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Corsa affannosa all'Iscrizione online ma la Scuola non premia il Clic veloce

Il fatto che vengano rottamati i vecchi moduli, con buona pace del ministero modernista e a parziale rassicurazione delle famiglie meno tecnologicamente aggiornate, non renderà la scuola né peggiore né, ahimè, migliore

22/01/2013
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Corriere della sera

 vero che il furore modernista del ministero dell'Istruzione, nella gestione Profumo, rischia di avere un che di demagogico e di compulsivo, specie se si pensa alla (minacciata) diffusione a tappeto della didattica digitale; ma è irragionevole che l'iscrizione online per l'anno 2013-2014 venga giudicata come una iniziativa discriminatoria. Certo, si sarebbe potuto prevedere un periodo di transizione morbida, visto che a quanto pare il 47 per cento delle famiglie italiane non dispone ancora del computer. Ma va pur detto che il ministero ha disposto per i genitori non tecnologici la possibilità di affidarsi (con calma) agli uffici dei singoli istituti o ai Comuni. Ammesso (ma purtroppo non concesso) che il welfare digitale funzioni, ovviamente.
Va poi rubricata sotto la voce «follia collettiva» la comica corsa dei tanti papà e delle tante mamme che, presi da un'ansia da centometristi, allo scoccare della mezzanotte si sono precipitati su Internet per iscrivere a gran velocità i loro pargoli nella scuola desiderata. Anche perché vigono dei criteri di ammissione che non comprendono la variabile del tempo. Dunque, chi primo arriva non è detto che alloggi di sicuro: bisognerà valutare l'area geografica e la presenza di altri fratelli nello stesso istituto. Almeno così assicura il ministero. Alla fine chi taglierà il traguardo il 28 febbraio avrà le stesse possibilità dei mille Bolt in pantofole che si sono affannati a bruciare i record di invio entro l'una della notte scorsa. Ma si sa, la frenesia da velocità è proprio un derivato, spesso deleterio, della cultura digitale.
Sarebbe più utile che la scuola italiana diventasse al più presto oggetto di riflessione (e di pubblico scandalo) per questioni di sostanza, di qualità e di investimenti pubblici che le ridiano la dignità che merita nel suo complesso un'istituzione pressoché dimenticata, per esempio, dai fuochi d'artificio e dalle promesse della campagna elettorale. Quella dignità che meritano non solo gli insegnanti e gli allievi, ma il futuro del Paese.
Il fatto che vengano rottamati i vecchi moduli, con buona pace del ministero modernista e a parziale rassicurazione delle famiglie meno tecnologicamente aggiornate, non la renderà né peggiore né, ahimè, migliore.
Paolo Di Stefano
 


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