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Gazzetta di Reggio-FINANZIARIA 2003: GAS NERVINO PER PARALIZZARE GLI ENTI LOCALI

DIBATTITO FINANZIARIA 2003: GAS NERVINO PER PARALIZZARE GLI ENTI LOCALI di Lino Zanichelli * Il governo sta lavorando sul maxi-emendamento per correggere la legge Finanziaria. Il commento di F...

01/11/2002
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Gazzetta di Reggio

DIBATTITO
FINANZIARIA 2003: GAS NERVINO
PER PARALIZZARE GLI ENTI LOCALI

di Lino Zanichelli *

Il governo sta lavorando sul maxi-emendamento per correggere la legge Finanziaria. Il commento di Formigoni, presidente della Lombardia, del centrodestra, è: "Non vedo soddisfatte le richieste delle Regioni". E se non è contento lui potete immaginare qual è l'opinione di Errani e di tutti coloro che puntano sul federalismo solidale come risposta ai problemi del nostro tempo. Questa non è una vertenza sindacale per avere qualche lira in più. Stiamo discutendo di un modello d'istruzione, di sicurezza e di sviluppo.
Un esempio, la Sanità: il governo nell'agosto del 2001 si era accordato con le Regioni per sanare le pendenze ed assicurare le risorse necessarie alle strutture sanitarie. Impegni non rispettati, in quanto da allora le Regioni italiane hanno accumulato un credito di 30.000 miliardi di vecchie lire, di cui 2.500 nella sola Emilia-Romagna, denaro che non passa dalle casse dello Stato a quelle regionali. La legge Finanziaria 2003 blocca poi ogni forma di federalismo fiscale, costringendo il settore sanitario a fare a meno di queste risorse. Gli ultimi governi di centrosinistra avevano riconosciuto alla nostra e alle altre Regioni un trasferimento adeguato, "pesato" in base alle caratteristiche della popolazione. La nostra Regione ha scelto il rigore nella gestione delle Ausl e Reggio, con Modena, è stata una delle province più rigorose nella gestione dei conti della sanità. Ebbene, le scelte del governo rischiano di vanificare questo lavoro, nella sanità come nella scuola, ove la Moratti annuncia con le fanfare la riforma, poi ripiega nella sperimentazione e taglia le risorse per il sostegno alle innovazioni e agli alunni con maggiori difficoltà.
Ho proprio l'impressione che il governo stia facendo una scelta precisa. Grandi annunci, la riforma della scuola, con l'inglese e i computer, gli ospedali moderni e la riduzione dei tempi d'attesa, la modernizzazione delle reti di mobilità, ecc. e nel contempo una Finanziaria piena di un "gas nervino" che paralizza lo stesso sistema locale a cui è richiesto di far fronte a quegli annunci. Per arrivare dove? Alla demolizione dello stato sociale e all'ingresso di forme private di assistenza. A scanso di equivoci vorrei ricordare quanto scrive Forza Italia nel suo programma elettorale del 2001: "Il "buono salute" deve essere riconosciuto al cittadino in modo che possa usufruirne in modo singolo o associato, in mutue o fondi, per acquistare servizi e prestazioni dalle strutture, pubbliche o private". E' chiaro? Risparmio il richiamo al "buono scuola": la sostanza è la medesima.
Noi siamo molto preoccupati, anche perché l'aspettativa di Tremonti di una crescita Pil del 2% non sarà rispettata e costringerà presto ad un aggiustamento dei conti che comporterà ulteriori tagli. Agire sugli sgravi fiscali con una mano e con l'altra tagliare la sanità, l'istruzione ed i servizi, è un'operazione demagogica "insostenibile".
Le difficoltà internazionali e la crisi in cui versa questo governo dovrebbe imporre una maggiore prudenza. Richiederebbe ad esempio il metodo usato dal presidente del Consiglio Ciampi a inizio anni '90: la concertazione con le parti sociali. Invece no. Si continua ad isolare la Cgil che non ha accettato il "patto per l'Italia", ma ha avuto una grande adesione nello sciopero del 18 ottobre, e si cerca di "anestetizzare" il ruolo degli Enti Locali. Così, però, non si colpiscono solo i lavoratori e le regioni rosse, ma si divide il paese, si acuiscono i problemi.
Io confido ancora in un sussulto di responsabilità nelle parti più moderate di questa maggioranza. Nel frattempo è importante che i cittadini, le categorie sociali, le associazioni, sappiano che stiamo battendoci per salvaguardare quel "modello sociale" che è alla base della nostra storia e del nostro futuro.

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