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Gazzetta di Parma-Dove sono libertà ed equità nella nuova riforma scolastica?

OPINIONI Dove sono libertà ed equità nella nuova riforma scolastica? Egregio Senatore Guasti, mi sento in dovere come insegnante e come genitore di rispondere alle sue osservazioni sulla...

05/05/2003
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Gazzetta di Parma

OPINIONI Dove sono libertà ed equità nella nuova riforma scolastica?
Egregio Senatore Guasti, mi sento in dovere come insegnante e come genitore di rispondere alle sue osservazioni sulla "riforma" scolastica appena approvata.
La mia non vuole essere nè una presa di posizione ideologica, nè una contestazione politica fine a se stessa, quanto piuttosto il punto di vista di chi da addetto ai lavori si è battuto e si batte per una scuola che garantisca qualità e pari opportunità per tutti. A riprova di quanto le sto dicendo, le garantisco che non sono mai stata entusiasta della riforma Berlinguer, che ho anzi duramente criticato.

Detto questo, vorrei esprimerLe tutta la mia perplessità riguardo ai cardini etici che Lei indica come basilari in questa "riforma" della scuola.

Innanzitutto, la libertà: in quale senso questa legge garantisca maggiore libertà ai docenti, mi risulta davvero arduo comprenderlo. Come insegnante, mi sentirei libera nell'esercizio della professione se potessi scegliere gli strumenti più adeguati a seconda delle diverse circostanze e delle diverse esigenze dei miei alunni. Ma per far questo, un insegnante ha bisogno di tempo per conoscere gli studenti e, se possibile, le loro famiglie e di continuità didattica, vale a dire della garanzia che per un determinato lasso di tempo, biennio o triennio che sia, potrà lavorare insieme ad un certo gruppo di studenti. Questa "riforma" procede esattamente nella direzione opposta: spezzetta le cattedre al solo ed unico scopo di "riempire" l'orario degli insegnanti; aumenta il numero di alunni per classe, impedendo i famosi e tanto decantati percorsi individualizzati che consentirebbero davvero la valorizzazione delle potenzialità di tutti i ragazzi ed il conseguimento di livelli di preparazione elevati per tutti; smembra ed accorpa gruppi classe al solo ed unico scopo di risparmiare sul numero dei docenti, pur introducendo una valutazione biennale che presupporrebbe al contrario un'irrinunciabile continuità didattica; aumenta la precarietà per l'intero corpo docente, anche per quello a tempo indeterminato; impedisce di fatto, sottraendo tempo ed energie alla progettualità, la riqualificazione professionale degli insegnanti.

La mia libertà come docente viene poi ancor più gravemente compromessa, nel momento in cui, come in questi ultimi mesi, si pensa di disciplinare e regolamentare dall'alto i contenuti e le modalità della didattica: penso in particolare alle pretese di controllo sui testi di storia, ma anche ad un ritorno al rigoroso insegnamento della grammatica, che tanto faticosamente abbiamo affrancato da una rigidità del tutto inutile e superata, almeno nella scuola superiore.

Ma passiamo alla libertà delle famiglie e degli studenti: fin dal prossimo anno scolastico, saranno di fatto aboliti tutti quegli indirizzi che non raggiungano almeno le venti iscrizioni. Ciò significa la chiusura di molti trienni di specializzazione soprattutto negli istituti tecnici ed artistici e la scelta, questa volta davvero obbligata, di una opzione indesiderata ovvero il trasferimento ad altra scuola superiore, magari assai distante da casa e scomoda da raggiungere. Non ci sarebbe davvero da stupirsi se molti ragazzi decidessero di uscire anticipatamente dal canale dell'istruzione in favore di quello della formazione professionale, piuttosto che doversi adattare ad una scelta poco motivata e non confacente alle attitudini ed alle aspirazioni individuali. Chiunque lavori nella scuola sa perfettamente quanto sia difficile sostenere l'esistenza di una reale e concreta possibilità per gli studenti di passare da una formazione professionale ad un liceo, per la determinante differenza di contenuti fra le due opzioni e per la rigida strutturazione delle stesse.

Credo comunque che la libertà di scelta degli studenti, e delle loro famiglie nell'indirizzarli, consigliarli e sostenerli, sarà gravemente compromessa soprattutto dalla precocità della scelta a tredici anni (non quattordici come lei dice, poichè le ricordo che nel complessivo progetto di "riforma", si prevede l'ingresso anticipato alle scuole elementari). Come può essere davvero ragionata e pressocchè definitiva la scelta di un ragazzino molto probabilmente ancora immaturo o magari semplicemente deluso dal suo percorso scolastico pregresso? Non sarebbe stato più sensato far slittare, almeno di due anni, la necessità di questa scelta, come del resto la riforma Berlinguer e l'adeguamento agli standard europei prevedevano? In molti istituti superiori sono stati sperimentati bienni integrati, al fine di dare la possibilità, anche a chi avesse scelto la formazione professionale, di completare almeno parzialmente la propria formazione culturale. Nessuno si è sognato di chiedere come sia andata questa sperimentazione, se abbia avuto esiti positivi o meno, se per caso fosse da salvare e rafforzare. Come molte altre sperimentazioni, giocate sulla disponibilità e sul lavoro degli insegnanti, si è persa nel nulla.

Se in Germania accade davvero quanto lei sostiene, che cioè i bambini a dieci anni debbano già scegliere tra un percorso e l'altro, sono sinceramente dispiaciuta per gli studenti tedeschi e per Romano Prodi, se veramente ha voluto additarlo come esempio da seguire. Del resto, non si dimentichi che in Germania esistono scuole speciali per gli alunni portatori di handicap, mentre in Italia quegli alunni sono inseriti nelle nostre scuole con pari opportunità e diritti, seguendo progetti di integrazione che sono diventati un modello di riferimento per le scuole di molti Paesi.

Vorrei ora brevemente soffermarmi sul secondo cardine etico della "riforma" Moratti che lei ha indicato: l'equità. Da quanto ho appena detto, pare innegabile che verranno avvallate delle differenze sociali e di classe molto gravi da questa riforma, e le spiego molto rapidamente perché. Innanzitutto, la riduzione delle ore curricolari e la loro sostituzione con corsi facoltativi e pertanto non gratuiti, imporrà alle famiglie scelte dettate anche da motivazioni economiche che determineranno quindi differenti opportunità per gli studenti. In secondo luogo scompariranno tutti quei diplomi, ragioniere, geometra, perito industriale che ancora costituiscono la scelta privilegiata di molti studenti e delle loro famiglie. Essi saranno sostituiti da lauree brevi costose e inadeguate ad un omologo ingresso nel mondo del lavoro, dato che l'Università non possiede le strutture, per lo meno allo stato attuale, per un serio lavoro tecnico-pratico nei laboratori e nelle aule specialistiche.

Concludo sulla flessibilità, la cui qualità di cardine etico mi sfugge con particolare evidenza. Forse l'idea della flessibilità giustifica il plauso di Confindustria, che per il resto non mi pare l'unico partner cui rivolgersi per valutare nel suo complesso una riforma della scuola. Sono profondamente convinta che per essere flessibili sia necessario avere solide basi culturali, avere maturato fiducia nelle proprie capacità e nei propri mezzi, non solo per adeguarsi con successo ai continui aggiornamenti e cambiamenti che sono richiesti nel mondo del lavoro, ma per vivere in modo consapevole, responsabile e maturo la condizione di individui e di cittadini. Tutto questo non mi pare in alcun modo essere garantito ed agevolato dalla scuola prospettata, almeno per ora, da questa riforma.

Roberta Roberti

insegnante presso l'ITIS "Leonardo da Vinci" di Parma
membro del Coordinamento Scuole di Parma-La scuola siamo noi


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