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Corriere-Ricerca al collasso con questa Finanziaria

L'INTERVENTO / Diana Bracco, consigliere di Confindustria: le cose da fare sono chiare, vedremo se c'è la volontà "Ricerca al collasso con questa Finanziaria" In Europa si seguono strade ben div...

17/10/2002
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Corriere della sera

L'INTERVENTO / Diana Bracco, consigliere di Confindustria: le cose da fare sono chiare, vedremo se c'è la volontà

"Ricerca al collasso con questa Finanziaria"
In Europa si seguono strade ben diverse

La ricerca italiana si trovava già in un momento particolarmente critico, ma questa Finanziaria, se approvata nella forma presentata alle Camere, ne decreterebbe il collasso. Tagliati ulteriormente i fondi per la ricerca pubblica, nessun rifinanziamento dei principali fondi destinati alla ricerca delle imprese. Se anche negli anni scorsi il sistema degli incentivi avesse funzionato, la situazione sarebbe grave comunque. Ma ora diventa insostenibile alla luce del sostanziale blocco di questi strumenti negli ultimi anni. A oggi sono in sospeso presso il ministero della Ricerca e Università, che gestisce il principale fondo di agevolazione, il Far (Fondo per la Ricerca applicata), più di 1.500 domande di finanziamento per oltre 2.500 milioni di euro (a cui corrispondono investimenti delle imprese in ricerca per circa 4.700 milioni). Tra le domande già ritenute valide (oltre la metà), vi sono numerose aziende che hanno presentato il proprio progetto di ricerca nel 1999 o all'inizio del 2000 e ancora attendono l'erogazione del contributo. Altrettanto drammatica è la situazione del Fit, il Fondo di Innovazione tecnologica, gestito dal ministero delle Attività produttive e indirizzato ad attività di innovazione più vicine al mercato. Il Fit ha infatti esaurito le proprie risorse, mentre giacciono sui tavoli del ministero progetti di ricerca per almeno 1.500 milioni.
Non solo. La Legge 297/99 ha portato alla semplificazione delle procedure per accedere ai fondi di agevolazione. Ne sono nati moltissimi progetti soprattutto di piccole e medie imprese ritenuti validi dalle apposite Commissioni di valutazione, ma i fondi per il supporto all'innovazione sono rapidamente andati in crisi, sono tornati ad allungarsi i tempi di valutazione, e - anche qui - le aziende non sanno se o quando riceveranno i finanziamenti. La conseguenza probabile di quest'involuzione sarà la contrazione nei programmi di innovazione delle imprese e, in primo luogo, di quelle di minori dimensioni.
Inoltre, molte aziende che, in attesa dell'erogazione del finanziamento agevolato, hanno avviato i progetti di ricerca con i propri fondi, oggi si trovano in difficoltà. Spiace constatare che il nostro governo non punta a sufficienza sull'innovazione, specialmente quella diffusa, che produce competitività, occupazione qualificata, benessere, mentre in Europa si seguono strade ben diverse. Il Regno Unito, con un rapporto di spesa per ricerca rispetto al prodotto lordo doppio del nostro, ha lanciato un grande progetto di supporto all'innovazione delle imprese per circa 3 milioni di euro.
L'Unione Europea ha riconosciuto l'importanza della ricerca e specialmente di quella delle imprese. E' stato fissato l'obiettivo di una spesa di ricerca rispetto al pil pari al 3% entro il 2010. Attualmente la media europea si colloca intorno al 2%, quella italiana supera di poco l'1%. Significa che, per rispettare gli impegni presi in sede europea, il nostro Paese dovrebbe almeno raddoppiare tale rapporto nei prossimi 5 anni.
Certamente per raggiungere tassi di ricerca e innovazione paragonabili a quelli dei Paesi più avanzati serve una trasformazione strutturale e dimensionale del nostro sistema produttivo. Ed è altrettanto certo che non basta agevolare l'innovazione. Ma, nel momento in cui si decide come utilizzare nel modo più efficace le risorse dello Stato, non va dimenticato che se non si dedicano maggiori risorse a ricerca e innovazione, nessuna riforma sarà in grado di migliorare la competitività del sistema.
La proposta che lanciamo è coerente con le Linee guida del Piano nazionale della Ricerca, approvate da questo governo solo pochi mesi fa: investire nel supporto alla ricerca pubblica e privata lo 0,7% del pil già nel 2003 e aumentare tale rapporto di 0,1% per ogni anno di legislatura, così da arrivare all'1% nel 2006. Ciò significa che nella Finanziaria odierna mancano almeno 4 milioni di euro. Queste risorse, unite alla certezza delle regole e dei tempi, stimoleranno un ulteriore impegno anche da parte delle imprese, rendendo raggiungibile l'obiettivo del 2% di investimento complessivo sul pil. Finché la capacità di ricerca e di innovazione rimarrà un obiettivo secondario, non vi saranno mai le risorse necessarie per rilanciare la competitività del Paese. Tuttavia sottovalutare l'impatto della ricerca significherebbe condannare l'Italia a tassi di crescita più bassi, ad un'occupazione minore e a livelli di reddito inferiori, rispetto a quanto potremmo avere. Le cose da fare sono ben chiare. Rimaniamo in attesa di vedere se esiste la volontà di farle.

Diana Bracco
(Consigliere Incaricato per l'innovazione e lo sviluppo tecnologico di Confindustria


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