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GdM-La scuola rimotivi i ragazzi

L'INCHIESTA Abbandoni, ritiri e frequenze irregolari, serve una strategia di recupero da parte degli istituti "La scuola rimotivi i ragazzi" Il prof. Pagano, Università di Bari, commenta i dat...

29/07/2003
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La Gazzetta del Mezzogiorno

L'INCHIESTA
Abbandoni, ritiri e frequenze irregolari, serve una strategia di recupero da parte degli istituti
"La scuola rimotivi i ragazzi"
Il prof. Pagano, Università di Bari, commenta i dati sulla dispersione

Abbandoni, frequenze irregolari, ritiri degli alunni (la cosiddetta area a rischio) all'1,89% nella scuola elementare (in crescita negli ultimi tre anni), al 4,45% nella scuola media (in crescita), all'11,34% al superiore (sempre in crescita). Respinti lo 0,15% degli alunni nella scuola elementare (trend in salita rispetto allo scorso anno), il 3,15% nella media (in lieve flessione rispetto allo scorso anno), l'11,13% al superiore (anche qui in lieve flessione rispetto allo scorso anno con una forte accentuazione del problema nel biennio).
Sono i dati dell'"emergenza sociale" emersi dall'annuale rapporto sulla dispersione scolastica elaborato dal Csa, il Centro servizi amministrativi (l'ex Provveditorato agli studi). "Sono dati inquietanti - commenta il professor Riccardo Pagano, tarantino, docente di Storia della Pedagogia presso la Facoltà di Scienze della Formazione a Bari -. Inquietanti perché, mentre il numero degli alunni diminuisce, aumenta la percentuale dell'area degli studenti a rischio".
Prof. Pagano, cosa legge in questi dati?
"Intanto, andrebbe fatta una lettura dei valori assoluti e poi scuola per scuola per capire la storia di ciascuna scuola, appunto. Come osservatore, capisco che i problemi non sono stati affrontati e le carenze sono sempre tante. Da parte del sistema scuola non c'è stata una risposta alle esigenze".
L'attenzione pare focalizzarsi al primo anno del superiore. Per esempio, l'Ipssar di Crispiano registra il 40,80% di respinti.
"Si tratta di ragazzi provenienti da alcune aree territoriali che scelgono percorsi di ripiego dell'istruzione professionale, ragazzi particolari che a scuola preferirebbero non andare".
Cosa non ha funzionato in particolare?
"Soprattutto l'alternanza tra scuola e lavoro, già prevista dalla riforma Berlinguer. Oggi la riforma Moratti prevede percorsi alternativi per quell'utenza che deve essere incanalata verso attività professionali, salvo poi ad essere recuperata nella scuola.
E cosa si ricava leggendo i dati di ogni singola scuola?
"Le scuole non creano le condizioni per la didattica curricolare ed extracurricolare per attirare i ragazzi, dando una risposta carente ad una domanda debole sul piano della motivazione. E' la scuola che deve recuperare la motivazione di quei ragazzi che si trovano di fronte a qualcosa che a loro pare insormontabile".
I docenti lamentano spesso, però, una carenza nella strumentalità di base ed addebitano al livello inferiore le responsabilità...
"Spetta alla scuola frequentata dall'alunno recuperare questa strumentalità. Il professionista dell'educazione è l'insegnante. Oggi non si può più demandare a nessuno. C'è sicuramente un problema di scarsa preparazione ricevuta in qualche segmento, ma ciò non giustifica e non esime dalle responsabilità. Altrimenti non solo si è carenti sul piano della progettualità curriculare, ma anche nelle strategie di recupero. Infatti, quando vedo il teatro finale dei progetti messi in campo dalle scuole, qualche dubbio mi viene. Mi chiedo: chi verifica se questi progetti abbiano funzionato veramente?"
Ci sarà pure un'attenuante per la scuola?
"Ce ne saranno tante di attenuanti, ma ciò non sottrae dalle responsabilità. Si tratta di un discorso che va costruito in continuità. Sul piano legislativo la scuola deve rispondere a queste esigenze. Non è un optional. La scuola deve garantire percorsi curriculari e strategie che consentano il recupero. Questo ci porta al dibattito oggi in atto: l'illusione del '900, l'idea della scuola per tutti era valida? Occorre probabilmente pensare ad una formazione per tutti, ma per forza nella scuola? A questa domanda non si possono dare risposte semplicistiche, o ancor peggio risposte ideologiche. Insomma c'è da interrogarsi sul ruolo e la funzione della scuola in questa società"
Qualche proposta?
"Certo non ci si può fermare ad una lettura burocratica dei dati. Occorre cercare di capire sino in fondo. Si potrebbe, ad esempio, istituire una commissione di studio che sia da interfaccia con le realtà a rischio. Occorre lasciar parlare i collegi dei docenti perché, sì, a queste problematiche dovrebbero rispondere le stesse scuole. La scuola, insomma, non deve esser più autoreferenziale, deve dar conto di quello che fa, non per essere valutata. Ma perché il beneficio è sociale ed il problema è un'emergenza sociale. Inoltre, occorrerebbe poter dare agli insegnanti la possibilità di avere un contatto con l'Università per un maggior scambio di esperienze ed una maggiore riflessione. Altrimenti non se ne esce".
Infine, un consiglio per i genitori: l'indice di selezione è un criterio di scelta?
"Ritengo che la selezione non sempre sia indice di serietà per la scuola. La scuola andrebbe valutata al suo interno. Non si può scegliere sul sentito dire, occorre capire se effettivamente le attività che si svolgono siano rispondenti alle esigenze della formazione dei ragazzi e se abbiano un valore educativo".


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