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Fuoriregistro-Due o tre cose dal Circo Massimo - di A.Limonciello

Due o tre cose dal Circo Massimo di Antonio Limonciello - 25-03-2002 Il silenzio richiesto per Marco Biagi e' calato sul Circo, prende forza il vento nelle bandiere e tra le foglie dei lecci,...

27/03/2002
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Fuoriregistro

Due o tre cose dal Circo Massimo
di Antonio Limonciello - 25-03-2002

Il silenzio richiesto per Marco Biagi e' calato sul Circo, prende forza il vento nelle bandiere e tra le foglie dei lecci, li' sotto la casa di Augusto milioni di persone finalmente unite.
In cielo 4 elicotteri, ricordo e minaccia, vigilano.
Il nostro nemico e' il terrorismo, che, se pure ci lascia la vita, ci toglie la parola.
Lo sappiamo dal nostro atto di nascita, lo sappiamo perche' sempre e' stato usato contro di noi, lo sappiamo perche' esso e' la negazione dei sogni che
tengono il nostro corpo miserevole.
Sappiamo che i terroristi sono contro di noi, perche' si affermano col potere concentrato nell'atto di
pochi uomini - proprio come quelli che dicono di combattere - mentre la nostra salvezza sta solo nella distribuzione e nella partecipazione di tutti, nel riconoscimento della persona come soggetto di diritti
inalienabili.
Sappiamo perche' conosciamo la storia, e la storia ci dice che tocca a noi, persone pacifiche e senza poteri, unirci e batterli, perche' mai apparati repressivi e giudiziari riusciranno a farlo. Tocca a noi, come gia'
negli anni 1978-82, perche' essi si intendono piu' di fascismo che di democrazia. Tocca a noi perche' sempre dalla storia sappiamo che gli apparati dello stato sono piu' pronti ad usare i terroristi che non a
combatterli.
Tocca a noi, perche' solo noi possiamo battere il terrorismo senza cadere in una spirale la guerra, tocca a noi perche' sappiamo che saremmo noi per primi le vittime di tutte le guerre.
Questa e' la prima cosciente affermazione che correva lungo i 6 cortei di Roma.

Il corpo di un povero cadrebbe subito in pezzi se non ci fosse la forza dei suoi sogni a tenerlo unito. Cosi' ha concluso il suo intervento un emozionato Cofferati.
Ecco, questo fa paura alla destra, e anche a una parte della sinistra, la forza del sogno, non quello di avere una merce, tante merci che si rincorrono una dopo l'altra, ma un sogno piu' grande di tutti, generare, con
atto d'amore generoso, l'affermazione dell'umanita' sognata.
Non si tratta di ottocentesche ideologie, ma del sogno sociale che parti' dalla Palestina 2000 anni fa per giungere fino a noi, quello dell'uomo che si riscatta dalla sua condizione e che lo vuole fare non con la violenza della sopraffazione -che cosa sarebbe la "concorrenza del mercato" degli uomini, o
libero mercato del lavoro?- ma attraverso atti d'amore generoso.
Nel Circo Massimo questo c'era, e da anni non ce lo raccontavamo, forse ci vergognavamo un po', come usano fare gli adulti per le loro emozioni: forse
lo avevamo sostituito per le tante delusioni
subite, forse lo avevamo persino tradito per correre, soli, con le auto delle pubblicita'.
E forse perche' alla fine ci siamo riconosciuti come bambini alla scuola dei polli Amadori a ripetere inconsapevoli la lezioncina dell'allevatore, o forse e' perche' i tanti rivoli di giustificazioni, che pure meritano rispetto, non hanno piu' funzionato che ci siamo ritrovati in quella piazza immensa che e' stata la Roma del 23 marzo 2002.
Il Circo Massimo non e' bastato, il discorso di Cofferati lo hanno potuto sentire solo dal Colosseo alla Piramide passando per il Circo Massimo, chi era piu' lontano non solo non e' mai giunto in piazza ma
neanche ha potuto ascoltare perche' i maxi schermi.e le amplificazioni non andavano piu' in la'. Ed era sabato, e non c'era stato lo sciopero che permette a tutti i lavoratori di partecipare.
Un popolo di sinistra?
Certamente, ma non solo e non riconducibile ai partiti di sinistra, era molto di piu' e molto al di la'.
Nella manifestazione dell'Ulivo del 2 marzo 2002 non c'era un'idea di societa', qui al Circo Massimo c'era, non c'era un sogno a tenere insieme "i pezzi dell'uomo
povero", qui c'era, non c'era unità, qui c'era.
E' tutta qui la differenza tra il centro sinistra politico e il movimento che si e' espresso sotto il sole di Roma.
Il Circo Massimo non e' stato un semplice no! E' stata l'affermazione viva di una societa' sepolta dai media.
"La nostra identita' e' solidarieta'" e tutti si sono alzati in piedi a confermare che quello era il punto.
Non c'e' stata tracotanza, lontana la cialtroneria dei minuetti politici televisivi, neanche un attimo di retorica, Cofferati non sa cosa sia, neppure l'esibizionismo classico di certe manifestazioni di massa.
Non erano dei reduci nostalgici quelli che sfilavano, neppure una societa' che si sente minoritaria, no, c'e' stata fermezza, risolutezza, convinzione profonda
di chi si sente di rappresentare il sentire di tutti gli uomini giusti.
Si e' capito che questo popolo qui non si smuovera' di un millimetro, che ha i piedi piantati nella terra del Circo Massimo, che mettera' radici, e che anche se sconfitto ricordera' e trasmettera' ai figli.
Non bastera' mentire sulle cifre, queste persone tornando a casa moltiplicheranno forme e contenuti di altri movimenti.
Non rispettarli, non tenere conto di ciò e' miopia e corto respiro.
Si e' capito, da Genova 2001, che una nuova semina e' in atto, e forse ora viene primavera, primavera in movimento, volti antichi e volti infantili, volti di donne e uomini nascosti nei retrobottega della sconvenienza
televisiva, quelli che insaccano fegatini di pollo o impastano il pane, quelli che puliscono i vecchi e i malati o lavorano in fonderia, quelli che puliscono le strade e quelli che preparano le merendine che altri senza brufoli mangiano nella pubblicita'.
Queste sconvenienze hanno percorso le strade di Roma, brutti insaccati sono emersi a rivendicare diritti, non difendono vecchi diritti ne pretendono di nuovi,
non difendono se stessi ma il futuro di chi verra', ecco l'atto di generosita' che sembrava non esistere piu'.
Quel popolo non era li' per il posto di lavoro per se, come la propaganda dei megafoni governativi va dicendo, quel popolo era li' per il sogno che i padri possano lasciare un mondo migliore ai loro figli.
Ecco cosa e' stato Roma 23 marzo 2001.

E quando si e' li a milioni capisci che possiamo riprendere parola, che se la televisione e la stampa ce l'hanno negata noi possiamo prenderla nei
luoghi di lavoro, nelle piazze fisiche e nelle piazze virtuali, ovunque ci siano donne e uomini liberi e generosi, ovunque i mezzi lo consentono.
E' questa la forza delle democrazia vera, quella delle persone che si incontrano e sono pari, in luoghi di uomini pari.
Non piu' spettatori, questa e' la nostra vita.


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