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I corsi a distanza nuovo «oro nero» del mondo digitale

Continueremo ad avere paura, e a tentare di fronteggiare la peste che è scoppiata tra noi. Ma per farlo avremo sempre più bisogno degli strumenti e opportunità straordinari che la Rete ci offre. Insieme ai rischi.

21/04/2020
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Il Sole 24 Ore

Mauro Calise

Appena due mesi fa, pensavamo che il mondo virale fosse quello dei social network. Era quella la pandemia che aveva cambiato il nostro Dna, trasformandoci in pròtesi umanoidi dei nostri smartphone, tablet e computer. Oggi viviamo rintanati in casa, aspettando di poterci risvegliare dall’incubo del virus biologico che sta mettendo sottosopra il pianeta. E cerchiamo di scrutare il futuro, per capire come diventeremo: come persone, come società, come universo. La chiave – semplice da enunciare, ma complicata da quantificare – è che nel mondo che verrà – e sta già venendo - entrambi i virus saranno più forti. Continueremo ad avere paura, e a tentare di fronteggiare la peste che è scoppiata tra noi. Ma per farlo avremo sempre più bisogno degli strumenti e opportunità straordinari che la Rete ci offre. Insieme ai rischi.

E-mondo digitale in espansione

I numeri del virus digitale, erano già galattici prima. Oltre 4 miliardi di internauti (raddoppiati negli ultimi anni), 2,5 sui social network, l’Asia che già conta per metà e, in un paio d’anni, rappresenterà due terzi della popolazione connessa. Il cambiamento di questi mesi – un altro salto quantico nella connettività digitale – riguarda il volume dei dati. Fate un calcolo su quante ore, e quante informazioni, state consumando in questi giorni rispetto a prima della crisi. E avrete il moltiplicatore esponenziale della crescita dell’infosfera. Il mondo su cui ci stiamo affacciando è un e-mondo all’ennesima potenza.

Questo e-mondo non sarà solo più grande e sempre più invasivo, sarà anche profondamente diverso. Ci saranno settori in crisi – basta pensare ai siti per i viaggi, da quelli per i biglietti aerei a quelli per le case vacanze – e altri che esploderanno. Il Sole 24Ore ha dedicato una guida alla crescita dello smart working, spiegando come sia complesso farlo funzionare a regime. E come fare in modo che diventi un’occasione di miglioramento e di crescita, e non la gabbia in cui molti di noi spesso si sentono rinchiusi, artefici – più o meno volontari – del proprio supersfruttamento. Lo stesso accadrà per l’e-learning. Una opportunità senza precedenti di arricchimento culturale di massa. Che potrebbe dare una bella spinta all’aforisma di Lord Byron: «Che ognuno possa diventare il suo Aristotele». Ma, anche in questo caso, dipenderà molto dalla capacità di scegliere gli strumenti giusti. Privilegiando, rispetto all’emergenza inevitabile di queste settimane, le strategie che possono coniugare la quantità con la qualità. Formazione multimediale d’eccellenza su larga scala a costi bassissimi: è questa la frontiera dell’e-learning su cui dobbiamo puntare.

Il settore della distance education era già in rapidissima crescita. L’unico limite era il suo sdoganamento, una «alfabetizzazione di massa» all’apprendimento elettronico. Proprio ciò che è avvenuto nel volgere di poche settimane. Grazie a questa fusione a caldo, ci sono le condizioni per un boom fino a pochi mesi fa imprevedibile. Guardiamo i numeri già operativi prima della pandemia, partendo dalla novità - e dal format - più eclatante e dirompente: i Mooc, i Massive open online courses. Lanciati nel 2011 da Stanford con un corso di intelligenza artificiale che attrae, in poche settimane, 160mila utenti globali, i Mooc possono contare, all’inizio del 2020, su più di 110 milioni di iscritti. Distribuendo ad accesso gratuito 15mila corsi prodotti dai più prestigiosi atenei. Negli articoli di questa guida troverete una ricognizione dettagliata di un fenomeno che sta rivoluzionando l’idea stessa di apprendimento. Vediamo le quattro chiavi di lettura – il poker d’assi – che spiegano perché il nuovo «oro nero» dell’infosfera sarà l’e-learning.

Open access anytime & anywhere

Il primo fattore spartiacque è l’open access, l’accesso libero. È stato determinante per sfondare all’istante in tutti i social. Potere avere in presa diretta i docenti dell’Ivy League, senza sborsare una lira! Ma apertura ha significato anche un’altra fondamentale conseguenza: che scendevano in campo i migliori. Quelli disposti a metterci la faccia, a farsi giudicare e a competere con gli altri specialisti del ramo. Risultato: oggi, a disposizione dei learner di tutto il pianeta, c'è il meglio del know-how accademico internazionale.

Il secondo fattore è il formato asincrono delle lezioni. La possibilità di progettare e sviluppare un corso multimediale di qualità – prima con l’instructional design, poi negli studi di ripresa audio-video – e metterlo a disposizione del discente anywhere e anytime. Al confronto della didattica streaming proliferata in queste settimane, semplicemente un altro pianeta. Come il super8 per la festa di compleanno rispetto al cinema per il pubblico di massa. Le piattaforme di videoconferenza prestate in fretta e furia alla didattica riescono a malapena a trasmettere – con tutti i limiti del digital divide – una lezione pensata per l’aula. Ed erogata con l’improvvisazione di docenti – e studenti – impreparati. Ma grazie a questa sperimentazione a tappeto, finalmente c’è la spinta sociale per produrre su scala ben più ampia la formazione di qualità cui tutti – studenti e lavoratori – hanno diritto.

Smart learning per la formazione permanente

Una sinergia enormemente agevolata dal terzo asso: la modularità, flessibilità e – ecco un neologismo – stackability di cui il mercato ha bisogno. Una volta che sono disponibili gli ingredienti base prodotti dai migliori docenti del mondo, potete riassemblarli, integrarli, upgradarli, finalizzarli alle esigenze di un target diverso. Trasformandoli nei professional packages e master tracks che servono ai vari segmenti del mondo del lavoro cui l’innovazione tecnologica sta imponendo una rivoluzione formativa permanente.

E qui veniamo al quarto asset strategico. Il business model per fare entrare – e restare – l’e-learning 5.0 in ogni casa e azienda è un modello misto, pubblico-privato. È fondamentale che il know-how ce lo mettano le università pubbliche, soprattutto in Europa dove restano l’avanguardia della ricerca scientifica. Cambiando radicalmente l’ottica didattica, non più chiusa nelle proprie mura accademiche, ma – nello spirito della Terza missione – messa a disposizione di tutti. I mediatori di questa transizione non possono che essere le imprese. Sia attrezzandosi al proprio interno per conoscere e utilizzare al meglio questo straordinario potenziale, approfittando che una parte importante degli investimenti ricade sull’istruzione statale. Sia diventando esse stesse le startup dello smart learning.

Un colpo d’ala

Per fare decollare in tempi brevi una svolta di questa portata, sarà fondamentale – a livello di governo – la consapevolezza e l’iniziativa per un raccordo istituzionale. Valorizzando il contributo pubblico, ed evitando che un obiettivo strategico per il futuro del nostro paese diventi il terreno di caccia delle solite multinazionali che detengono il controllo delle infrastrutture di rete. Qui non è in gioco soltanto una vitale partita sulla privacy. Si tratta di decidere le policy con cui vincere la sfida più difficile, quella per l’egemonia culturale. La sola in grado di proteggere i nostri valori, e fare rinascere e crescere la fiducia nel futuro. Mai come in questo caso, l’e-distance deve farci sentire tutti più vicini.

Direttore Federica Web Learning


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