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Gazzetta del Sud-La Scuola schiacciata da circolari e ordinanze

La Scuola schiacciata da circolari e ordinanze IL PESO DELLA BUROCRAZIA Francesco Bonardelli C hi si è illuso (o ha illuso) sulla proporzione inversa tra informatizzazione e burocratizz...

13/04/2002
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Gazzetta del Sud

La Scuola schiacciata da circolari e ordinanze
IL PESO DELLA BUROCRAZIA

Francesco Bonardelli

C hi si è illuso (o ha illuso) sulla proporzione inversa tra informatizzazione e burocratizzazione degli apparati scolastici deve oggi ricredersi: le iniziative per fermare la marea di circolari e ordinanze ministeriali non hanno avuto effetti sull'acqua alta delle complicazioni cartacee (o elettroniche). Che ha finito per sommergere i coraggiosi tentativi di una quanto mai necessaria inversione di tendenza. Burocrazia invincibile, allora? Sembrerebbe di sì, a giudicare dal numero delle disposizioni, delle rettifiche, dei chiarimenti. A considerare le interminabili catene epistolari, dentro e fuori gli organi del ministero. A guardare anche di sfuggita gli archivi delle istituzioni, che sembrano autoriprodursi in controtendenza rispetto ai tempi e alle epoche.
M a, come sempre, la colpa '#8211; se di colpa si tratta non è tutta da una parte. Non solo è rimasta intatta la vocazione alla burocrazia elefantiaca; ma inalterata è anche la mentalità di chi '#8211; con quella burocrazia '#8211; giornalmente dialoga e si confronta. Un esempio, per capire. Qualsiasi ente, promotore di un'iniziativa in ambito nazionale, non trova altri interlocutori che quelli tradizionali, ovvero centralizzati. Anzi, non li cerca, ignorando l'autonomia delle singole istituzioni scolastiche, e più comodamente rivolgendosi al vertice per raggiungere da lì la base. Risultato: basta una lettera di un'associazione (benemerita) su un seminario, un convegno, un incontro, per produrre una disseminazione numericamente elevata sul territorio. E un aggiornamento proposto sulla cultura ladina finisce per ingolfare il sistema dalle Alpi alla Sicilia, interessando di fatto una piccolissima parte delle scuole interpellate. Le circolari si moltiplicano anche per questo. Anche. Mentre rimane in piedi, saldamente, l'altro castello di carte che una datata concezione delle regole ha da sempre contribuito a edificare. Ci sono ordinanze che sono veri e propri volumi, di centinaia di pagine; perché sono le stesse dell'anno prima, con l'aggiunta di qualche altra, immancabile eccezione. Che conferma sì '#8211; come si sa '#8211; la regola. Ma la rende tanto, tanto più complicata. Perché accade tutto questo? Chi è fuori dalla scuola potrebbe legittimamente supporre schizofrenie istituzionali, doppie personalità operanti, patologie impiegatizie. Niente di ciò: semplicemente '#8211; ma non c'è termine meno adatto '#8211; è stato il disordine di anni, di decenni di politica scolastica improvvisata a produrre il caos. Non c'è mai stata una linearità d'azione, un coerente sviluppo delle iniziative. Chi lavora nell'istruzione può avere mille storie, mille carriere diverse. E per ciascuna di esse si legittimano normative differenziate. Eccezioni e regole, appunto. Così per i vincitori di un concorso a cattedra e per gli immessi in ruolo dopo il precariato; così per le categorie protette e per i detentori di titoli d'accesso equiparati. Così per chi deve ricostruire una carriera spezzettata in decine di scuole e decine di insegnamenti diversi, e per chi una carriera ancora non ce l'ha e forse non l'avrà mai. Il risultato è tragicamente comico: fior di intelligenze nazionali si sono arrese solo alla lettura delle prime pagine di un'ordinanza ministeriale, che oggi non può fare a meno di riprendere il già scritto, nel tentativo fallito in partenza di mettere ordine e semplificare.
B urocrazia trionfante, dunque. Anche se '#8211; come per ogni labirinto che si rispetti '#8211; una via d'uscita alla fine dovrà pur esserci. Per ipotesi, con un programma pluriennale di snellimento delle procedure, nel quale l'uso del computer sia strumento strategico e non strategia senza contenuti. Per poi riuscire, una volta su tutte, a individuare un sistema per superare le secche dei particolarismi. Siano docenti, impiegati, ausiliari, dirigenti, ci deve essere un-modo-uno per accedere alla professione. Un concorso; e non un percorso di vera o presunta precarietà. Un concorso; e non un corso infinito di urgenza e provvisorietà, con funzioni tappabuchi al posto della dignità lavorativa. Cominciare il cambiamento vorrà dire attendere chissà quanto per intravedere la fine; ma un inizio difficile non è alibi all'immobilismo o alla rassegnazione. Pane quotidiano della burocrazia obesa.


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