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Dopo l'ok alla mobilità, anche sul bonus si può trattare

Eventuali deroghe potrebbero risultare legittime pure in materia di chiamata diretta

21/02/2017
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ItaliaOggi

CArlo Forte

Il governo ratifica il contratto sulla mobilità e apre su bonus del merito ed entità delle sanzioni disciplinari. Venerdì scorso l'esecutivo guidato da Paolo Gentiloni ha approvato in via preliminare uno schema di riforma del testo unico del pubblico impiego che restituisce, almeno in parte, alla contrattazione collettiva il potere di derogare le norme di legge. Il ripristino riguarda in particolare due materie: la mobilità e la valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio. Le nuove disposizioni consentono al tavolo negoziale anche la facoltà di introdurre deroghe in materia di sanzioni disciplinari. Ma in quest'ambito le parti hanno le mani legate, perché gli spazi di manovra riguardano solo l'elenco delle sanzioni applicabili e le infrazioni da collegare alle varie sanzioni.

In pratica le parti potrebbero mitigare contrattualmente il regime draconiano delle sanzioni previste dal testo unico del '94, che nelle sanzioni sospensive prevede anche una riduzione permanente delle retribuzioni con effetti anche sulla pensione tramite il ritardo di uno o più anni della progressione di carriera. Ma non potrebbero introdurre alcuna deroga in materia di competenza e giurisdizione.

In altre parole, il contratto non può ridurre la sfera di competenza del dirigente scolastico (che adesso dovrebbe poter sospendere i docenti fino a 10 giorni per legge). E non può nemmeno introdurre rimedi stragiudiziali per l'impugnazione delle sanzioni. Per esempio, il tavolo negoziale non può reintrodurre la conciliazione e l'arbitrato irrituale così come previsto dalla disciplina precedente al decreto Brunetta. Idem per quanto riguarda la giurisdizione che, per legge, rimarrà in capo al giudice del lavoro.

La partita tra amministrazioni e sindacati, dunque, si giocherà essenzialmente nelle materie che riguardano la mobilità e il compenso accessorio. La legge 107/2015, infatti, ha imposto vincoli preclusivi in queste materie, che adesso potrebbero saltare. Il primo vincolo destinato a cedere il passo al contratto è quello della esclusività della mobilità tra ambiti in favore di quella da scuola a scuola. La riforma dispone, infatti, che «dall'anno scolastico 2016/2017 la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali (comma 73, art. 1)».

Ma l'ipotesi di contratto sulla mobilità di quest'anno prevede, invece, che la mobilità possa avvenire anche tra istituzioni scolastiche. Va detto subito, peraltro, che la legge non prevede un vincolo tassativo: nell'enunciato testuale della norma manca l'avverbio «esclusivamente». E ciò lascerebbe intravedere la possibilità di considerare anche altre forme di mobilità oltre quella tra soli ambiti.

Nondimeno, la reintroduzione del potere di deroga delle norme di legge in materia di mobilità pone al riparo il contratto da interpretazioni restrittive e salva la legittimità della mobilità anche tra istituzioni scolastiche.

Eventuali deroghe potrebbero risultare legittime anche in materia di chiamata diretta. Il nuovo istituto introdotto dalla legge 107/2015, infatti, si colloca a pieno titolo nel genus della mobilità d'ufficio. E dunque, se l'amministrazione lo consentisse, potrebbe essere regolata al tavolo negoziale anche tramite la previsione di punteggi e graduatorie. Che peraltro sgombrerebbero definitivamente il campo dal rischio di discriminazioni e favoritismi, sui quali nell'aprile scorso lanciò l'allarme l'autorità nazionale anticorruzione, con un provvedimento a firma di Raffaele Cantone. Nel frattempo le trattative sulla chiamata diretta proseguono. È fissato per domani il prossimo incontro a viale Trastevere, ma nel testo della bozza di accordo non c'è traccia di punteggi e graduatorie. E non è ancora chiaro se l'amministrazione sia disposta a firmare un contratto vero e proprio oppure un accordo di massima che, però, potrebbe non comportare alcun vincolo per i dirigenti scolastici.

Quanto al compenso accessorio, con ogni probabilità, costituirà uno degli argomenti sensibili all'atto dell'apertura delle trattative per il rinnovo del contratto di lavoro. Allo stato attuale, la legge 107/2015 ha decontrattualizzato la materia della valutazione delle prestazioni ai fini della corresponsione del trattamento accessorio (il cosiddetto merito). Pertanto, ai dirigenti scolastici è stata data la facoltà di elargire dazioni in denaro a docenti da loro individuati secondo gradimento, attingendo da un apposito fondo che ammonta a circa 25euro per istituzione scolastica.

Unico limite alla discrezionalità del dirigente: l'applicazione di criteri fissati dal comitato di valutazione del quale è presidente in quanto membro di diritto. Le somme erogate hanno natura di retribuzione accessoria e, quindi, sono sottoposte ad una imposizione tributaria che si aggirerà nell'ordine di circa un terzo dell'importo assegnato. L'istituto rappresenta un caso unico di rilegificazione in materia di retribuzioni nel pubblico impiego.


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