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Corriere-"Ottima preparazione teorica, poca pedagogia Ai docenti mancano strumenti per insegnare"

"Ottima preparazione teorica, poca pedagogia Ai docenti mancano strumenti per insegnare" MILANO - "Perché tutti i professionisti seguono i corsi di aggiornamento? Perché un dentista, un i...

09/09/2003
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Corriere della sera

"Ottima preparazione teorica, poca pedagogia Ai docenti mancano strumenti per insegnare"

MILANO - "Perché tutti i professionisti seguono i corsi di aggiornamento? Perché un dentista, un ingegnere, un medico, un metalmeccanico e perfino un idraulico ogni anno frequentano seminari per imparare nuovi metodi di lavoro?". Lo dica lei.
"Per la ricaduta immediata sulla loro professione. Per migliorare la produttività a tutti i livelli, per essere sempre più qualificati".
E oggi questo non succede con gli insegnanti?
"I docenti mediamente non seguono corsi per il semplice fatto che, a dispetto della tanto proclamata autonomia, non possono assicurare una ricaduta del loro aggiornamento sui piani già stabiliti dall'ordinamento scolastico. In queste condizioni a loro non serve aggiornarsi, non sono invogliati a farlo. E, quando lo fanno, non riescono a concretizzare le cose che imparano".
Giorgio Porrotto è un formatore di insegnanti. Da quattro anni tiene il corso di "Politiche, legislazione e organizzazione scolastica" nella Ssis del Veneto. Ex preside di istituti prestigiosi come il liceo Parini di Milano (dove ha lavorato fino al 1998), da due anni è anche coordinatore dell'Osservatorio sulla scuola dell'autonomia della Luiss Guido Carli di Roma, nel Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche "Vittorio Bachelet". Dirige la rivista Avio Autonomie (Armando Editore), distribuita nelle scuole e nelle librerie: il prossimo numero sarà dedicato ai docenti.
Il pedagogista Umberto Margiotta considera l'insegnante un "intellettuale della formazione". La realtà è che chi insegna si sente sempre più un impiegato che un professionista. Come mai?
"Perché dovrebbe avere una discrezionalità decisionale infinitamente superiore a quella che ha. E, invece, l'autonomia scolastica non lo rende libero di decidere pressoché nulla. Il professore è vincolato ai programmi e all'organizzazione burocratica dei lavori. Non è un caso che si senta un impiegato e non un professionista. Il vero professionista è quello che si forma sulla base dei piani di lavoro concordati con i colleghi, segue i suoi corsi di aggiornamento per realizzare quel progetto che ha in mente di concerto con le altre persone con le quali lavora".
La scuola italiana, però, adesso sta puntando molto sulla formazione.
"Il risultato è che la nostra classe insegnanti è tra le migliori d'Europa, tra le più preparate. Ma è anche la più carente sul piano professionale".
Non è un paradosso?
"No. Il problema è che il piano disciplinare non può essere disgiunto da quello pratico. E l'Italia, come ha osservato Antonio Santoni Rugiu, capofila degli storici della nostra scuola, è l'unico Paese occidentale ad aver atteso il Terzo millennio per "insegnare agli insegnanti come insegnare", per prepararli professionalmente".
In che cosa gli altri Paesi ci avrebbero preceduti?
"Faccio un esempio molto pratico. All'estero esiste una formazione iniziale e una in servizio, o in itinere : la seconda, in genere, è considerata un aggiornamento e un approfondimento della prima. L'Italia, invece, almeno per quel che riguarda l'istruzione secondaria, è totalmente carente di entrambe".
Se le cose stanno così, gli insegnanti non avrebbero responsabilità.
"Infatti, è la politica scolastica italiana che ha sempre investito poco in formazione e aggiornamento, considerandoli degli accessori. Sono mancati, e mancano ancora, gli strumenti di base per entrare proficuamente in relazione con gli studenti".
Quali sarebbero?
"Mi riferisco alle scienze cognitive, alla psicologia dell'età evolutiva, in una parola alla scienza dell'educazione, alla pedagogia. Anche la riforma Moratti non si allontana di tanto da questa visione gentiliana ormai obsoleta: mi pare, infatti, che si vada sempre più verso il miglioramento delle competenze disciplinari".
E questo non è un bene?
"Certo, ma si perde di vista la sostanza. Quando due insegnanti della stessa materia si incontrano in corridoio la prima domanda che si fanno è: "A che punto sei con il programma?". La vera cosa da chiedersi è: "Dove sei con lo studente?". La scuola non è stata inventata per svolgere programmi, ma per formare individui. L'autonomia potrebbe essere un eccellente strumento per metterlo in pratica e, invece, anziché valorizzare le diversità punta solo a trasmettere contenuti e a garantire un insegnamento uniforme e uguale per tutti".
Qual è la sfida da vincere adesso?
"Oggi i saperi non sono più quelli di una volta. Le discipline si moltiplicano, si segmentano, la conoscenza spazia in campi impensabili soltanto pochi anni fa. I ritmi di sviluppo della ricerca valgono i secoli di ieri. La scuola deve trovare il modo di rapportarsi in termini nuovi verso l'evoluzione dei saperi. L'aggiornamento sarà sempre più fondamentale in tutte le materie. Purché l'insegnante, da vero professionista, possa contestualizzarlo nella sua realtà quotidiana".


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