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Corriere-Stanca: ecco i fondi che chiedo a Tremonti

INTERVISTA Il ministro dell'Innovazione tecnologica sa che il suo piano, da 6,8 miliardi di euro, non verrà finanziato interamente nel Dpef. Quindi elenca le priorità Stanca: ecco i fondi che chi...

01/07/2002
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Corriere della sera

INTERVISTA Il ministro dell'Innovazione tecnologica sa che il suo piano, da 6,8 miliardi di euro, non verrà finanziato interamente nel Dpef. Quindi elenca le priorità

Stanca: ecco i fondi che chiedo a Tremonti

"Servono 500 milioni l'anno per informatizzare l'Amministrazione, 500 per gli enti locali e 900 per la scuola". Oltre a quelli della Ue e dell'Umts

I l suo piano di legislatura per lo "Sviluppo della società dell'informazione", approvato in giugno, prevede investimenti per 6,8 miliardi di euro, di cui 1,8 per lo sviluppo della banda larga, le cosiddette autostrade digitali. Ma nei progetti di Lucio Stanca, ex manager dell'Ibm e primo ministro per l'Innovazione tecnologica che l'Italia abbia mai avuto, ci sono anche incentivi fiscali per l'ammodernamento tecnologico delle aziende e il ricorso a quelli che lui definisce "strumenti di finanza innovativa" per finanziare parte del piano stesso. Stanca (che oggi invierà un messaggio video all'assemblea dell'Anie, l'associazione delle industrie dell'information technology, nel quale si impegna a sostenere il settore) in questa intervista ammette però di sapere che non troverà nel Documento di programmazione economica e finanziaria (Dpef) gli stanziamenti sperati. E fa l'elenco delle priorità. "Non mi aspetto che tutti i 6,8 miliardi di euro siano nel Dpef. Ma sarebbe sbagliato imputare tutto in tre anni: ci sono progetti che non è possibile terminare in quei tempi neppure disponendo delle risorse necessarie. Un esempio, da 1,9 miliardi, è la catalogazione, digitalizzazione e messa in rete di 41 milioni di opere d'arte per i Beni Culturali. Farlo in tre anni è fisicamente impossibile".
Quali sono allora le priorità, gli obiettivi da perseguire con immediatezza?
"Il fabbisogno minimo aggiuntivo è di 500 milioni di euro all'anno per l'informatizzazione dell'amministrazione centrale. Per le amministrazioni locali, in aggiunta ai fondi dell'Umts (250 milioni) e ai fondi strutturali comunitari (700 milioni), servono complessivamente 500 milioni nei prossimi quattro anni. C'è poi la scuola, che politicamente è una priorità. Lì ci vogliono 900 milioni di euro per raggiungere la media europea nel rapporto tra studenti e personal computer".
Il totale fa 2,8 miliardi di euro. Cui vanno aggiunti 1,8 miliardi per la larga banda. Riuscirà ad ottenerli?
"Qui tocchiamo il cuore della politica. Il piano è stato accettato e approvato dal governo. Ora però c'è il Dpef, ovvero il compromesso tra il desiderato e il possibile. Storicamente, in Italia la politica è stata guidata molto dall'emergenza e dalla piazza. L'innovazione tecnologica non ha né una né l'altra, però concordiamo tutti, al governo come nelle industrie, che l'innovazione tecnologica è essenziale".
Davvero crede sia possibile cablare il Paese in tre anni?
"L'obiettivo è che, entro il 2005, l'87% degli 85 mila edifici della pubblica amministrazione sia collegato in larga banda. Oggi solo il 20% lo è, e si tratta in gran parte delle università e dei centri di ricerca. Ma se per passare dal 20 al 90% ci mettiamo quattro anni invece che tre, sono pronto a sottoscriverlo".
Veniamo all'infrastruttura, le autostrade digitali, quali sono gli elementi di criticità?
"Lo stesso ruolo della pubblica amministrazione è delicato. Oggi c'è un eccesso di offerta di larga banda nelle aree metropolitane e la pressoché assenza altrove. La domanda pubblica è la leva fondamentale per sua la diffusione, perché una volta che l'infrastruttura c'è può essere utilizzata da tutti. Essa non sarà a proprietà pubblica: noi definiamo le performance di qualità, velocità, sicurezza e servizi di base, ma acquisteremo la capacità sul mercato. Ci saranno gare per la creazione delle infrastrutture con contratti di fornitura di servizi a lungo termine. Ma serve una molteplicità di fornitori. Abbiamo bisogno di aggregare la domanda per abbattere i costi, ma aggregando troppo rischiamo di creare monopoli. Dobbiamo stare attenti".
Quali sono gli strumenti di finanza innovativa cui si fa riferimento per finanziare il piano?
"Un esempio: se la pubblica amministrazione sarà capace di offrire alle imprese servizi così efficaci da creare risparmi reali, non escludo che le imprese siano disponibili a pagare per questi servizi. Così si creerebbe un meccanismo di project financing".
Non le sembra un po' aleatorio?
"No, funziona in altri Paesi, bisogna farlo funzionare anche in Italia".
C'è l'esigenza contemporanea di migliorare l'informatizzazione delle imprese e sostenere il macrosettore Ict, composto da informatica e telecomunicazioni, che è in sofferenza. Ha una soluzione?
"Stiamo studiando per la prossima finanziaria un meccanismo di incentivi fiscali per accelerare l'ammodernamento tecnologico delle imprese che, contemporaneamente, potranno trasferire tecnologia ancora valida al mondo del sociale. Per il settore Ict, il piano presenta ovvi vantaggi. Sono in corso le gare per i progetti finanziati con i soldi dell'Umts. Poi, nei prossimi tre anni, ci sarà il grosso della spesa del piano".
La creazione della struttura per il governo dell'Innovazione tecnologica, sembra essere in ritardo. Sta incontrando resistenze?
"La vera resistenza è il sistema. In azienda basta decidere e fare un ordine del giorno. Qui ci sono le leggi e poi i regolamenti, i tempi si dilatano. Io sono fortunato, ho trovato una legge velocissima, la finanziaria dello scorso anno, ma ad oggi non ho ancora attuato il cambio di organizzazione. E' stato frustrante e scioccante nonché una lezione di realismo. Tra settembre e ottobre dovremmo essere operativi: il ministro elabora la strategia, il dipartimento pianifica e infine l'Agenzia nazionale per l'innovazione tecnologica: il momento tecnico e di supporto alle amministrazioni.


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