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Ddl Delega: la seduta dal 7 maggio

Ddl Delega: la seduta dal 7 maggio SENATO DELLA REPUBBLICA XIV LEGISLATURA Commissione Istruzione (7a) MARTEDI' 7 MAGGIO 2002 79^ Seduta Presidenza del Presidente ASCIUTTI Interviene...

09/05/2002
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Ddl Delega: la seduta dal 7 maggio

SENATO DELLA REPUBBLICA
XIV LEGISLATURA
Commissione Istruzione (7a)
MARTEDI' 7 MAGGIO 2002
79^ Seduta
Presidenza del Presidente ASCIUTTI
Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea.

La seduta inizia alle ore 14,45
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IN SEDE REFERENTE (1251) CORTIANA ed altri. - Legge-quadro in materia di riordino dei cicli dell'istruzione. (1306) Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale. (Seguito dell'esame congiunto e rinvio) Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 17 aprile scorso.

La senatrice Vittoria FRANCO (gruppo DS-U) riconosce che il disegno di legge governativo si ispira ad alcuni principi condivisibili, con i quali tuttavia si pongono in contrasto sia alcuni passaggi della medesima proposta legislativa, sia altre misure adottate dal Governo in relazione al comparto dell'istruzione; fra queste ultime ella cita in particolare la riduzione delle risorse complessive destinate alla scuola e degli organici funzionali, scelte che avranno una incidenza negativa sulle possibilità di realizzazione del tempo pieno. Rilievi critici nei confronti del provvedimento, del resto, sono stati avanzati dallo stesso Consiglio nazionale della pubblica istruzione, il cui parere invita il Presidente ad acquisire. Nel merito del disegno di legge n. 1306, si sofferma sulle problematiche concernenti la scuola dell'infanzia, momento cruciale per la crescita del bambino e passaggio indispensabile per lo sviluppo della personalità. Nonostante questo segmento del sistema formativo sia fra i migliori del percorso scolastico italiano e sia considerato all'avanguardia anche a livello internazionale, e nonostante le scansioni cronologiche per l'asilo nido e per la scuola dell'infanzia (da zero a tre anni e da tre a sei anni) siano ormai sperimentate e consolidate, il Governo propone l'ingresso anticipato alla stessa scuola dell'infanzia, sollevando su questo punto le critiche del Consiglio nazionale della pubblica istruzione e delle associazioni dei genitori, proprio quest'oggi audite dall'Ufficio di Presidenza della Commissione. L'anticipo infatti non sembra motivato da un diverso disegno pedagogico, bensì appare come il frutto di una scelta improvvisata che finisce per stravolgere un modello educativo fino ad oggi molto apprezzato. E in proposito risulta ulteriormente peggiorativo il fatto che la scelta relativa all'anticipo venga rimessa alle famiglie, in quanto vi sono seri dubbi che queste ultime siano realmente in grado di assumere da sole tale decisione. L'anticipato ingresso alla scuola dell'infanzia, inoltre, incide sul servizio offerto ai bambini da zero a tre anni, dal momento che si passa dal rapporto di un insegnante ogni otto bambini previsto per gli asili nido al rapporto di un insegnante ogni ventotto bambini che caratterizza la scuola materna. Infine, l'aspetto discriminatorio e casuale che sembra contrassegnare questa previsione di anticipo risulta vieppiù rafforzato dalla disposizione introdotta al comma 4 dell'articolo 7, che condiziona l'anticipata iscrizione alla disponibilità dei posti e delle risorse finanziarie dei comuni, nel rispetto dei limiti posti alla finanza comunale dal patto di stabilità, in questo modo pregiudicando ulteriormente l'adempimento del dovere che incombe sullo Stato di garantire una effettiva uguaglianza delle opportunità offerte al percorso formativo di ciascun cittadino. Lo spirito della Costituzione viene peraltro stravolto anche dalla concezione dell'obbligo scolastico come promanazione dell'autorità statale, che andrebbe pertanto rimosso in favore del diritto all'istruzione. In realtà, il principio dell'obbligo scolastico ha il fine di richiamare lo Stato al suo dovere di garantire il rispetto del diritto all'istruzione anche nei confronti di coloro che altrimenti vi si sottrarrebbero. Tanto meno appare chiaro il significato sotteso alla proclamata esigenza di un passaggio da una scuola di Stato ad una scuola della società civile, che fa presagire la criticabile intenzione di indurre lo Stato stesso ad abdicare dai propri compiti nel campo del servizio dell'istruzione. Quanto al profilo della formazione, concordemente con l'obiettivo condiviso da tutti i Paesi dell'Unione europea di un elevamento culturale dei propri cittadini, ella richiama l'esigenza che la scuola formi gli individui nel contesto di una realtà mondiale in continuo mutamento, che richiede pertanto l'acquisizione di nuovi saperi e la conoscenza di nuove tecnologie. Non si tratta quindi di consentire semplicemente la formazione professionale, bensì di radicare la capacità di apprendimento e formazione lungo tutto l'arco della vita, anche in connessione con un nuovo modello di lavoro. Al riguardo, sarebbe perniciosa la reintroduzione delle gerarchie sociali, che inevitabilmente deriverebbe da una specializzazione nel canale dell'istruzione o della formazione professionale imposta già in precoce età adolescenziale. Si dovrebbe invece perseguire l'obiettivo di un miglioramento del sistema complessivo dell'istruzione e della formazione professionale, così da consentire la realizzazione dei progetti di vita di ciascuno. In considerazione infine delle dichiarazioni rilasciate da esponenti del Governo circa la disponibilità ad introdurre eventuali correttivi al provvedimento in esame, ella si augura che il confronto fra le parti politiche possa effettivamente realizzarsi allo scopo di migliorare alcuni aspetti rilevanti della riforma scolastica proposta dell'Esecutivo.

La senatrice BIANCONI (gruppo FI) ritiene che il processo riformatore rappresenti un' utile occasione per riconsiderare le ragioni di fondo su cui deve basarsi il sistema dell'istruzione. Da questo punto di vista, il vero nodo da sciogliere, a suo avviso, è rappresentato dagli insegnanti, non solo sotto il profilo della loro preparazione, ma anche relativamente alla loro tradizione culturale e alla loro capacità di fornire un'interpretazione e un significato alle nozioni che essi impartiscono agli studenti. Ella delinea quindi le caratteristiche che dovrebbero contraddistinguere i docenti nell'ottica di un sistema di istruzione che sia al servizio della società nel suo complesso e possa assicurare un percorso formativo equilibrato fra i vari aspetti del sapere. Esprime quindi apprezzamento per l'impostazione riformatrice prescelta dal Governo, che in modo innovativo parte dai principi generali per procedere poi a una razionalizzazione della disciplina normativa concernente la scuola attraverso la proposta di adozione di una legge quadro che risulti chiara e comprensibile. Sottolinea inoltre positivamente il ruolo che nel futuro sistema di istruzione viene attribuito allo Stato, così da garantire l'omogeneità dell'ordinamento scolastico su tutto il territorio nazionale. Richiamando poi alcuni punti del provvedimento d'iniziativa governativa che considera particolarmente salienti, ella si sofferma sulla scelta di caratterizzare il cambiamento in atto in senso graduale, in modo da non delineare una trasformazione rivoluzionaria, bensì un processo appunto graduale e non definitivo che consenta aggiustamenti in corso d'opera, ed esalta il ruolo attivo assegnato a tutti i soggetti interessati al mondo della scuola nella definizione dei percorsi formativi. Dopo aver valutato favorevolmente il nuovo esame di Stato che il Governo intende introdurre, ella evidenzia la pari dignità che finalmente viene conferita alla formazione tecnico-professionale rispetto al sistema dei licei, colmando così una disparità che l'Italia scontava rispetto agli altri Paesi europei. I centri di formazione professionale, del resto, rappresentato il portato di una straordinaria esperienza, finora tuttavia penalizzata nella fase di distribuzione delle risorse. Sollecita pertanto il Governo a prestare la giusta attenzione al settore della formazione professionale, anche in previsione del venir meno del sostegno finora assicurato dal Fondo sociale europeo. L'alternanza scuola-lavoro, la certezza dei necessari finanziamenti, la flessibilità fra i canali dell'istruzione e della formazione professionale, nonché la formazione specifica e il tirocinio garantito a tutti gli insegnanti rappresentano gli altri profili del provvedimento particolarmente meritevoli di considerazione. Da essi si evince peraltro la complessità di un disegno riformatore che esige pertanto il ricorso alla delega legislativa. La proposta governativa del resto non configura affatto una richiesta di delega in bianco, indicando al contrario i criteri che debbono caratterizzare il sistema dell'istruzione e tenendo conto della compresenza di aspetti diversi fra loro e dell'esigenza di un'attuazione graduale della riforma. In altri termini, si tratta di un progetto di grande respiro, che ella si augura possa davvero prendere avvio sin dal prossimo anno scolastico.

Il senatore D'ANDREA dichiara che il gruppo Margherita '#8211; DL '#8211; L'Ulivo non si riconosce nello schema tracciato dal professor Bertagna, secondo il quale gli oppositori al progetto governativo si suddividerebbero fra coloro che non ritengono necessaria alcuna riforma della scuola e coloro che considerano intangibile l'ordinamento delineato dall'ex ministro Berlinguer. Infatti, il suo Gruppo si schiera con coloro che riconoscono l'esigenza di una riforma del sistema di istruzione, tant'è che ha sostenuto con convinzione il processo riformatore avviato dall'allora Governo dell'Ulivo, ma nel contempo riconosce che l'impostazione berlingueriana richiede inevitabilmente delle modifiche, soprattutto alla luce della nuova formulazione del Titolo V della Costituzione. Giudica pertanto assai criticabile la decisione del nuovo Esecutivo di bloccare la riforma dei cicli scolastici avviata nel corso della XIII legislatura, non formulando un'adeguata risposta nei confronti dei rilievi eccepiti dalla Corte dei conti in merito agli schemi di regolamento che predisponevano i nuovi curricoli, né elaborando dei provvedimenti alternativi. Non appare infatti corretto dal punto di vista istituzionale non adempiere a quanto previsto da una legge non ancora abrogata, né modificata. Egli non pone in causa il diritto di una nuova maggioranza politica di apportare innovazioni a una disciplina normativa introdotta da un Governo precedente, ma per perseguire tale finalità non si deve adottare un metodo che alteri il rapporto tra disposizioni legislative e obblighi amministrativi conseguenti. D'altra parte, di questo tipo di scorrettezza istituzionale si era già avuta una anticipazione all'epoca del primo Governo Berlusconi, che non diede seguito alla delega legislativa in materia di autonomia scolastica. Chiede inoltre chiarimenti al Governo in merito ad alcune anticipazioni giornalistiche che lasciano supporre un intendimento controriformistico dell'Esecutivo anche nel campo degli ordinamenti didattici universitari, in contrasto con le dichiarazioni programmatiche rese dallo stesso Ministro dinanzi alla Commissione. Nel disegno di legge n. 1306 del resto non si coglie affatto un'impostazione di ampio respiro e in ogni caso i profili della legge n. 30 del 2000 che pure avrebbero richiesto un intervento riformatore vengono nuovamente disciplinati in senso peggiorativo. Dopo aver rapidamente enumerato i punti maggiormente criticabili del provvedimento, egli ribadisce quindi che sarebbe stato più saggio dare corso alla riforma dei cicli scolastici introdotta nella XIII legislatura per poi correggerla in corso d'opera, risparmiando così incertezze e dubbi a tutti i soggetti interessati al settore scolastico, anche in considerazione del fatto che sembra poco credibile l'introduzione del nuovo sistema sin dal prossimo anno scolastico. Il Governo ha invece preferito investire con una critica globale l'intera riforma delineata dall'allora Governo dell'Ulivo, travolgendo così anche gli aspetti ormai assimilati dal sistema. Soffermandosi poi su alcune specifiche disposizioni, egli critica la previsione di un ingresso anticipato nel sistema scolastico, che sarebbe contrario ai ritmi naturali dell'età evolutiva e avrebbe perniciose ricadute anche sui successivi passaggi del percorso formativo. Uguale contrarietà manifesta inoltre nei confronti di una scelta eccessivamente precoce fra il sistema dell'istruzione e quello della formazione professionale, che finirebbe per essere prevalentemente determinata dalle condizioni socio-ambientali. Stigmatizza quindi il tentativo di eliminare il principio dell'obbligo scolastico, ricordando le radici storiche in cui esso affonda e ritenendo impraticabile l'equiparazione di tale obbligo con quello connesso alla coscrizione militare, come da taluni sostenuto; l'obbligo scolastico, infatti, deve essere inteso non come un servizio che deve essere reso dal cittadino, bensì come un servizio che lo Stato deve rendere al cittadino. Dopo aver complessivamente criticato l'ordinamento scolastico che il progetto governativo intende delineare, in quanto non appare garantita la centralità dell'autonomia delle singole istituzioni scolastiche, l'oratore svolge alcune riflessioni sul percorso legislativo che si intende seguire, condannando il proposito di delegificare materie rientranti nella riserva di legge. Anche la richiesta della delega legislativa del resto appare contrassegnata dalla mancanza di principi e criteri direttivi chiari e puntuali, risultando assolutamente non rispettosa delle competenze statali e regionali e con ciò lasciando emergere profili di incostituzionalità. La scelta di una delega in bianco, inoltre, appare tanto meno comprensibile in considerazione dell'ampia maggioranza parlamentare di cui dispone il Governo. Un'ultima critica egli rivolge poi al modo in cui si tenta di ovviare al problema delle risorse finanziarie necessarie ad avviare la riforma, dal momento che la soluzione proposta in merito non appare seria, né adeguata. Egli auspica infine che la legge di riforma del sistema scolastico sia frutto di un effettivo confronto parlamentare, affinché la nuova normativa che verrà licenziata sia la migliore possibile e sia capace di rilanciare la scuola pubblica soddisfacendo le esigenze degli studenti e degli operatori del settore. Al riguardo, e laddove vi sia una reale apertura al confronto nel merito, assicura la disponibilità della propria parte politica ad accelerare l'iter del provvedimento. In caso contrario, il dissenso del suo Gruppo si concretizzerà in una coerente opposizione al progetto governativo.

Il senatore COMPAGNA (gruppo CCD-CDU:BF) ritiene che l'attuale discussione riproduca le polemiche e riproponga le perplessità già emerse in occasione del dibattito attorno alla riforma dei cicli scolastici voluta dalla ex maggioranza. Si configura così una ritualità nella enunciazione delle diverse opinioni soprattutto nella contrapposizione fra conservatori e riformatori e nella critica allo strumento della delega legislativa, registrandosi il passaggio dall'una all'altra posizione a seconda del cambio di maggioranza politico. Entrando quindi nel merito delle scelte operate dal Governo, esprime apprezzamento per il ritorno alla tradizionale suddivisione fra i cinque anni dell'insegnamento elementare e i tre anni della scuola media, ritenendolo rispettoso dello spirito con cui il centro-destra '#8211; e in particolare gli esponenti del Gruppo Unione democristiana e di Centro '#8211; si era opposto alla legge n. 30 del 2000 e quindi rispettoso del programma dell'attuale Governo. Affrontando poi la questione inerente la qualità del sistema scolastico nazionale, egli dichiara di aver condiviso l'excursus storico tracciato dal presidente relatore Asciutti relativamente alla politica scolastica dello Stato italiano unitario, sempre estremamente attento alla qualità dell'istruzione, considerata veicolo di riscatto della nazione dopo la pigra autarchia che aveva contraddistinto gli Stati preunitari. Ritiene tuttavia si debba ancor più fortemente ribadire come la riforma Gentile possa essere associata al regime fascista solo da un punto di vista cronologico, mentre essa era certamente conforme allo spirito liberale proprio della tarda età giolittiana di cui era portatore il precedente ministro dell'istruzione, Benedetto Croce. Ne scaturì pertanto un sistema di istruzione che, soprattutto a livello di scuola secondaria ha prodotto risultati eccellenti, garantendo sia una esemplare preparazione umanistica che l'acquisizione di una solida cultura scientifica di base. Ora che le forze politiche della Casa delle libertà sono investite da responsabilità di Governo, debbono pertanto chiedersi quali siano le ragioni che hanno determinato l'abbassamento della qualità del sistema scolastico negli ultimi trent'anni, quali errori abbia commesso la classe politica italiana. Se ne ricaverà, ad avviso dell'oratore, che la scuola non avrebbe dovuto abdicare alle proprie finalità selettive a causa di un male inteso democraticismo che assegnava ingiustamente caratteri elitari ai più capaci e meritevoli. Quello spirito contrario alla selettività ha condizionato del resto la stessa procedura di reclutamento dei docenti e, pur riconoscendo come non sia sufficiente sapere per poter insegnare, egli sostiene nel contempo che non è possibile insegnare ciò che non si sa. In tal senso, è stato proprio il moltiplicarsi di docenti culturalmente poveri a depauperare il panorama scolastico italiano. A tutto ciò non ha posto rimedio il precedente Governo di centro-sinistra, che ha invece affermato la retorica dell'interdisciplinarietà e della fungibilità dei docenti. Ma neppure l'attuale proposta governativa offre un'adeguata soluzione alla mancata definizione delle discipline, dal momento che la rinvia a un successivo intervento normativo. Al contrario, si dovrebbe rovesciare l'impostazione interdisciplinare cara all'ex ministro Berlinguer, tornando ad una più netta suddivisione delle materie e al riconoscimento delle doti dei singoli docenti negli specifici insegnamenti. Appare viceversa condivisibile la previsione del doppio canale dell'istruzione e della formazione professionale, che supera la genericità e la mancanza di chiarezza proprie dell'impostazione interdisciplinare. Tuttavia, questa canalizzazione non deve essere disincentivata attraverso una eccessiva flessibilità e occorre assicurare alla formazione professionale eguale valore rispetto al sistema dei licei, attribuendo pari dignità alla formazione pura e a quella rivolta all'acquisizione di un saper fare concreto. In proposito, sarebbe preferibile ispirarsi al modello tedesco di istruzione, dove persino a livello universitario si determina una distinzione fra studi teorici e studi rivolti alla preparazione professionale. La qualità degli insegnanti assume pertanto un significato fondamentale ed egli invita quindi il Governo a incalzare l'opposizione anche su terreni diversi dalla riforma scolastica vera e propria. Ad esempio, per quanto concerne il contratto collettivo del comparto della scuola, sarebbe bene avviare un proficuo dialogo con il sindacato ma, laddove non dovesse essere trovato un comune terreno di intesa, il Governo dovrebbe rappresentare con forza al Paese l'esigenza di procedere ad un rinnovo contrattuale che distingua la posizione dei docenti da quella del personale amministrativo, tecnico e ausiliare. In altri termini, occorre dare segnali concreti in direzione di un miglioramento della qualità del sistema scolastico più di quanto finora abbia fatto anche l'attuale Governo.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.


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