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cORRIERE-LE SCUOLE (VUOTE) DELLA DEMOCRAZIA

LE SCUOLE (VUOTE) DELLA DEMOCRAZIA Perché il declino di politici e amministratori Cassese Sabino Una delle cause del declino economico italiano sta nella debolezza del personale ...

03/08/2003
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Corriere della sera

LE SCUOLE (VUOTE) DELLA DEMOCRAZIA

Perché il declino di politici e amministratori
Cassese Sabino

Una delle cause del declino economico italiano sta nella debolezza del personale statale. Il governo è composto di uomini nuovi. I parlamentari sono cambiati per il 60 per cento nel 1994 e per il 40 sia nelle elezioni del 1996 sia in quelle del 2001. Anche l' alta burocrazia è cambiata, perché precarizzata dal sistema delle spoglie. Ma né la politica né l' amministrazione sono mestieri per cui basti l' ingegno naturale, senza un noviziato. E i luoghi dove si svolgeva tale apprendistato in passato sono scomparsi o si sono indeboliti. Il primo di questi erano i partiti-apparato, che ora non esistono più, sostituiti dai partito-movimento e dalle coalizioni di partiti. La seconda "scuola" della democrazia erano gli enti locali: una volta, vi era una carriera ascendente, dal comune allo Stato. Poi, nelle elezioni nazionali del 1994 e del 1996, il numero dei parlamentari che avevano fatto un apprendistato nel governo locale è fortemente diminuito (per risalire nel 2001, ma non al livello del 1992). A questo indebolimento del corso ascendente si è accompagnato un corso discendente: parlamentari e persino ministri divengono sindaci e presidenti di Regione. Ne consegue un duplice inconveniente: meno politici nazionali già sperimentati nel governo locale e più politici locali che amministrano con l' occhio all' opinione pubblica nazionale, piuttosto che al proprio elettorato. La terza scuola della democrazia è l' amministrazione stessa e specialmente il suo vertice. Qui, in passato, fungevano da vivai istituzioni come la Banca d' Italia, il consiglio di Stato, in parte le università. Senza il personale esperto tratto da questi corpi, lo Stato non può funzionare. Queste "scuole" di buona amministrazione vivono, però, tempi difficili, sotto le critiche sia dei populisti, per cui sarebbero corpi oligarchici, sia degli antielitisti, per cui sarebbero non democratici. Senza le fucine in cui si forgia il personale statale, sia esso politico sia esso amministrativo, la macchina pubblica s' indebolisce. L' inesperienza produce errori di giudizio e di decisione che sono sotto gli occhi di tutti. Gli amateurs non riescono a tenere ferma una strategia. I programmi di governo diventano mere promesse. Per invertire questo processo vi sono due modi. Il primo è quello francese, fondato sulle grandi scuole e sui grandi corpi, élites privilegiate formate nello Stato e prestate anche all' economia, alla società e alla politica (in quest' ultimo caso, attraverso l' elezione locale, anche in piccoli comuni, e consentendo con larghezza il cumulo di mandati pubblici). Questo modo per formare il vertice dello Stato è tutto pubblico. All' opposto, c' è quello che fa ricorso al management privato, con immissione di dirigenti d' impresa e di un orientamento produttivistico nello Stato, e apertura delle imprese al personale pubblico. La legge Frattini, in modo un po' timido, lo prevede. Ma non ha avuto molto seguito. Nella prima fase della storia repubblicana l' economia è stata affidata agli uomini del Nord, lo Stato agli uomini del Sud. Qualcosa è ora cambiato nel governo. Nell' élite amministrativa la vecchia tendenza sembra invece accentuarsi: dei 2.300 candidati a un recente concorso per dirigenti, l' 85 per cento proveniva dal Centro-Sud. Si scelga presto uno dei due modi, quello dei mandarini o quello dei manager, se si vuole arrestare il declino della qualità della politica e dell' amministrazione al vertice dello Stato.


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