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Gazzetta del sud-La Legge Moratti e l'insegnamento della musica

La Legge Moratti e l'insegnamento della musica RIFORMATORI E... CONSERVATORI Santi Calabrò "F atta l...

06/02/2003
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Gazzetta del Sud

La Legge Moratti e l'insegnamento della musica
RIFORMATORI E... CONSERVATORI

Santi Calabrò

"F atta la legge trovato l'inganno": risorsa per avvocati? Non solo. A volte anche per legislatori. Successivi "approfondimenti" di una legge (emendamenti, decreti, regolamenti) possono infatti contraddirla. La legge Moratti sul riordino dei cicli scolastici all'art. 5 incardina la formazione degli insegnanti nelle lauree specialistiche dell'università; un comma introdotto al Senato ha però istituito l'eccezione delle "lauree" dei nascituri Istituti di Alta cultura (per l'educazione musicale e artistica). Su suggerimento del prof. Luzzatto (il matematico genovese "papà" delle vecchie SSIS) un gruppo di musicologi universitari ha avanzato la proposta di un'aggiunta in calce all'attuale comma 2 dell'art. 5: "Per garantire gli aspetti comuni nella formazione di tutti gli insegnanti, le attività relative a tale formazione si svolgeranno in parte negli istituti stessi e in parte nelle università, sulla base di convenzioni comprensive di intese relative al rilascio dei titoli". Proposta sensata: tale aggiunta eviterebbe che alcune discipline prevedano insegnanti formati in maniera avulsa dagli altri ambiti, avviando anche un primo processo di collaborazione tra università e conservatori, peraltro contemplato nella L. 508 (la legge di riforma e trasformazione dei conservatori). Pare però che il governo spinga per far approvare la legge Moratti così com'è, senza modifiche. Ne risulterebbe vincente la discutibile posizione dei corsi di Didattica dei conservatori '#8211; in pole position tra gli insegnamenti che passeranno all'"alta cultura" '#8211; ratificati così a formare i docenti autonomamente. Proprio le caratteristiche, le oggettive insufficienze e, non ultimo, il "peso corporativo" dei menzionati corsi di Didattica aprono prospettiva di riflessione su gran parte dei motivi di incertezza in questa fase della riforma. Recentemente, a seguito della campagna di stampa promossa da organizzazioni sindacali, il pre-esame dello schema di regolamento di autonomia dei conservatori, previsto per martedì 28 gennaio, non è stato posto all'ordine del giorno, facendo slittare, conseguentemente, l'esame dei regolamenti del 31 gennaio. Ma segnali successivi dal ministero preposto attestano una pervicace volontà di approvare il testo così com'è, e non c'è forse più lo spazio per attenuare le contraddizioni a ogni principio di autonomia (in particolare l'abnorme peso attribuito al Presidente e al Consiglio di amministrazione) evidenti in quei regolamenti, peraltro in odore di sospensiva al primo ricorso. Le ragioni della protesta montante sono giuste, ma sullo stato delle cose influiscono colpe da condividere. Da parte dei conservatori, senz'altro, l'aver atteso tanti anni e aderito poi a una riforma di autonomia senza mai aver posto il problema di trasformarsi intanto in una "scuola" in senso moderno. Non è solo questione di programmi superati o di equipollenze di titoli finali: il vero tallone d'Achille '#8211; che incombe intanto su qualsivoglia protocollo d'intesa con scuole e licei per una formazione di base da gestire in comune '#8211; consiste nella quasi estraneità dei conservatori a concetti come "programmazione", "obiettivi", "criteri di valutazione" e, poi l'indifferenza agli ambiti della psicologia evolutiva e della pedagogia intesi come prerequisiti formativi per ogni docente, la mancanza di comunicazione interdisciplinare. Ora si porrà anche il problema di definirsi una peculiarità relazionata all'interno di contesti educativi in cui le discipline hanno un valore formativo generale (nei licei), laddove il senso di una formazione di base come quella ancora impartita '#8211; e a volte pure bene '#8211; nei conservatori è di segno diverso: ottica professionale, già da subito. Ma proprio per questa autonomia da preservare sarebbe stato utile aggiornarsi, nelle strutture di organizzazione della trasmissione del sapere prima che nella selezione dei contenuti. Il paradosso dei corsi di Didattica, dove docenti che provengono da questi conservatori pretendono '#8211; e stanno ottenendo '#8211; di formare in solitudine gli insegnanti di "Educazione musicale", è una indicazione stridente della storica mancanza di adeguamento, e di un'"altra cultura" musicale che cercherà di stare in piedi come può '#8211; in un nuovo sistema di relazioni '#8211; con le risorse artistiche e professionali che pure avrebbe (per formare musicisti, non solo in ordine alla formazione di insegnanti per la scuola media). Ma si parte con la strana lacuna di gradi inferiori tutti da definire, senza preventiva assunzione neanche di linguaggio comune '#8211; utile innanzitutto proprio per rivendicare le ragioni sostanziali della propria specificità '#8211; adatto a comunicare con altre correlate realtà formative. Debolezza non da poco, proprio perché aggiunta a venti ministeriali che sembrano brandire anche i tagli di bilancio come strumenti per un maggiore controllo di tutto il sistema scientifico, universitario, dell'istruzione artistica e della scuola. Superare gli egocentrismi corporativi (basterebbe orientare la bussola sulle incoercibili esigenze della formazione!) significa diventare più credibili, forti e uniti rispetto a tendenze siffatte.

(mercoledì 5 febbraio 2003)
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