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«Dall’Unesco dico: riaprite le scuole La cultura è fragile»

Intervista alla direttrice generale dell’Organizzazione Onu, la francese Azoulay. Oggi sarà al Quirinale

22/06/2020
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Corriere della sera

dal nostro corrispondentea Parigi Stefano Montefiori

Intervista alla direttrice generale dell’Organizzazione Onu, la francese Azoulay. Oggi sarà al Quirinale

«All’inizio della crisi l’Italia era piuttosto isolata e forse un po’ incompresa, non ha ricevuto dai Paesi vicini tutta la solidarietà che avrebbe potuto aspettarsi. Su invito del ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, ieri sera sono stata all’inaugurazione del Festival di Ravenna e oggi a Roma incontro il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. È il mio primo viaggio ufficiale dopo il confinamento, un segno di amicizia e di rispetto nei confronti dell’Italia», dice Audrey Azoulay, francese, 47 anni, direttrice generale dell’Unesco.

I musei cominciano a riaprire. In quali condizioni?

«In aprile, il 90% dei musei nel mondo era chiuso. Oggi cominciano timidamente a accogliere di nuovo i visitatori, così come ripartono i festival e riaprono le librerie. Il settore della cultura è fragile, ma dobbiamo sostenerlo per due motivi: perché dà un senso alla società, e per una questione economica. La cultura crea ricchezza, ha un impatto enorme sul turismo. Non ci sarà alcun rilancio economico senza cultura e educazione».

Musei e artisti hanno fatto grande ricorso al digitale. Questo approccio rimarrà?

«Credo possa essere complementare, la creatività ha trovato nuove strade virtuali è un’ottima cosa, ma non possono sostituirsi totalmente alle visite reali di un museo, a un concerto in una vera sala. È un po’ come per i film: posso guardarli a casa, ma al cinema è un’altra cosa».

La cultura è condivisione?

«Dopo la strage al Bataclan molti si domandavano se la gente sarebbe tornata ai concerti. E invece l’anno dopo la partecipazione ai vari festival è stata ancora più forte. Abbiamo bisogno di questi momenti, cultura è anche stare insieme».

All’inizio della crisi l’Italia è stata isolata e un po’ incompresa, non ha ricevuto dai Paesi vicini tutta la solidarietà che avrebbe potuto aspettarsi

Qual è il bilancio degli effetti della pandemia sulla scuola?

«Nel momento più acuto oltre il 90% degli allievi non andavano a scuola. Ovvero un miliardo e mezzo di bambini nel mondo, dei quali oltre il 40%, cioè 700 milioni, non hanno accesso a Internet da casa. Quindi, un problema enorme. All’Unesco abbiamo cercato di sostenere la scuola online, a distanza, ma anche di favorire altri strumenti, come le lezioni via radio o tv».

In Italia si è molto parlato del mancato ritorno nelle classi. C’è stata una sottovalutazione dell’importanza della scuola?

«Nella grande maggioranza dei Paesi, all’inizio, non si è capito l’enorme sacrificio imposto ai nostri ragazzi. Anche in Europa le conseguenze a medio-lungo termine sono enormi, pure in Paesi come la Francia dove le scuole, benché riaperte, di fatto hanno accolto pochissimi allievi. Ogni Paese ha le sue condizioni sanitarie ma l’Unesco incoraggia fortemente la riapertura delle scuole».

Che cosa pensa del dibattito sui monumenti innescato dal movimento Black Lives Matter?

«Credo che sia molto giusto interrogarsi su chi abbiamo deciso di celebrare nel corso della nostra Storia, e perché. Dopo l’assassinio di George Floyd abbiamo bisogno di dare un senso. I simboli sono lì, non li vediamo neanche più ma nei momenti più inaspettati tornano in primo piano».

Dobbiamo adesso sostenere il settore della cultura: perché dà un senso alla società, e per una questione economica La cultura crea ricchezza

È giusto prendersela con le statue? Per esempio quella di re Leopoldo del Belgio, responsabile di atrocità spaventose in Congo?

«Il dibattito è legittimo, ma io preferisco che le scelte siano collettive, democratiche, condivise, non affidate agli atti dei militanti, che pure hanno sempre accompagnato le lotte sociali. Altrimenti si rischia di contrapporre alla violenza un’altra violenza».


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