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Corriere: Ma io difendo la nuova Agenzia

Fabio Mussi Il «Processo di Bologna» ha già elevato il rating dei nostri atenei Frenata la tendenza alla proliferazione delle sedi

15/08/2007
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Corriere della sera

Ma io difendo la nuova Agenzia

di Fabio Mussi
ministro per l'Università e la Ricerca

C aro Direttore, Michele Salvati, sul Corriere di ieri, commentando la proposta di «Patto per l'Università e la Ricerca», avanzata dal sottoscritto e dal ministro Padoa- Schioppa, dice che questa è «una buona notizia». Bene. Ma per Salvati le inadempienze dell'Università e quelle del ministro «si equivalgono». È noto la virtù sta in mezzo: aristotelico.
Esempi? L'Anvur, Agenzia di valutazione dell'università e della ricerca. Il ministro promette che entro il 2008 il lavoro di valutazione sarà fatto e i fondi di incentivazione distribuiti? C'è da dubitare, dice Salvati. Il fatto che dell'Agenzia si discuta da 20 anni, che tutti finora abbiano fallito, che questo governo ne abbia fatto una legge con la prima Finanziaria della legislatura, che solo per questo il gruppo europeo del «Processo di Bologna» abbia elevato il rating dell'università italiana, questo non conta: Salvati vuole tutto e subito.
Lo so, il riformismo non fa sconti. Ma il ministro, dice Salvati, non poteva usare subito i comitati di valutazione già esistenti, Civr (valutazione ricerca) e Cnvsu (valutazione università), chiedendo di estendere il lavoro fermo al 2003 al triennio 2004-2006? Bella domanda, ma sfugge a Salvati che i risultati di quelle valutazioni sono stati usati eccome: per esempio il 20 per cento dei posti del piano straordinario di assunzione dei ricercatori sono stati assegnati agli Atenei sulla base delle valutazioni Civr. E gli è forse sfuggito il mandato rinnovato due mesi fa al Cnvsu esattamente per la valutazione del triennio 2004-2006, lavoro fondamentale per il nuovo modello di distribuzione premiale del Fondo di finanziamento ordinario.
Mandato che a settembre verrà rinnovato anche al Civr, che ha bisogno di nuovi assetti e finanziamenti.
Spero inoltre che non sfugga che il ministro ha già attinto a piene mani alla valutazione quando — in legge Finanziaria come nel decreto sulle classi di laurea e nelle linee guida che lo accompagnano — ha dato un brusco colpo di freno agli incontrollati processi di proliferazione di sedi e frammentazione di insegnamenti ed esami, che il potere accademico e quello politico hanno lasciato allegramente correre per anni.
Lo sport, quando qualcuno fa qualcosa, di sostenere che «ben altro ci vorrebbe» e che comunque ciò andava fatto prima, l'ho praticato anch'io, ma a vent'anni ho smesso. Di una cosa ero convinto allora e ancora adesso: che la mediocrità si sposa felicemente con l'arbitrio e il privilegio, e che il principio della qualità e del merito è amico dell'uguaglianza. E dunque il tentativo che sto facendo, certamente imperfetto, di spostare il baricentro del sistema del governo universitario dall'ossessivo controllo delle procedure alla valutazione dei risultati, corrisponde ad un senso alto della cultura e della scienza, e risponde ad un'esigenza fondamentale di giustizia sociale.
Non mi sfugge che dal livello dell'università e della ricerca scientifica dipende una parte decisiva del destino del nostro Paese e che, se è assolutamente necessario destinare una maggiore quantità di risorse al sistema, occorre garantire l'efficacia e l'efficienza della spesa.
Si chiede Salvati: ma se si avanza persino l'ipotesi di commissariare atenei inadempienti chi commissarierà eventualmente il ministero? Si chiamano elezioni, Michele. Io spero che, le prossime, le vinca ancora il centrosinistra.


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