda che ha detto when non where», facendo fare al figliolo una figura barbina. E questi sono solo alcuni fra i tanti esempi perché c’è di peggio, come quella lezione interrotta in fretta e furia dalla docente perché uno dei ragazzi in collegamento aveva fatto partire un video porno.
Una cosa positiva però si intravvede. Tutti hanno detto di avere una gran voglia di tornare in classe fisicamente. Qualcuno ha pure promesso che studierà come un matto e prenderà tutti nove e dieci, basta che il virus se ne vada. Sui nove e sui dieci non avanziamo pretese. Anche un sette va bene.

mariangela.mianiti@gmail.com


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