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GdM-I dubbi sulla riforma Moratti: soldi e discriminazioni

L'INTERVENTO Non c'è solo il problema del "dualismo" Scuola, non più obbligo ma un diritto-dovere I dubbi sulla riforma Moratti: soldi e discriminazioni La Riforma Moratti è ormai legge e...

22/03/2003
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La Gazzetta del Mezzogiorno

L'INTERVENTO
Non c'è solo il problema del "dualismo"
Scuola, non più obbligo
ma un diritto-dovere
I dubbi sulla riforma Moratti: soldi e discriminazioni

La Riforma Moratti è ormai legge e per la scuola si dovrebbe aprire un momento di cambiamenti. Il condizionale è d'obbligo per due motivi: il primo si riferisce alla reale portata dei mutamenti previsti (tutti da verificare) e il secondo, invece, al fatto che naturalmente (quando si tratta di istruzione e sanità, purtroppo, è sempre così) mancano i soldi. Si sa già, infatti, che per quest'anno ci sarà ben poco da cambiare e se le risorse non verranno trovate (e di solito non vengono trovate, visto che per la scuola gli investimenti, salvo che miracolosamente per quella "privata", diminuiscono progressivamente), anche per i prossimi anni la riforma rimarrà una legge, un contenitore, senza decreti attuativi.
C'è una questione della riforma Moratti, comunque, che va ripresa, sottolineata, anche perché se ne è parlato poco, visto che le pagine dei giornali sono state occupate prevalentemente dalle bocciature ogni biennio, dal ritorno del voto in condotta, della lingua straniera e computer in prima elementare, del maestro tutor. Una questione che è addirittura più importante di quella riguardante il sistema "duale" della scuola superiore, un sistema che separando i licei dalla formazione professionale, con una canalizzazione precoce, è a fortissimo rischio (praticamente una certezza) di discriminazione classista. E' la questione dell'"obbligo".
Il concetto di "obbligo scolastico" (che è previsto dall'articolo 34 della Costituzione Italiana) viene sotituito dalla riforma con quello del "diritto-dovere". In pratica, per tutti i ragazzi è previsto il diritto-dovere di seguire i corsi di istruzione o di formazione per almeno 12 anni e, in ogni caso, fino al conseguimento di una qualifica entro i 18 anni. Le famiglie, dunque, hanno il diritto di richiedere l'istruzione per dodici anni e lo Stato ha il dovere di fornire tale istruzione.
Si dirà: ma è la stessa cosa. Non è la stessa cosa. Del resto, se fosse stata la medesima cosa (come sostengono alcuni) non ci sarebbe stato motivo di cambiare il termine-concetto "obbligo" in quello di "diritto-dovere".
In cosa consiste, allora, la differenza? Non essendoci in pratica più l'obbligo (come prevede l'art. 34 della Costituzione), in realtà il ruolo centrale viene lasciato alla famiglia che dovrà di fatto esercitare il diritto-dovere. Tutto questo, alla lunga, porterà allo svuotamento di un altro articolo della Costituzione, vale a dire l'art.3, quello che prevede la Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
E cioè: l'esercizio di un diritto da parte delle famiglie risentirà sicuramente delle diverse possibilità economiche e culturali delle stesse famiglie e, quindi, anche la risposta dello Stato, che è un dovere, sarà condiziata da tale diversità. Il rischio, anche in questo caso altissimo, è quello delle discriminazioni. L'obbligo, invece, poneva lo Stato nella condizione di assicurare a tutti, e nello stesso modo, ciò che serviva a potenziare e migliorare l'istruzione dei cittadini.
Il "diritto-dovere" al posto dell'"obbligo" è, dunque, una sorta di cavallo di Troia che entra silenziosamente nella scuola pubblica.
Se non si dovesse intervenire, i drammatici risultati saranno chiari ed evidenti tra qualche anno. E, allora, non si potrà che dar ragione alle Cassandre che oggi lanciano l'allarme sul cavallo che sta entrando in città per distruggerla. Cavallo che, come avvenne a Troia, viene fatto avanzare addirittura festosamente. Tra lo stupore e l'amarezza di chi coglie già sinistri presagi.


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