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Corriere-Scuola, l'ultima tentazione dei cattolici

Programmi e poltrone Scuola, l'ultima tentazione dei cattolici Un giorno domandai a Giovanni Malagodi, laicissimo segretario del Partito liberale, chi avesse potere in Italia. Mi rispose: "Ogn...

20/08/2002
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Corriere della sera

Programmi e poltrone

Scuola, l'ultima tentazione dei cattolici

Un giorno domandai a Giovanni Malagodi, laicissimo segretario del Partito liberale, chi avesse potere in Italia. Mi rispose: "Ogni bravo professore di filosofia. Generazioni penseranno come lui ha insegnato loro a pensare". Fra venti giorni riaprono le scuole. Non mi pare che sia il pensiero che verrà insegnato la principale materia del contendere. Nello schieramento governativo qualcuno piuttosto desidera la poltrona di comando. Nel variegato fronte dell'opposizione si preparano gli ostruzionismi consueti dell'inizio d'anno.
C'è poca voglia in giro di parlare dei contenuti dell'istruzione. I cattolici ne hanno in questi giorni occasione, con il Meeting di Rimini. Mi sfuggono i motivi dell'insoddisfazione di alcuni dei loro esponenti politici dentro e fuori della maggioranza. Non è un mistero che vengono da qui alcuni dei più decisi colpi di freno alla riforma. Eppure il generale paradigma della proposta è intrinsecamente affine al personalismo cristiano, dall'educazione all'affettività al maestro prevalente, dal tutor alla personalizzazione degli itinerari, dalla comunità educante all'attenzione per il comportamento.
Tutto l'impianto si propone come un recupero post-materialista del rapporto fra le generazioni. Sfuma nella sua schematica vecchiezza la contrapposizione annosa fra scuola pubblica e scuola privata. La famosa legge 62 sulla parità, voluta dall'Ulivo, riceve con un decreto attuativo del Polo strumenti operativi, senza modifiche di linea e di quadro. Il disegno di legge per gli insegnanti di religione tranquillizza un'area inquieta per frustrazioni pedagogiche e per precarietà impiegatizie. La riforma chiama allo scoperto protagonisti e comprimari di una scena ormai sgombera di questioni ideologiche e di appartenenza.
Sullo sfondo si indovina quindi una vera grande premura: chi gestisce l'enorme macchina? Per non poca parte la lunga vicenda dei passati tentativi si potrebbe riassumere con la contesa intorno alla gestione, in un intreccio fra politica e sindacalismo. Sotto la pelle delle idee contrapposte resiste la tentazione tenace di gestire e cogestire non tanto il modello pedagogico quanto l'apparato educativo-burocratico. Al Parlamento e al titolare pro tempore del dicastero in questa visione resterebbe solo da rammendare i bilanci. Ora l'abbattimento delle frontiere europee impone invece un celere adeguarsi delle competenze, per evitare che si inasprisca il record negativo italiano della più alta disoccupazione giovanile del Continente.
È inconcepibile manifestare incertezza nella condivisione leale dell'operazione in corso. In particolare i cattolici della maggioranza e dell'opposizione dovrebbero avere un interesse maturo a una titolarità laica di questo ministero. Guardando anche con severità i contenuti, ma tenendosi fuori da ogni contesa sulle poltrone. È questo il miglior modo per lasciarsi alle spalle l'anticlericalismo delle vecchie aggressioni ai ministri di estrazione cristiana e i complessi di inferiorità tipici delle minoranze pedagogiche, spesso vissuti in un passato di rivendicazioni settoriali. Oggi per attribuire senso alto alla fabbrica della conoscenza non c'è bisogno di occupare un posto in più.
Le ideologie sono morte, gli atei sono rari come i panda, il loro posto è occupato da una diffusa miscredenza. Preziosa diventa quindi la preparazione di quei professori capaci di far pensare, di cui mi diceva Malagodi. C'è bisogno di docenti che credano in qualcosa, perché essi sono sempre i più bravi. Faccio un esempio: l'Università Cattolica è una delle migliori d'Europa, non perché è gestita da cattolici ma perché vi si insegna in modo eccezionale. Questo modello di bravura pedagogica, derivante da coerenza di valori, è estensibile a ogni scuola, dalle materne in su.
di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI


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