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Corriere-Pezzotta: "Adesso riformiamo anche i contratti"

Pezzotta: "Adesso riformiamo anche i contratti" Il leader Cisl: ho apprezzato la posizione di Fassino e D'Alema, dannoso il massimalismo di Cofferati ROMA - Fatto il Patto per l'Italia occorre...

13/07/2002
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Corriere della sera

Pezzotta: "Adesso riformiamo anche i contratti"

Il leader Cisl: ho apprezzato la posizione di Fassino e D'Alema, dannoso il massimalismo di Cofferati

ROMA - Fatto il Patto per l'Italia occorre "riformare il modello contrattuale". Il segretario della Cisl, Savino Pezzotta, propone che, "a settembre, si apra un tavolo unitario tra i sindacati e la Confindustria per arrivare a un nuovo sistema". Quello definito dall'accordo del 1993, "ormai non regge più", dice Pezzotta. Tanto è vero che per la prima volta un segretario della Cisl annuncia che la sua organizzazione chiederà aumenti di retribuzione superiori al tasso di inflazione programmato nel Dpef (documento di programmazione economica e finanziaria). "Noi non siamo d'accordo sui tassi indicati dal governo. L'1,4% per il 2003 non garantisce il potere d'acquisto delle retribuzioni. Noi lo abbiamo detto al governo, ma loro non hanno voluto concordare con noi i tassi".
Questo non significa che la Cisl abbandonerà la politica di moderazione salariale: "Restiamo un sindacato responsabile, ma se vogliamo tutelare le retribuzioni dovremo tener conto che l'inflazione reale sarà superiore all'1,4% e fare una media".
La sua è, di fatto, una disdetta dell'accordo del 1993.
"No. Resta il principio guida della politica dei redditi".
Ma le regole prevedono che gli aumenti dei contratti debbano essere in linea con l'inflazione programmata.
"Sì, ma le regole prevedono anche che l'inflazione sia concordata. E questo non è avvenuto".
Che fate, vi mettete a inseguire la Cgil, che ha annunciato una campagna all'insegna delle rivendicazioni salariali?
"No. Credo invece che sia venuto finalmente il momento di affrontare la riforma del modello contrattuale. Chiedo alla Cgil, alla Uil e alla Confindustria di aprire su questo una discussione dopo le ferie".
Quale è la vostra proposta?
"Noi pensiamo a un modello di contrattazione articolato su due livelli. Il primo, fatto dal contratto nazionale, che garantisca i livelli essenziali di retribuzione...".
Che significa livelli essenziali? L'inflazione programmata o qualcosa di meno?
"Significa livelli essenziali, cioè la tutela del potere d'acquisto. Ma soprattutto voglio un secondo livello di contrattazione per tutti i lavoratori, perché oggi il contratto decentrato (aziendale o territoriale, n.d.r .) si fa solo nel 30% dei casi. In questo secondo livello, che quindi diventa il più importante, si devono recuperare gli incrementi di redditività e produttività che si sono realizzati nell'impresa".
Perché il presidente della Confindustria, Antonio D'Amato, dovrebbe accettare una discussione su queste basi?
"Perché anche lui sa che il modello attuale non è più gestibile. Servono nuove regole, altrimenti ognuno andrà per conto suo".
Lei propone un tavolo unitario. Ma la Cgil si è sempre opposta a proposte che puntino a ridurre l'importanza del contratto nazionale.
"Credo che un nuovo modello, per funzionare, dovrebbe essere condiviso da tutti. Propongo una discussione. Credo che per la Cgil sarebbe anche un'occasione per rientrare nella partita sindacale".
È una proposta al successore di Cofferati, Guglielmo Epifani?
"Non faccio personalismi. È una proposta alla Cgil, perché recuperi la strada riformista. Non lo so quello che farà Epifani, ma so che, dopo aver tanto litigato, con la Cgil dovremo reincontrarci".
Il Patto, per ora, sembra aver prodotto solo la divisione del mondo del lavoro e nel centrosinistra. Ne valeva la pena?
"Sì. Abbiamo fatto sindacato, costringendo il presidente del Consiglio a modificare i provvedimenti del suo governo. Quale era l'alternativa? Non fare la trattativa e andare verso una gloriosa sconfitta in un referendum?".
Il segretario della Cgil, Sergio Cofferati, pensa di vincere e dice che negli scioperi di questi giorni la Cgil sta registrando una partecipazione dei lavoratori uguale o superiore rispetto a quella degli scioperi fatti con Cisl e Uil.
"Dal nostro osservatorio vediamo invece che questi scioperi non stanno andando alla grande. Tutt'altro. Ho appena finito di parlare con il nostro segretario in Piemonte che mi ha detto che le adesioni sono molto al di sotto delle precedenti iniziative".
Perché c'è questo valzer di incontri tra i partiti del centrosinistra e i sindacati?
"Le vicende di questi giorni riguardano anche il ruolo che Cofferati ha deciso di giocare sul terreno politico. Si è aperto un dibattito nella sinistra tra Cofferati, che tende a interpretare una sinistra massimalista, e Fassino e compagni, che puntano invece a una sinistra riformista. In questo dibattito è stato trascinato impropriamente il sindacato".
Perché impropriamente?
"Perché noi rivendichiamo l'autonomia. Il sindacato non può essere coinvolto nella diatriba tra le due sinistre, perché fa un altro mestiere. Questo ovviamente non significa che la Cisl non guardi con interesse al rafforzamento della prospettiva riformista nella sinistra, l'unica che può dare concretezza alla democrazia dell'alternanza. In questo senso ho apprezzato la posizione espressa da Fassino e D'Alema nei giorni scorsi in risposta a Cofferati".
Sì, ma se poi i Ds e la Margherita di Francesco Rutelli voteranno in Parlamento contro i provvedimenti applicativi del Patto per l'Italia? Di fatto avranno dato ragione a Cofferati.
"Questo è un problema loro. Io ho fatto sindacato. Ho fatto una trattativa, ho ottenuto delle cose e ne pretenderò l'applicazione. Il Parlamento può fare una battaglia per migliorarle. Ma dubito che si possa ottenere di più".
Se è convinto di questo perché ha paura di sottoporre il Patto al voto dei lavoratori, come chiede Cofferati?
"Io non ho paura. Ma mi sottopongo al giudizio dei miei iscritti. Perché la Cgil ha proclamato uno sciopero senza chiedere il voto dei lavoratori? Perché aveva paura che le dicessero di no?".
Alla fine l'intervento sull'articolo 18 c'è stato e il governo ha spiegato che i lavoratori assunti nei prossimi tre anni senza il diritto al reintegro potranno restare in questa posizione anche dopo.
"Sì, ma non dimentichiamo che tra due anni faremo una verifica su tutti gli aspetti della norma. Sull'articolo 18 abbiamo raggiunto il più alto punto di mediazione possibile".
Enrico Marro


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